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Ivrea

Ilaria Aragona, la ragazza che vive in un “carcere” e chiede aiuto: l’unica risposta è “paga l’Atc!”

La storia di una giovane donna che, dopo aver contratto il Covid, si ritrova a vivere in un monolocale angusto e isolato, senza ricevere l’assistenza adeguata. L’indifferenza delle istituzioni e la mancanza di soluzioni concrete.

Ilaria Aragona

Ilaria Aragona abita nel condominio Saudino

E poi ti guardi intorno, cerchi di capire che cosa devi fare, che cosa puoi fare, e non ti viene in mente nulla. Nulla che abbia un senso dopo le tante cose già dette e scritte. Alzare le braccia in segno di arresa? Fare una telefonata dicendo che “finisce qui”? Vomitare una serie di elucubrazioni su come si dovrebbe fare l’assistenza alle persone disabili, inabili e anziane? Boh!

Tanti i pensieri che ci frullano per la testa dopo l’interpellanza a porte chiuse su Ilaria Aragona, discussa la scorsa settimana dai consiglieri comunali e finita in vacca…

Quel che è venuto fuori non è nulla che già non si sapesse. Paolo Noascone e Massimiliano De Stefano hanno sottolineato che il condominio Saudino non è adatto per viverci. Hanno puntualizzato che questa donna ha bisogno di maggior assistenza. Infine si sono concentrati sugli spazi angusti e sull’assenza di finestre, salvo quelle vasistas, tali da rendere quel monolocale più simile ad un carcere che ad una casa di civile abitazione.

Per tutta risposta l’assessora Patrizia Dal Santo si è concentrata sugli affitti non pagati e su un piano di rateazione, senza del quale sarebbe per lei impossibile avviare con Atc un discorso per il cambio di alloggio. Né più e né meno di quel che avrebbe potuto rispondere un impiegato del Comune o della vecchia SIP. Ha aggiunto che si stanno cercando di attivare dei percorsi con l’Asl, chissà se è vero, chissà quando, chissà se saranno utili.

Ricapitolando. C’è una ragazza che, ammalatasi di Covid, dopo mesi e mesi di cure oggi vive attaccata ad una bombola di ossigeno in un appartamento al secondo piano di un condominio situato alla periferia della città, completamente scollegato dal centro e dalla civiltà.

In una posizione talmente scomoda che gli “abili” non ci vogliono andare. È obesa. Non ce la fa a staccarsi dal letto. Non ce la fa a farsi una doccia da sola. Non ce la fa a muoversi. Il Consorzio In.Rete le ha dato una Oss (Operatrice socio sanitaria) per quattro ore alla settimana, di cui due impiegate per andare a fare la spesa in qualche supermercato della zona, ma non s’è mai chiesto se ce ne volessero di più e, per quel che ci è dato sapere, non s’è mai sottolineata l’esistenza di un problema serio, anche di igiene.

Da anni, inascoltata, Ilaria chiede di essere assistita di più, ma soprattutto una casa in cui possa almeno affacciarsi da una finestra o fare due passi in un cortile. Insomma il minimo sindacale per un’esistenza dignitosa.

Le si potevano dare duemila risposte. Gliene daranno una e una soltanto: paga l’Atc!

S’intende “paga e poi si vedrà!”

Chiedersi come sia possibile che di fronte alla stessa fotografia a noi venga in mente una persona in cerca di aiuto e a chi amministra null’altro che le bollette dell’affitto, ci pare un inutile perdita di neuroni.

Il dubbio è che per Sindaco, assessora e servizi socio assistenziali, questa donna non abbia diritto a nulla oltre a quello che già ha. Da qui una serie di suggerimenti al limite del surreale, tipo quello di spostare una lavatrice e tutto s’aggiusta.

Morale? Se hanno deciso di fare qualche passo in più è solo perché Ilaria è finita sui giornali.

Ecco. Fosse davvero così. Il problema sarebbe anche più grave di quello che appare perché significherebbe il completo “abbandono” del dovere etico e morale di occuparsi di chi ci chiede aiuto o, se si preferisce, di chi ha bisogno di aiuto.

Ma significa anche un’altra cosa. Non aver capito che Ilaria, nel “ghetto” Saudino, ci potrebbe “morire” all’insaputa del mondo che la circonda. Anzi no, di un mondo che si è girato dall’altra parte. Ci sono tutti gli elementi per dirlo e noi li abbiamo raccolti ed evidenziati, a cominciare dalle distanze e dalla qualità dei vicini di casa.

Ma cosa ci vuole per cambiare questa situazione? Perché nessuno si prende la responsabilità di intervenire? Perché Ilaria deve continuare a soffrire in silenzio?

CI SIAMO OCCUPATI DI ILARIA MOLTE VOLTE, QUI TUTTI I SERVIZI

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