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Pagine di storia: misteri della toponomastica

Quando a Castellamonte confusero Re Arduino con un monarca di Casa Savoia.

La storia delle vie Chiabotto Davide e Rametto a Settimo Torinese

Quando a Castellamonte confusero Re Arduino con un monarca di Casa Savoia.

Settimo Torinese tra le due guerre

Il 7 settembre 1947, il giornalista e scrittore democristiano Carlo Trabucco (1898-1979), vissuto in clandestinità durante l’occupazione tedesca, indirizzò una frizzante lettera al sindaco socialista di Castellamonte che aveva ingaggiato «una battaglia politica là dove il problema è puramente storico». 

In buona sostanza, i pubblici amministratori avevano epurato il re Arduino d’Ivrea dalla toponomastica del celebre comune pignattaio poiché, dopo il referendum istituzionale del 2 giugno 1946. essendo «in tempi di repubblica», i monarchi venivano pensionati. Più esplicitamente, Arduino era stato confuso con un sovrano di Casa Savoia e, pertanto, punito con l’oblio.

Cancellare Arduino – obiettò Trabucco – era «una sciocchezza oltraggiosa per la storia». «Immagino – proseguì – il perché dell’epurazione. In gioco era un re, e allora una pennellata di bianco e un nuovo personaggio prende posto sulla piazza». 

Nella fattispecie, gli amministratori di Castellamonte gli avevano preferito Giacomo Matteotti, vittima del fascismo. 

Ma Arduino, a torto o a ragione, non era ritenuto un antesignano della lotta per la liberazione dell’Italia dagli stranieri? Mah! Misteri della toponomastica. O della politica. O dell’ignoranza.

È un dato di fatto che gli italiani manifestano un’innata vocazione: quella dell’epuratore. In troppi paesi, la frenesia della rimozione ha fatto sì che si cancellassero i nomi delle strade che ricordavano i Savoia. 

A Settimo Torinese, per esemplificare, furono i fascisti di Salò che ebbero per primi questa bella pensata. Via, dunque, Carlo Alberto, Vittorio Emanuele II, Umberto I e altri. Finita la guerra, «mutatis mutandis», i vecchi sovrani non riebbero ciò che era loro ossia la targa stradale. Perché, come a Castellamonte, in tempi di repubblica non c’era più posto per re e principi.

Ma la toponomastica, fortunatamente, sa prendersi le sue belle rivincite, talvolta in modo divertente e bizzarro come testimonia la storia delle vie Chiabotto Davide e Rametto di cui dovette occuparsi, suo malgrado, il podestà di Settimo nel 1930. 

Quell’anno si deliberò di dare una rinfrescata allo stradario locale, sostituendo i nomi delle vie che sembravano «non corrispondenti a sentimenti nazionali ovvero poco appropriati». 

Così piazza delle Scuole divenne piazza Principe Umberto; lo spagnolo Francisco Ferrer, martire del movimento operaio internazionale, lasciò il posto ad Alessandro Manzoni; il navigatore Amerigo Vespucci fu preferito al filosofo positivista Roberto Ardigò, lo statista Francesco Crispi allo scrittore e deputato radicale Felice Cavallotti, San Francesco d’Assisi all’eretico Giordano Bruno (erano stati i socialisti anticlericali, nel 1911, a volere quest’ultimo, credendo di fare dispetto al parroco), il musicista bergamasco Gaetano Donizetti al gladiatore Spartaco che capeggiò la rivolta servile contro Roma (73-71 a. C.).

Nella stessa circostanza si decise che le vie sino ad allora intitolate a certi Chiabotto Davide e Rametto avrebbero assai più degnamente tramandato il ricordo di due epici eventi del Risorgimento italiano, le vittoriose battaglie di Palestro (1859) e di Goito (1848). 

Il podestà, però, non aveva fatto i conti con la Regia Soprintendenza all’Arte Medioevale e Moderna che era tenuta a esprimere il proprio parere. 

Perché – domandò il soprintendente – cancellare la memoria degli illustri signori Chiabotto e Rametto dalla toponomastica comunale? 

Chi furono costoro? 

Quali benemerenze vantavano?

Il podestà, senza dubbio, dovette pensare che tanto zelo era degno di una causa migliore. In origine – spiegò all’illustre soprintendente – le due strade in questione erano semplici viottoli campestri che si perdevano fra i prati, in una zona piuttosto malsana del territorio comunale. 

Il caso volle che, proprio lì, un certo David decidesse di costruirsi una di quelle rustiche casupole che i piemontesi chiamano «ciabòt». Con poca fantasia, ma con molto spirito pratico, la via che conduceva alla povera casa di David fu detta «strà dël ciabòt ëd David».

Parecchi anni più tardi, qualcuno ebbe la brillante idea di italianizzare la denominazione popolare. Profondo conoscitore della vita locale come della toponomastica, egli trasformò il «ciabòt ëd David» in un personaggio mai esistito, tale Chiabotto Davide o, meglio ancora, Davide Chiabotto. Altrettanto fece per la «strà ëd Ramèt», il viottolo che anticamente conduceva alla casa di un pover’uomo soprannominato «Ramèt».

L’equivoco fra il podestà e il soprintendente fu presto chiarito, con buona pace dei signori Chiabotto e Rametto i quali dovettero rinunciare alla targa marmorea. «Sic transit gloria mundi!».

In quanto al re Arduino, non mancano le strade e le piazze che portano il suo nome a Ivrea, Pombia, San Benigno Canavese, Rivarolo, Busano, Perosa Canavese, Volpiano, Borgomasino, Cuorgnè, San Martino Canavese, Aosta, Pavia, San Giusto Canavese, Maglione, Vestignè e altrove. Senza dimenticare – oh basta là! – Settimo Torinese. 

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