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15 Dicembre 2025 - 12:47
Tutto è accaduto durante una passeggiata sotto i portici di via Torino a Chivasso
Una sera come tante, una passeggiata tranquilla nel centro di Chivasso, il cane al guinzaglio e nessuna fretta. Sergio – nome di fantasia scelto per tutelare la sua identità – stava rientrando a casa con Lola, una cocker di appena un anno, quando viene fermato da tre persone che si qualificano come guardie zoofile. Da lì, racconta, la situazione ha preso una piega che definire surreale non è eccessivo.
Tutto è accaduto intorno alle 21,30 del 24 ottobre nella centralissima via Torino.
Il controllo, spiega Sergio, non è stato introdotto con toni pacati né con una spiegazione preventiva. "L’approccio gli è stato subito arrogante e inquisitorio". A Sergio vengono chiesti i documenti personali, il libretto sanitario del cane e di mostrare se fosse in possesso dell’acqua, dei sacchetti per la raccolta delle deiezioni e della museruola. Una sequenza di richieste che, per modalità e contenuto, lo ha lasciato perplesso, soprattutto perché avanzata senza che, inizialmente, venisse mostrato alcun tesserino identificativo.
Solo dopo una sua esplicita richiesta, due dei tre hanno esibito un documento di riconoscimento. Il terzo, invece, si sarebbe rifiutato, sostenendo di non essere tenuto a farlo perché, a suo dire, “pubblico ufficiale”. Una frase che, per Sergio, segna il punto di rottura. Non solo per il tono, ma per ciò che implica sul piano giuridico. «Ritengo tale affermazione errata e il comportamento poco trasparente e contrario ai principi di buona educazione e correttezza amministrativa», scrive nella segnalazione formale fatta in Comune dopo l'accaduto.
Dietro l’episodio, infatti, non c’è solo un disagio personale. C’è una questione di poteri, limiti e qualifiche che merita di essere chiarita. Le guardie zoofile, come ricorda lo stesso cittadino, non sono automaticamente pubblici ufficiali. Questa qualifica può essere riconosciuta solo se, e nei limiti in cui, siano munite di decreto prefettizio di nomina a guardia particolare giurata, secondo quanto previsto dagli articoli 138 e seguenti del Testo unico delle leggi di pubblica sicurezza. E anche in quel caso, la qualifica opera esclusivamente nell’esercizio delle specifiche funzioni di polizia giudiziaria loro conferite.
"Al di fuori di questo perimetro - spiega Sergio richiamando la normativa - le guardie zoofile possono semmai essere considerate incaricati di pubblico servizio, ai sensi dell’articolo 358 del codice penale". Una distinzione tutt’altro che formale, perché da essa discendono i poteri effettivi. In particolare, non rientra tra le loro prerogative la identificazione diretta dei cittadini né la richiesta arbitraria di esibizione di documenti anagrafici o di effetti personali, se non nei limiti e con le modalità previste dalla legge e, soprattutto, in collaborazione con le autorità competenti.
Anche l’Ordinanza ministeriale del 6 agosto 2013, spesso richiamata in materia di tutela dell’incolumità pubblica dall’aggressione dei cani, non attribuisce alle guardie zoofile poteri autonomi di controllo sui cittadini. Prevede piuttosto un’attività di vigilanza svolta in collaborazione con i Comuni e la polizia locale, non interventi isolati caratterizzati da toni intimidatori. È su questo punto che Sergio insiste maggiormente, perché ciò che lo ha colpito non è stato il controllo in sé, ma il modo in cui è stato condotto.

Lola, a passeggio in via Torino a Chivasso
Il rifiuto di mostrare il tesserino, unito all’autoproclamata qualifica di pubblico ufficiale, viene definito nella segnalazione fatta da Sergio in Comune come un possibile abuso di ruolo e una violazione dei doveri di trasparenza verso i cittadini. Un comportamento che, se confermato, rischia di incrinare il rapporto di fiducia tra chi è chiamato a vigilare sul rispetto delle regole e chi quelle regole le rispetta quotidianamente, portando a spasso il proprio cane senza creare problemi.
Per questo Sergio chiede che venga fatta chiarezza. Domanda che venga verificata la regolarità dell’operato delle guardie zoofile coinvolte e la loro effettiva nomina prefettizia, che siano esplicitati i limiti e le competenze reali di chi opera sul territorio di Chivasso e che si valuti se vi siano gli estremi per un richiamo formale o disciplinare per un comportamento ritenuto scorretto. Non una crociata personale, ma la richiesta di un confronto basato su regole chiare e rispetto reciproco.
"Dopo la segnalazione - precisa Sergio - dallo Sportello unico Polivalente del Comune di Chivasso mi hanno detto di aver chiesto chiarimenti alla polizia municipale dalla quale attendevano un risposta. Ebbene, io quella risposta ancora la sto aspettando a distanza di quasi due mesi".
I controlli a tutela degli animali e del decoro urbano sono legittimi e necessari, ma proprio per questo devono essere condotti con professionalità, misura e piena aderenza alla legge. Quando i confini dei poteri diventano opachi e i toni scivolano nell’arroganza, il rischio è quello di trasformare una normale passeggiata serale in un’esperienza di disagio e sfiducia.
Sergio conclude la sua segnalazione dichiarandosi disponibile a fornire ulteriori dettagli e a partecipare a un eventuale incontro chiarificatore. Un atteggiamento che contrasta nettamente con quello che racconta di aver subito. E che lascia sul tavolo una domanda semplice, ma tutt’altro che banale: chi controlla i controllori, e con quali regole, quando a essere fermato non è un trasgressore, ma un cittadino qualunque con il suo cane al guinzaglio.
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