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Cronaca
03 Dicembre 2025 - 01:33
L’inchiesta sul Casinò di Saint-Vincent travolge 33 persone. Perquisizioni a Volpiano, Moncalieri, San Mauro e nel Vercellese
Aldo Spinelli, 84 anni, il re delle concessioni portuali già travolto dal caso Toti, si sarebbe presentato al Casinò di Saint-Vincent con una richiesta che suona come un biglietto da visita: «Abbiamo del cash… Mi date delle fiches?». Denaro tenuto — parole sue — nella cassaforte dell’Hotel de Paris. Un dettaglio che, più che un vezzo, diventa la chiave di un’inchiesta che oggi scuote la Valle d’Aosta e si allarga all’Italia intera: 33 indagati, un maxi sequestro da 5 milioni di euro, accuse che vanno dall’associazione a delinquere al riciclaggio, fino alla corruzione di incaricato di pubblico servizio.
Il terremoto arriva in Consiglio regionale mentre la Guardia di finanza di Aosta mette i sigilli ai conti e alle società coinvolte. La seduta viene sospesa per un quarto d’ora: il presidente della Regione Renzo Testolin aggiorna i capigruppo e poi l’aula, senza poter entrare nei dettagli di un’indagine che si sta rivelando una macchina complessa. Una macchina che — secondo gli inquirenti — trasformava il casinò valdostano in una lavatrice di denaro, affidata a un sistema di fatture false per oltre 3 milioni di euro e alla complicità di due funzionari interni: Augusto Chasseur Vaser, 51 anni, e Cristiano Sblendorio, 59 anni. Due figure che, secondo la procura, non si limitavano a chiudere un occhio: lo facevano per tutti quegli imprenditori che arrivavano da mezza Italia con buste di contanti da “ripulire”.

Il centro operativo, per gli investigatori, parte dal Piemonte: tre aziende dei materiali ferrosi — Rigenera Italia di Tronzano Vercellese, Italfibre srl di Moncalieri, Metalfer srl di Volpiano — utilizzate come snodo per far circolare fatture inesistenti. La Rigenera Italia ruotava attorno a Mariano Rossi, amministratore di fatto (residente a San Mauro Torinese); la Italfibre era guidata dal legale rappresentante Eligio Boscaro (residente a Vinovo); la Metalfer faceva capo a Riccardo Castagna (residente a Moncalieri). Tre tasselli che, secondo gli investigatori, permettevano al sistema di generare denaro da far rientrare pulito dal Casinò di Saint-Vincent.
I pagamenti ufficiali viaggiavano sui conti, ma il denaro reale prendeva un’altra strada: prima veniva prelevato in contanti, poi trasformato in fiches al tavolo verde grazie alla complicità dei funzionari. Chasseur Vaser, sostengono gli atti, avrebbe incassato mazzette da 500 euro per ogni “dimenticanza”; Sblendorio, direttore marketing, avrebbe addirittura ostacolato un provvedimento di divieto d’accesso a uno dei corrieri.
Il resto era un gioco di scena. Fiches ottenute, qualche puntata simbolica, e poi il cambio in contanti o in bonifico come se fossero vincite clamorose. Una scommessa sempre vinta, perché truccata a monte: il denaro usciva ripulito, pronto a rientrare nei circuiti legali. La notte tra il 10 e l’11 agosto 2024, Spinelli stesso — accompagnato da Caterina Morgia — si sarebbe fatto cambiare 85 mila euro, lasciando una “mancia” da mille euro a testa ai due funzionari.
Gli inquirenti, seguendo questo flusso, sono risaliti al meccanismo che teneva insieme tutto: una società cartiera che produceva fatture come merce industriale e una casa da gioco che, per alcuni, diventava l’ultima tappa del denaro sporco. Una tappa dove, alla fine, les jeux son faits davvero: le fiches sparivano, ma il denaro tornava a splendere. In attesa che la magistratura faccia luce definitiva sul mosaico, resta un’immagine: un ottuagenario abituato alle stanze del potere che si presenta al casinò con i contanti nascosti in una cassaforte elegante e chiede, con disarmante semplicità, di trasformarli in fiches. Come se fosse la cosa più normale del mondo.
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