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30 Ottobre 2025 - 15:33
Scandalo Asl To4. Sedata, soffocata e dimenticata. Così morivano gli anziani sotto la CM Service
Una mattina come tante, in una struttura per anziani di Piozzo, nel Cuneese, il tempo sembra scorrere lento. In una stanza con le tapparelle abbassate, un’anziana donna è seduta sulla carrozzina, davanti a un vassoio. Ha il volto scavato, la pelle sottile come carta, gli occhi ormai velati. Un operatore socio sanitario le si avvicina con il cucchiaio tremante. Poi, un colpo di tosse, un rumore sordo, il panico. La donna si irrigidisce, il respiro si ferma. Si soffoca con quel boccone di troppo.
In pochi minuti, la sua vita si spegne. Nessuno urla, nessuno corre. Il personale prova qualche manovra, disperata e goffa. Poi cala il silenzio. Il silenzio di chi capisce che non c’è più nulla da fare. È il 9 aprile 2022.
Ma il vero orrore arriva dopo. Perché quella morte, secondo gli atti della Procura di Ivrea sulla "cricca dell'Asl To4", non è un dramma isolato, né una tragica fatalità. È il sintomo di un sistema disumano, di una gestione del dolore e della vecchiaia in cui tutto — anche la vita di una persona — diventa routine, fastidio, burocrazia.
Quel giorno, uno dei dipendenti di CM Service di Cascinette d'Ivrea, la società che gestiva infermieri e OSS in decine di strutture pubbliche e private in Piemonte, compreso l’ospedale di Settimo Torinese, prende il telefono. Chiama Michele Scusello, il responsabile del personale dell’azienda. Scusello è oggi indagato per maltrattamenti in concorso con Massimo Cassinelli, amministratore della società. Dall’altra parte del filo, la voce è fredda, abituata alle emergenze.
«Una paziente è morta», dice il dipendente. «Si è soffocata mentre la imboccavo. Ho provato tutto, ma non c’è stato niente da fare».
L’uomo è agitato, teme che l’ASL venga a saperlo, che si apra un’indagine, che qualcuno lo accusi. Ma la risposta di Scusello è agghiacciante nella sua normalità: «Ma non lo viene neanche a sapere... se non ti fa storie il medico legale o la famiglia. È una cosa normale».
Una cosa normale.
Quelle tre parole racchiudono l’abisso morale in cui sembra essere sprofondata CM Service, una società che per anni ha ottenuto appalti milionari dall’ASL TO4 — oltre dodici milioni di euro solo tra il 2021 e il 2023 — per la gestione dei servizi infermieristici e di assistenza.
La Procura di Ivrea ha iscritto 38 nomi nel registro degli indagati, tra cui dirigenti dell’ASL, primari, coordinatori e manager dell’azienda. L’accusa è pesante: maltrattamenti, turbativa d’asta, truffa, corruzione, concorsi truccati. Ma, al di là dei reati, ciò che colpisce è il vuoto etico che emerge dalle intercettazioni.
Scusello, il “manager” che dovrebbe tutelare pazienti e lavoratori, non chiede come sia morta quella donna. Non si interroga. Non si addolora. Si preoccupa solo che la notizia non trapeli. Che non disturbi la quiete di un sistema dove tutto deve restare com’è.
E non è un episodio isolato. Pochi giorni dopo, nell’aprile dello stesso anno, un altro dipendente lo chiama da una struttura di Bra. Stavolta non si tratta di un decesso, ma di farmaci usati impropriamente. Quattro flaconi di Alcover, un medicinale per la terapia dell’alcolismo, somministrati a pazienti per i quali non erano prescritti. L’operatore, preoccupato, confessa: «Li ho rimessi io, senza segnarli negli scarichi. Ce li avevo io».
Scusello lo rassicura e, come in una sceneggiatura dell’assurdo, inventa la soluzione: «Diciamo che vengono da un paziente di Cavour. Lì hanno casi di tossicodipendenza, così non ci sono problemi».
Nessuno chiede se qualcuno si sia sentito male. Nessuno segnala l’accaduto al Sert. Tutto deve restare “interno”. Tutto deve chiudersi lì.
La Procura, nelle carte, scrive che questi episodi non compaiono formalmente nell’avviso di chiusura indagini, ma vengono trascritti per far capire il “modus operandi” del personale CM Service. Una cultura aziendale dove l’omertà è la norma, dove l’errore non si corregge ma si cancella, dove la sofferenza è solo un fastidio da archiviare.
È questo il contesto in cui maturano le accuse più gravi legate all’ospedale di Settimo Torinese. Qui, i vertici della CM Service e la primaria Tullia Baietto vengono accusati di «avere maltrattato, direttamente o per mezzo del personale, i pazienti ricoverati». Le testimonianze raccolte in Procura parlano di anziani sedati per passare la notte, di pazienti lasciati bagnati per ore, di campanelli d’allarme disattivati per “non essere disturbati”.
Un’infermiera racconta che una paziente, dopo aver chiamato più volte per essere cambiata, si è vista spegnere il campanello. Un’altra spiega che in ospedale lavoravano persone assunte come OSS che poi, per necessità o convenienza, diventavano improvvisamente infermieri. In corsia, raccontano gli investigatori, regnava il caos. Le regole non esistevano più.
Dalle intercettazioni emergono conversazioni che fanno rabbrividire: operatori che si lamentano del personale straniero che “non parla italiano”, pazienti che restano ore senza acqua, corpi inermi lasciati nella loro urina. Tutto questo, in una struttura pubblica, finanziata con soldi pubblici, in un Paese che ama definirsi civile.
La CM Service, intanto, continuava a lavorare. Otto affidamenti diretti in proroga, tra il 2021 e il 2023. Dodici milioni di euro di appalti ottenuti senza gara, con il consenso silenzioso di chi avrebbe dovuto vigilare.

Il TAR del Piemonte solo recentemente ha confermato l’esclusione dell’azienda da nuove gare, parlando di “gravi e reiterate inadempienze”. Ma per gli anziani di Settimo, e per quella donna morta a Piozzo, ormai è tardi.
Quella vita spezzata su una carrozzina, quel respiro che si ferma in un istante, resta il simbolo di tutto ciò che non funziona nella sanità appaltata al ribasso. In quel silenzio c’è la voce di tutti i pazienti trattati come numeri, sedati per risparmiare, dimenticati per comodità.
E quando Scusello dice «È una cosa normale», non parla solo di sé. Parla di un sistema intero, di una mentalità che trasforma il dolore in routine, la morte in imprevisto da nascondere, la vecchiaia in problema gestionale.
Oggi l’inchiesta della Procura di Ivrea è arrivata al termine delle indagini preliminari. I 38 indagati attendono le decisioni del giudice. Ma le carte, le intercettazioni, le testimonianze raccontano già abbastanza per capire che, per anni, la dignità dei pazienti è stata calpestata. E che chi avrebbe dovuto proteggerli ha scelto il silenzio, il compromesso, la menzogna.
Colpevoli tutti a cominciare da noi, che per quanto ci siamo dati da fare a scrivere non siamo riusciti a rompere abbastanza. Colpevoli i sindaci (tutti quanti) che anche a fronte di tutto quel che si scriveva in assemblea sono riusciti addirittura a dare un premio al direttore Scarpetta per i risultati raggiunti. Dovremmo vergognarci.
Nel frattempo, in qualche stanza d’ospedale, un’altra anziana chiama ancora con il campanello. Chiede solo di essere cambiata. Forse nessuno la sente. Forse qualcuno spegne di nuovo la luce.
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