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Ivrea

Buon Natale Ilaria... Una storia dell'altro mondo

Lettera aperta agli Amministratori comunali

Ilaria Aragona, prima e dopo

Ilaria Aragona, prima e dopo

Il Natale quando arriva arriva ma non arriva a tutti allo stesso modo, con lo stesso sottofondo musicale, con gli stessi pensieri per la testa, con lo stesso entusiasmo, con la stessa speranza. 

Diciamocelo in tutta franchezza: il Natale non è per tutti. E' per tanti. E' per chi se lo può permettere. E' per chi vive perfettamente inserito in questa società. Per gli altri è una cosa dell'altro mondo e quell'altro mondo siamo noi, tutti concentrati alla vigilia, al pranzo del giorno dopo, ai parenti, agli amici, alle mogli, ai figli e ai mariti. E allora per un giorno, due, tre, al diavolo i problemi del mondo, che poi son quelli dell'altro mondo, mica del nostro.

E poi c'è lei. C'è Ilaria Aragona. L'abbiamo conosciuta pochi giorni fa. L'abbiamo "sbattuta" in prima pagina! Lo abbiamo fatto dopo aver scoperto che vive in un monolocale di un condominio di proprietà del Comune ma gestito dall'ATC sul retro dell'RSA Saudino che tutto può considerarsi salvo un appartamento di civile abitazione. Piccolo. Stretto. Con lucernari al posto delle finestre. 

Un inferno per una ragazza che nel 2020 s'è presa il Covid, è rimasta 8 mesi ricoverata negli ospedali di Cuorgnè e Ivrea e ancora oggi vive con l'ossigeno attaccato al naso. 

QUI TUTTA LA SUA STORIA

Ilaria in questi due anni è ingrassata enormemente e in quei pochi metri non riesce a muoversi, non riesce a lavarsi, non riesce a fare nulla di nulla. Peggio che stare in galera. S'aggiungono le preoccupazioni... Tante! Dovesse star male sarebbe quasi impossibile portarla fuori in barella utilizzando la scala esterna. Ce n'è una interna ma è stata "murata".

Difficile, per una donna in queste condizioni, scendere al piano terreno, a piedi. Per fortuna c'è l'ascensore, ma a volte si è rotto e quando succede è l'isolamento completo, con tutte le difficoltà di chi deve comunicare con lei o, banalmente, portarle le bombole di ossigeno.

Ilaria manco a dirlo pur vivendo nel nostro mondo, fa parte di quell'altro mondo, quello che non vogliamo vedere. Eppure sta lì, alla periferia di una città che si considera moderna, turistica, solidale e non v'è dubbio che lo sia...

Ilaria nei giorni scorsi, voleva scrivere una lettera al sindaco Matteo Chiantore. Poi ci ha rinunciato, vittima delle depressione e della disperazione. Lo facciamo noi!

Buon Natale Ilaria. Buon Natale dalla redazione de la Voce. 

Ilaria Aragona ha 46 anni e abita al civico 3 di via Saudino in un alloggio di circa 35 metri quadrati gestito dall’Atc ma di proprietà del Comune. 

Pochi metri quadri in cui si gira e si rigira, portandosi dietro tutta la sua disperazione e frustrazione.

Ex ballerina. Ex agente immobiliare di Tecnocasa. Mai fumato in vita sua, ha tante foto attaccate alle pareti a testimonianza, di una bella gioventù e della sua prestanza fisica. E poi? Poi la catastrofe. Nel 2020 Ilaria è stata una delle prime a “beccarsi” il famigerato Covid.  Si è ammalata. E’ stata ricoverata per parecchi mesi agli ospedali di Ivrea e Cuorgnè ed è cominciato un lento calvario. Non si è più rimessa. E’ ingrassata. Pesava poco meno di 50 kg, oggi più del doppio, con l’aggravante di stare attaccata ad una bombola di ossigeno. 

Per questo piange e si dispera ma ha davvero tanta voglia di parlare. Di urlare al mondo che non è così che ci si comporta con chi è messo male come lei, dichiarata inabile al lavoro al 100 per cento.

Lettera al Sindaco e agli assessori:
facciano gli amministratori pubblici e non i burocrati

Bon! Lo diciamo francamente. Un po’ ci siamo stufati dei politici che si nascondono dietro le cose che si possono fare e a quelle che non si possono fare o, peggio ancora, che si fan portare a spasso come delle “Bele Marie” dagli impiegati pubblici. Ancor peggio di quegli amministratori pubblici che si nascondono dietro la regola (inventata a capocchia) che se si agisce per un indigente  poi lo si deve fare per tutti e allora meglio non fare nulla per nessuno. Troppo comodo così. 

No! Non ci stiamo. Perchè esiste una verità: i monolocali di via Saudino non sono fatti per viverci stabilmente. Sarebbe il caso di venderli o di darli in gestione alla Caritas o alla Casa delle donne limitatamente alle emergenze di due giorni, dieci giorni, un mese.

Lo si vede ad occhio nudo non ci vuole Einstein. Talmente vero quello che diciamo che quando ancora gli attuali assessori, fors’anche il sindaco, neanche sapevano di volersi candidare, in consiglio comunale l’assessore Augusto Vino lo disse chiaramente: “Lì non ci vuole andare a vivere nessuno. Soprattutto non ci vogliono andare gli over 65, a cui, in base ad un lascito, quegli appartamenti avrebbero dovuto essere assegnati...!”.

Da qui a far diventare il condominio di via Saudino un vero e proprio ghetto, il passo è stato breve. Cosa si chiede a sindaco e assessori? Di guardare le cose per quello che sono, con la verità in faccia, e di risolvere prima che si può e con tutte le armi a disposizione, a cominciare dall’ordinanza, le situazione al limite, come questa.

Perchè non si può tenere al primo piano di un condominio una donna che ha bisogno dell’ossigeno 24 ore al giorno e se l’ascensore non funziona rischia di morire.

Perchè non si può permettere di far vivere le persone in alloggi che al posto delle finestre hanno dei lucernari. Perchè la galera è una cosa meritata, la civile abitazione è “civile” non per niente. Perchè questa donna si trova in queste condizioni e nessun medico ha capito come ci sia finita. Lo chiamano long Covid

Liborio La Mattina

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