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“Da Milano a Lecce? Passa da Kiev”: la Littizzetto demolisce i rincari di Natale (VIDEO)

Nella letterina ai fuorisede il viaggio diventa un incubo surreale che somiglia troppo alla realtà

Nella puntata del 7 dicembre di Che tempo che fa, la comica torinese Luciana Littizzetto ha dedicato la sua consueta “letterina” agli studenti e ai lavoratori fuorisede, diventata in poche ore uno dei momenti più commentati della serata. Il tema è quello che ogni anno esplode alla vigilia delle Feste: l’aumento spropositato del costo dei biglietti di treni e aerei per tornare al Sud. Raddoppi, tripli, cifre fuori misura, al punto da spingere la comica a una battuta diventata virale: «Conviene quasi andare a Vladivostok con la Transiberiana e poi prendere un volo low cost da lì».

Una frase che riassume il tono dell’intera letterina: satira feroce, ma radicata nella realtà di migliaia di giovani.

«Ho preparato una letterina proprio per lo studente e la studentessa fuorisede, e per i lavoratori trapiantati al Nord. È la letterina della settimana.

Carissimo studente fuorisede, portatore sano di vitalità e aria nuova, consumatore vorace di caffè, tonno e sigarette rollate. Tu che quando dici “cucino qualcosa” intendi “apro un barattolo”. Guerriero degli Intercity Notte, socio onorario del Flixbus, discepolo indefesso del BlaBlaCar. Tu che per risparmiare saresti disposto a volare appeso al portellone dell’aereo, con il vento in faccia che ti canta. Per me siete eroi, punto.

Tu che vivi in stanze grandi come una prigione del Nicaragua, in stamberghe messe così male che vedendo la casa della famiglia nel bosco hai provato perfino un briciolo d’invidia. È arrivato il momento di tornare a casa per Natale. Sette giorni in cui essere di nuovo figlio o figlia. Tua madre, patrimonio UNESCO, è ai fornelli da agosto: frigge pittule, impasta cartellate, si incaponisce sulla caponata. È lì da settimane che sistema rapuloni cunciati, smizzica sfoglie ammucchiate e strangula preti di porco. I piatti del Sud sono meravigliosi, ma hanno nomi che a un certo punto mi perdo e non so più cosa sto dicendo.

E poi arriva il problema: quei numeri sul sito delle ferrovie o di ITA Airways non sono le misure della Ferilli, ma il costo del biglietto di seconda classe per Catanzaro. Perché in Italia c’è il diritto allo studio, ma non quello di tornare a casa senza fare il giro del mondo. Almasri? Volo di Stato. Studente di medicina? Cazzi suoi.

Ma non essere pessimista, caro studente o stagista. Le alternative ci sono. Se da Milano devi andare a Lecce, evita il volo diretto: passa da Kiev. Fai una pausa pipì nel cesto d’oro dell’amico di Zelensky, poi vai a piedi fino alla Transiberiana. Scendi a Vladivostok e da lì volo low cost per Bari. Poi ti recupera lo zio Marcello.

Se devi andare da Bologna a Cagliari, passa dal Vietnam, risali il Mekong in piroga e poi dalla Cambogia diretto verso la Sardegna.

Torino-Palermo? Vai a Tripoli, fatti arrestare come immigrato, finisci nel CPR in Albania — quando apriranno e funzioneranno — e da Tirana diretto per Palermo.

Oppure c’è il treno. Non sai mai quando arriva e quando riparte, come canta Malika. Parte da Torino spedito verso Napoli e poi viene inghiottito nelle viscere sgangherate del Sud, dove i treni viaggiano a metano e acetilene. Si passa dall’alta velocità all’alta probabilità di non arrivare in tempo.

Vogliamo la rivoluzione bolscevica dei trasporti? No. Ma quando premier e ministri si lamentano degli scioperi prima del weekend, vogliamo anche noi dire che nessuno fa niente sugli aumenti prima delle Feste.

Studente, lavoratore, stagista: tu meriti rispetto. Meriti un Paese che non ti costringa a cambiare tre aerei per un abbraccio. Perché sei un pezzo dell’Italia che resiste, che studia, che lavora, che fatica, ma che non dimentica da dove viene. Buon viaggio e, da mamma quale sono, ti dico: scrivi quando parti e se parti.»

Una letterina che diverte, ma che racconta con precisione chirurgica la condizione di migliaia di giovani che vivono lontano da casa. Tra ironia e verità, la satira della Littizzetto colpisce ancora nel segno.

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