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22 Settembre 2025 - 21:49
La lotta. Non ci resta che la lotta! La lotta contro il rimbambimento collettivo. E fanculo a Putin, a Trump e a Netanyahu.
La lotta. Non ci resta che la lotta ... Perché davanti a Gaza, davanti a una terra ridotta a macerie, davanti a bambini strappati dalle braccia delle madri e sepolti sotto le bombe, davanti a un popolo che ogni giorno viene decimato senza che il mondo muova un dito, non c’è spazio per le mezze misure. Non bastano più le dichiarazioni di circostanza, i comunicati diplomatici, i finti appelli alla pace. Da troppo tempo assistiamo al genocidio di un popolo nel silenzio assordante delle cancellerie occidentali, nell’indifferenza dei governi, nelle parole ipocrite di chi invoca calma ma continua a vendere armi.
E allora sì, la rabbia esplode nelle piazze. Sì, la gente scende in strada, e urla, e protesta. Perché quando non hai più voce, la voce diventa grido. E quando il grido non basta più, diventa lotta. Una lotta che non è solo rabbia cieca, ma è l’ultimo disperato tentativo di dire: guardateci, ascoltateci, non potete continuare a far finta di niente.
Era da un po’ che me lo chiedevo: quando sarebbe arrivata la reazione? Quando qualcuno avrebbe avuto il coraggio di rompere il silenzio, di dire basta, di non accettare più il rimbambimento collettivo che ci vuole passivi davanti a un genocidio in diretta televisiva. Adesso quella reazione è arrivata, e non posso che stare da questa parte. Tutti dovremmo farlo!
Chi oggi condanna, chi si scandalizza per i vetri rotti, chi invoca solidarietà con polizia e carabinieri, dovrebbe ricordarsi che quelle stesse forze dell’ordine sono lo scudo armato di governi che continuano a permettere la strage a Gaza. C’è poco da solidarizzare con chi manganella studenti e operai, con chi difende i palazzi del potere mentre la gente muore sotto le bombe.
Le dichiarazioni di Giorgia Meloni o di altri politici, che pretendono proteste “pacifiche e ordinate”, fanno a pugni con la realtà: come può essere pacifico un mondo che lascia morire i bambini? Come può essere ordinata una piazza mentre a Gaza le case vengono rase al suolo e i corpi straziati vengono estratti dalle macerie?
La lotta è l’unica lingua che resta quando tutte le altre non sono state ascoltate. È la voce della disperazione, della solidarietà vera, quella che non si accontenta di una bandiera sventolata in silenzio. La lotta è il brivido che percorre i corpi di chi non sopporta più l’ingiustizia, è il gesto estremo di chi dice: non resteremo complici.
A Gaza muoiono i bambini. Qui, nelle nostre città, muore la coscienza. E allora chi oggi scende in strada, chi sfida manganelli e lacrimogeni, chi rischia di essere fermato e schedato, non è un criminale: è la voce che si alza contro un genocidio che ci riguarda tutti.
La lotta è dolore, è rabbia, ma è anche speranza. È dire, a gran voce, che non ci arrenderemo all’ingiustizia. È ricordare che la storia non si cambia con i silenzi, ma con i corpi che si mettono in mezzo. E se oggi restiamo fermi, se ci limitiamo a indignarci davanti a uno schermo, domani non avremo più il diritto di dire: noi non sapevamo.
La lotta. Sempre e comunque, fino a quando Gaza non tornerà a vivere. E fanculo a Putin, a Trump e a Netanyahu.
LA VOCE DEL CANAVESE
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