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Cronaca
12 Ottobre 2025 - 20:24
Giusy Arena, tre anni di silenzio: il giallo del boschetto che non trova giustizia
Tre anni di silenzio, tre anni di indagini senza esito. Il 12 ottobre 2022, in un boschetto di Pratoregio, tra la linea ferroviaria ad alta velocità e l’autostrada Torino-Milano, veniva trovato il corpo di Giusy Arena, 52 anni, uccisa a colpi di pistola nel giorno stesso del suo compleanno. Da allora, nonostante perquisizioni, interrogatori e promesse di svolte, nessun colpevole è stato individuato.
Era stato un passante a scoprire il corpo riverso a terra, intorno alle 18.18, in uno spiazzo isolato alle porte della frazione di Chivasso. La prima segnalazione ai Carabinieri parlava di una possibile “caduta dalla bicicletta”, ma la scena del crimine aveva subito smentito ogni ipotesi accidentale: la donna era stata giustiziata con tre colpi di pistola calibro 7.65, che non le avevano lasciato scampo. Secondo il medico legale, la morte risaliva a circa sei ore prima del ritrovamento.
Da quel giorno la Procura della Repubblica di Ivrea indaga, ma senza risultati concreti. L’unico nome comparso nel registro degli indagati è stato quello del fratello, Angelo Arena, un atto che agli occhi di molti è apparso come un tentativo di mostrare che l’attenzione sul caso restava alta. Solo pochi giorni prima di quel blitz, Angelo aveva pubblicato un video sui social chiedendo giustizia per la sorella.
Nel corso delle perquisizioni, i Carabinieri avevano sequestrato la Dacia Duster dell’uomo e alcuni capi d’abbigliamento. Secondo gli investigatori, l’auto era stata lavata proprio il giorno dell’omicidio, ma le analisi successive non avevano rivelato elementi utili. Lo stub effettuato per verificare la presenza di polvere da sparo aveva dato esito negativo, e non erano state trovate prove che collegassero direttamente Angelo Arena al delitto.
Anche la pista della pistola rinvenuta mesi dopo, inizialmente ritenuta compatibile con i proiettili che avevano ucciso Giusy, si è rivelata un vicolo cieco: le analisi balistiche hanno escluso ogni legame con l’arma del delitto.
A cinque mesi dall’omicidio, un nuovo indizio aveva fatto sperare in una svolta. Secondo alcune testimonianze, Giusy non sarebbe arrivata a Pratoregio con la sua bicicletta ma sarebbe stata trasportata da un furgone bianco. Scattò così una caccia al mezzo e ai suoi occupanti, ipotizzando che l’assassino potesse appartenere alla cerchia di conoscenti della vittima, una donna conosciuta in città per il suo carattere diretto e per l’abitudine di raccontare apertamente i fatti della propria vita. Ma anche quella traccia si è dissolta nel nulla.
Le telecamere comunali, installate in gran parte del territorio di Chivasso, non hanno registrato nulla di utile: nessun passaggio della bicicletta di Giusy, nessuna traccia del presunto furgone, nessuna immagine riconducibile all’omicidio. Un buco nero che ha reso ancora più complesso il lavoro degli inquirenti.
Nel frattempo, l’ondata di sdegno che aveva seguito il delitto si è spenta, come le luci delle troupe televisive che per giorni avevano presidiato via Togliatti, dove Giusy viveva da sola in un alloggio modesto con i suoi cani e i suoi gatti. Oggi resta il ricordo di una donna semplice, descritta da chi la conosceva come “una poveretta”, e la sensazione amara che la giustizia per Giusy Arena sia lontana, forse irraggiungibile.
Il suo assassino è ancora libero. E dopo tre anni, l’unica certezza è che chi ha premuto il grilletto continua a vivere nell’ombra, mentre il caso rischia di finire nell’oblio.
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