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18 Giugno 2023 - 10:56
IN FOTO Settimo Torinese, la cascina Castelverde colpita dalle bombe il 13 luglio 1943
Torino, martedì 13 luglio 1943. Uno dei giorni più infausti nella bimillenaria storia di Torino. Tre giorni prima, gli Alleati erano sbarcati in Sicilia. Il Bomber Command (Comando bombardieri) della Raf, la Royal Air Force britannica, fu chiamato a fornire un appoggio indiretto alle operazioni militari nell’isola. E il generale Arthur Travers Harris (1892-1984) soprannominato Harris il Macellaio (Butcher Harris), il teorico dei bombardamenti a tappeto sulle città nemiche, programmò la più distruttiva di tutte le incursioni contro il capoluogo piemontese.
IN FOTO Torino, piazza Castello, 13 luglio 1943
Alle prime luci dell’alba, stormi di aerei decollati dall’Inghilterra meridionale scaricarono su Torino 762 tonnellate di bombe e spezzoni incendiari. I bagliori degli incendi riverbarono sino a Novara; gli scoppi dei grossi ordigni esplosivi furono uditi a Milano, Genova e in Valle d’Aosta. «Torino, che pure aveva già una lunga esperienza in fatto di bombardamenti pesanti – commenta Giorgio Bonacina, autore d’importanti studi sulle incursioni aeree angloamericane in Italia – s’accorse [...] che le restava ancora molto da imparare».
Il bilancio delle vittime fu pesantissimo: 792 morti e 914 feriti, secondo l’«Annuario» torinese del 1943. Riportarono danni le grandi fabbriche, i palazzi e le chiese del centro cittadino (il duomo, San Lorenzo, Santa Teresa, il Corpus Domini, San Domenico, ecc.), il Teatro Carignano, il cimitero generale e così via. Verso Settimo, nella Barriera di Milano, vennero distrutti o lesionati centinaia di edifici, fra cui lo stabilimento Grandi Motori della Fiat e la chiesa parrocchiale di Nostra Signora della Pace (corso Giulio Cesare). Ingentissimi danni si registrarono nelle vie Monte Rosa, Sesia, Malone e Candia.
A Settimo, le campane della chiesa di San Pietro in Vincoli e le sirene delle fabbriche diedero il segnale di allarme.
A Settimo, le campane della chiesa di San Pietro in Vincoli e le sirene delle fabbriche diedero il segnale di allarme quando mancavano venti minuti alle due del mattino, poi si attese invano che dal capoluogo subalpino comunicassero il cessato pericolo. Le linee telegrafiche e telefoniche erano tutte interrotte; in lontananza si scorgeva la città che bruciava. «Il nemico – riferì il podestà Aldo Barberis al Comitato Protezione Antiaerea della Prefettura – ha gettato nel territorio del Comune numerosi spezzoni [...] che hanno causato l’incendio e la pressoché totale distruzione della cascina Castelverde».
A quel tempo Settimo, pur sorgendo in una zona considerata a rischio, dove importanti industrie concorrevano allo sforzo bellico dell’Italia, brulicava di torinesi sfollati. Le famiglie più fortunate e meglio fornite di denaro non avevano avuto difficoltà a trovare una sistemazione nelle poche abitazioni sfitte del paese; le altre si erano adattate a vivere in magazzini, sottotetti e locali di recupero, talvolta in coabitazione. A metà del 1943, la popolazione di Settimo Torinese risultava cresciuta di circa il venti per cento: in aggiunta agli oltre diecimila residenti, nel territorio si trovavano poco meno di duemila sfollati.
In Settimo, tuttavia, il rapporto residenti-sfollati risultava inferiore rispetto ad altri centri del circondario, ritenuti meno soggetti al pericolo dei bombardamenti, in quanto privi di industrie o più distanti dal capoluogo subalpino. Per gli stessi motivi, oltreché per la mancanza di edifici industriali liberi, a Settimo non era sfollata alcuna azienda torinese, con la sola eccezione della Fimit (Fabbrica Italiana Materiali Isolanti Termici) che aveva trasferito un reparto nella zona dello scalo merci ferroviario (via Francesco Crispi), costruendo una tettoia per il deposito del sughero nei pressi del mattatoio civico.
L’armistizio dell’8 settembre 1943 segnerà la fine dei raid indiscriminati sulle città della penisola. I cacciabombardieri angloamericani, però, inizieranno ad avventarsi su una miriade di obiettivi pulviscolari, in pratica su tutto ciò che i piloti riterranno utile mitragliare e spezzonare. Pure Settimo avrà a soffrire per la mutata tecnica di attacco, anche se i danni non saranno complessivamente rilevanti.
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