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Mara Favro, il mistero nel dirupo: la Procura chiede l’archiviazione ma la famiglia non crede al suicidio

Scomparsa l’8 marzo 2023 in Valle di Susa, ritrovata un anno dopo nei boschi di Gravere. Gli inquirenti ipotizzano un gesto volontario, ma i familiari respingono con forza questa tesi: “Mara ascoltava musica e scriveva messaggi, non voleva morire”.

Mara Favro aveva 51 anni

Mara Favro aveva 51 anni

L’ipotesi che Mara Favro si sia tolta la vita è oggi quella che gli inquirenti sembrano considerare con maggiore attenzione. È quanto emerge da fonti vicine all’indagine sulla donna scomparsa l’8 marzo 2023 in Valle di Susa, il cui corpo è stato ritrovato più di un anno dopo, in fondo a un dirupo nei boschi di Gravere, nel Torinese. La Procura ha chiesto l’archiviazione del fascicolo, ma la famiglia non si arrende e, attraverso il proprio legale, valuta se opporsi.

Secondo quanto trapelato, i carabinieri avrebbero concentrato la loro attenzione sulla pista del gesto volontario a causa di una serie di elementi che, messi insieme, sembrano indicare quella direzione. Le analisi delle celle telefoniche hanno confermato che Mara, quella sera, dopo aver terminato il turno nella pizzeria di Chiomonte dove lavorava, si incamminò a piedi lungo la strada statale, diretta verso casa. A un certo punto, per abbreviare il tragitto, avrebbe imboccato un tratto della Via Francigena, un percorso escursionistico molto frequentato, e da lì – per motivi impossibili da chiarire – si sarebbe ritrovata su un altro sentiero, quello che porta verso il dirupo dove è stata ritrovata.

Da questa ricostruzione è nata la convinzione che Mara Favro possa aver compiuto un gesto estremo. Un’ipotesi che, tuttavia, lascia aperte molte domande. Gli investigatori hanno notato che quella zona è conosciuta in valle come “il punto dei suicidi” e che, non lontano dal luogo del ritrovamento, si erge una grande croce di legno. Ma anche su questo particolare, chi abita da quelle parti invita alla cautela.

Alcuni residenti di Gravere, interpellati dall’ANSA e che avevano partecipato alle operazioni di ricerca subito dopo la scomparsa, sottolineano che la croce non ha nulla a che vedere con presunti gesti autolesionistici. Secondo le loro testimonianze, quel simbolo ricorderebbe un uomo morto decenni fa in un incidente sul lavoro nella boscaglia. Di suicidi recenti, dicono, non se ne ricordano affatto. Gli unici risalirebbero a più di un secolo fa, quando la zona era davvero isolata e inaccessibile. Inoltre, precisano, il cosiddetto “punto dei suicidi” si trova a diverse centinaia di metridal luogo in cui Mara è precipitata.

Un dettaglio che, per chi conosce il territorio, non è irrilevante. Il bosco di Gravere, soprattutto in inverno e di notte, è impervio, con sentieri stretti e scoscesi, spesso poco segnalati. Un passo falso, un errore di orientamento, una distrazione: basterebbe poco per perdere l’equilibrio e cadere nel vuoto.

I familiari di Mara Favro, da parte loro, non hanno mai creduto all’ipotesi del suicidio. Anzi, la ritengono “incompatibile con la personalità di Mara”. Quella sera – ricordano – la donna aveva ascoltato musica, aveva inviato messaggi WhatsApp agli amici e non aveva dato segni di malessere o disperazione. Per loro, è più plausibile che Mara sia stata vittima di un incidente o di un evento imprevisto, forse mentre cercava di rientrare a casa per un sentiero secondario.

Ora sarà il giudice a decidere se accogliere la richiesta di archiviazione della Procura o se disporre ulteriori approfondimenti. Ma, a distanza di oltre un anno da quella scomparsa che aveva mobilitato decine di volontari e squadre di soccorso, il mistero di Mara Favro resta fitto. E con esso, il dolore di una famiglia che non riesce ad accettare che tutto venga liquidato come un gesto volontario in una notte di marzo tra i boschi della Valle di Susa.

L'avvocato Roberto Saraniti

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