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Cronaca

Chiesti cinque anni per un 81enne torinese, denunciato dalla moglie poco prima di morire

La donna, scomparsa nel 2022 per un tumore, ha trovato la forza di parlare in ospedale: in aula, un silenzio pesante e la voce rotta dei figli

 Chiesti cinque anni

Chiesti cinque anni per un 81enne torinese, denunciato dalla moglie poco prima di morire (foto archivio)

Ha atteso di essere sul punto di morire per trovare il coraggio di parlare. E con quell’ultimo gesto, ha squarciato un silenzio lungo più di cinquant’anni. È diventato un processo, quello che riguarda una donna torinese morta a 80 anni, il 22 settembre 2022, a causa di un tumore al pancreas. Ma prima di spegnersi, durante il ricovero in ospedale, ha detto ciò che per una vita aveva taciuto: “Voglio morire in pace, lontana da lui”.

Lui è il marito, oggi 81enne, per cui la pubblica accusa ha chiesto cinque anni di carcere per maltrattamenti aggravati e continuati. A rappresentare la Procura è la pm Barbara Badellino, che ha ricostruito un quadro fatto di sofferenze domestiche, soprusi quotidiani, umiliazioni, mai finite in una denuncia – fino a quell’ultimo sussurro in ospedale.

A raccoglierlo non sono stati solo i medici, ma anche una volontaria del centro antiviolenza Demetra, che ha aiutato a formalizzare l’accusa. Quella voce spezzata ha aperto un’indagine e poi un processo che oggi mette sotto accusa non solo un uomo, ma un intero sistema che per decenni non ha saputo vedere.

Violenza domestica confessata sul letto di morte

Nel corso dell’udienza, l’imputato ha scelto il silenzio, avvalendosi della facoltà di non rispondere. Un silenzio che ha pesato nell’aula del tribunale torinese, dove a parlare – con dolore – è stata invece la figlia maggiore della coppia. Ha raccontato un’infanzia e un’adolescenza segnate dalla paura, dalla fuga da casa a 20 anni insieme ai fratelli, e da una madre che non ha mai trovato la forza o la possibilità di chiedere aiuto.

L’avvocato della difesa, Giuseppe Fissore, ha provato a sostenere l’estraneità dell’anziano alle accuse, ma le testimonianze e le risultanze mediche hanno offerto una ricostruzione compatta. La sentenza è attesa per il 16 maggio, davanti al giudice Agostino Pasquariello.

Questo processo non è soltanto una storia personale. È una lente puntata su una violenza che si insinua tra le mura domestiche, che dura una vita intera e che si consuma nel silenzio di chi non viene ascoltato. La giustizia, ora, ha il dovere di rispondere. Anche se in ritardo. Anche se chi ha parlato, non c’è più.

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