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Bonus Vesta, la beffa del click day. Caro Assessore Marrone hanno vinto i più veloci, non i più poveri

Lo Sportello ELP e una rete di associazioni scrivono all’assessore regionale Maurizio Marrone: il sistema del Bonus Vesta esclude le famiglie fragili, premia chi ha connessioni veloci e soldi da anticipare. “Così la povertà digitale diventa un nuovo modo per discriminare”.

Vanessa Vidano

Vanessa Vidano dello sportello ELP

Una notte intera davanti al computer. La speranza di ottenere un aiuto per i propri figli, e poi la beffa: la connessione lenta, la coda virtuale infinita, la domanda che non parte.
C’è chi ha provato e ha visto comparire sullo schermo solo una rotellina che gira. Chi ha atteso mezz’ora per scoprire che i fondi erano già esauriti. Chi ha pianto in silenzio, con il bambino addormentato sulle ginocchia e la luce fredda del monitor che illuminava il viso stanco.
È la fotografia di decine di famiglie eporediesi, e non solo, che hanno tentato di accedere al Bonus Vesta — il contributo regionale destinato alle famiglie con bambini da 0 a 6 anni — trasformato dalla Regione Piemonte in una corsa a ostacoli digitale.

Ebbene sì. Torniamo a quel tragico sabato 20 settembre, quando tutto è cominciato alle 00.01.
Un click day, lo chiamano. Ma a Ivrea, e in tante altre città, è stata una notte surreale: una gara notturna che ha premiato i più fortunati e lasciato indietro i più fragili.
La rabbia, l’amarezza e la frustrazione di chi quella notte c’era sono esplose in una lettera collettiva firmata dallo Sportello ELP di Ivrea e da un’intera rete di realtà sociali: il Consorzio Servizi Sociali In.re.te, l’Assessorato alle Politiche Sociali della Città di Ivrea, la Cooperativa ZAC!, la Cooperativa Orso, la Cooperativa Citt@colori, la Cooperativa Pollicino, la Cooperativa Mastropietro, l’Associazione Nemo, la Croce Rossa Italiana – Comitato di Ivrea, il Collettivo Biloura e la ICO Impresa Sociale Srl.
Tutti insieme hanno scritto all’assessore regionale alle Politiche sociali Maurizio Marrone, chiedendo una cosa semplice ma urgente: basta umiliare le famiglie in difficoltà in nome della burocrazia digitale.

La lettera non è un freddo documento amministrativo, è una denuncia viva, piena di rabbia.
“Il Bonus Vesta, nelle intenzioni, rappresenta un sostegno economico importante per le famiglie con figli tra 0 e 6 anni. Tuttavia la modalità di accesso adottata ha reso evidente come tale misura rischi di produrre effetti opposti rispetto agli obiettivi dichiarati, risultando escludente anziché inclusiva”, scrivono.
Una misura nata per aiutare i più fragili, che nella pratica li ha tagliati fuori.

Maurizio Marrone

Maurizio Marrone, assessore regionale

Il portale si è aperto a mezzanotte e un minuto.
“L’orario di apertura del portale ha impedito qualsiasi forma di supporto istituzionale da parte dei servizi pubblici e privati e ha costretto le famiglie meno autonome digitalmente a rivolgersi a reti informali o a rinunciare del tutto”.
A quell’ora, non c’erano uffici aperti, né numeri da chiamare, né sportelli da contattare. Solo schermi accesi in case silenziose, e genitori soli a combattere con password, SPID e codici da inserire.

Chi aveva una connessione veloce, un computer nuovo e un po’ di dimestichezza con la burocrazia digitale, ha potuto cliccare e vincere.
Gli altri — quelli che vivono con poco, quelli che non hanno internet, quelli che devono chiedere aiuto per compilare un modulo — sono rimasti indietro.
“Il meccanismo del click day ha favorito chi disponeva di connessione veloce, strumenti tecnologici adeguati e competenze digitali, premiando così le famiglie già più attrezzate e lasciando indietro quelle che maggiormente avrebbero bisogno di sostegno”.

Si aggiunge un particolare per niente insignificante: il Bonus Vesta è un rimborso spese.
Bisogna anticipare i soldi e attendere mesi per riaverli.
Un paradosso crudele, che i firmatari raccontano senza giri di parole.
“La natura di rimborso spese del bonus ha ulteriormente penalizzato i nuclei più fragili, che spesso non dispongono delle risorse necessarie per anticipare i costi dei servizi destinati ai bambini”.
E il risultato è sotto gli occhi di tutti:
“La quasi totalità delle domande accolte è stata presentata da famiglie italiane con ISEE medio e medio-alto. Chi è più povero, privo di strumenti digitali o con cittadinanza extra-UE è rimasto sostanzialmente escluso”.

Ma a Ivrea, qualcuno ha tentato di opporsi a questa ingiustizia.
Lo Sportello ELP ha deciso di non arrendersi.
La sera del 19 settembre, la sede è rimasta aperta fino a notte fonda. Dentro, l’aria era densa di attesa e stanchezza. Madri con i bambini addormentati sulle ginocchia, uomini con gli occhi fissi sullo schermo che non si aggiornava mai.
“Con l’aiuto di numerosi volontari e dei loro dispositivi – scrivono – abbiamo invitato gli utenti meno autonomi digitalmente a presentarsi presso la nostra sede alle ore 23.30, in modo da poter affrontare insieme la procedura di richiesta del Bonus Vesta”.
Alle 00.01, il silenzio è stato rotto solo dal ticchettio dei tasti. Poi, il nulla.
“I volontari si sono collegati simultaneamente al portale regionale, venendo però immediatamente inseriti in una coda virtuale di migliaia di persone. Pur avendo cliccato nello stesso istante, alcuni utenti hanno avuto tempi di attesa di oltre 50 minuti, altri di 20. Su circa 20 domande avviate, soltanto 3 sono state effettivamente completate”.

Tre famiglie su venti.
Diciassette rimaste fuori, sconfitte da un sistema che confonde la velocità con il merito e trasforma la solidarietà in una lotteria.
“Questa esperienza concreta dimostra come la modalità del click day non solo sia escludente in linea teorica, ma lo sia di fatto, rendendo vani anche gli sforzi di supporto comunitario e confermando che l’accesso al bonus è determinato più dalla fortuna e dalla velocità della connessione che dai bisogni reali delle famiglie”.

Poi, le richieste: chiare, ragionevoli, impossibili da ignorare.
“Chiediamo che venga abbandonata la modalità del click day per l’assegnazione di contributi sociali”.
E ancora: “Che vengano predisposti sistemi di accesso basati su criteri reali e oggettivi — ISEE, composizione e condizioni del nucleo familiare, urgenze specifiche — in grado di garantire una distribuzione equa ed efficace delle risorse”.
Le associazioni chiedono anche “una comunicazione capillare e inclusiva degli strumenti di sostegno”, perché non basta pubblicare un link sul sito della Regione per dire di aver aiutato qualcuno.
E propongono di “ridefinire la soglia ISEE, concentrando le risorse in particolare sulle famiglie con redditi più bassi, così da garantire che i fondi pubblici vadano effettivamente a chi ha maggior bisogno”.

Nel finale, la voce dei firmatari si fa più sommessa, ma ancora ferma.
“Confidiamo che questa riflessione possa portare a una revisione concreta delle modalità di distribuzione dei contributi sociali futuri, affinché la Regione Piemonte svolga appieno il ruolo di garante di politiche inclusive, stabili e strutturali a sostegno della genitorialità e dell’infanzia”.

Dodici firme, dodici realtà che ogni giorno lavorano con chi resta indietro. Operatori, educatori, volontari che conoscono la fatica, la vergogna silenziosa di chi deve chiedere un aiuto, e la rabbia di sentirsi dire che non è stato abbastanza veloce.
Persone che non chiedono pietà, ma dignità.

Ecco la verità che emerge da questa lettera: la povertà, oggi, non è solo economica. È digitale, burocratica, istituzionale.
E quando il diritto a un aiuto diventa una gara a chi clicca per primo, non si parla più di welfare, ma di selezione naturale con firma digitale.

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