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‘Definisci bambino’: in corteo la gioventù ostinata

Una marea di studenti, famiglie e volti noti invade le città italiane per Gaza

‘Definisci bambino’: in corteo la gioventù ostinata

Non un epilogo, ma un inizio. Così i giovani che oggi hanno riempito le strade di Roma, Milano, Napoli e decine di altre città italiane descrivono la giornata di mobilitazione per la Palestina. È la prosecuzione di un’onda che da due anni, puntuale ogni settimana, porta cortei e sit-in nelle piazze. Ma questa volta, dicono, è diverso: “parte la battaglia delle scuole e delle università”.

Gli slogan sono semplici, diretti, impossibili da ignorare. Al megafono e sui cartelli si ripete una frase: “Nessuno dovrebbe stare in silenzio quando dei bambini stanno morendo”. Un monito che risuona con forza mentre i cortei attraversano i centri urbani. A Roma l’appuntamento è stato davanti a decine di istituti, dalle elementari ai licei, fino alle università. Dalla periferia al centro, un unico obiettivo: fare rumore, bloccare la città. E così è stato.

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Le stime, come sempre, divergono: per le forze dell’ordine i manifestanti sono stati circa 30mila, per gli organizzatori oltre 100mila. Numeri che, al di là della contabilità, hanno paralizzato la Capitale. Dalla stazione Termini alla Tangenziale Est, rimasta chiusa per il passaggio del corteo, fino all’Università La Sapienza, dove un gruppo di studenti ha occupato la facoltà di Lettere “per la Palestina”.

A sfilare non sono stati solo liceali e universitari: in tanti hanno portato con sé i propri bambini, trasformando le vie della città in un mosaico di famiglie, striscioni, bandiere e cori. Qualcuno ha scelto di avvolgersi nella keffiah nonostante il caldo di questo primo giorno d’autunno. Altri hanno alzato cartelli con scritte che sembrano diventare il manifesto generazionale di questa protesta: “La scuola non tace”, “Se la scuola tace educa al silenzio”.

Al centro di tutto, la parola “bambino”. La frase “Definisci bambino” campeggiava su decine di cartelloni. È il riferimento diretto alla polemica esplosa dopo le parole del presidente della Federazione Amici di Israele, Eyal Mizrahi, che a Carta Bianca aveva rivolto quella stessa frase a Enzo Iacchetti durante un acceso confronto televisivo. Parole rimaste scolpite e rilanciate oggi come provocazione e denuncia.

A Roma tra gli studenti c’era anche Michele Rech, meglio conosciuto come Zerocalcare. Con la consueta chiarezza ha spiegato il senso della sua presenza: “Non serve essere esperti per capire che qui siamo fuori da ogni umanità e da qualsiasi diritto internazionale. La gente cerca strumenti per impedire che i diritti di un popolo vengano calpestati, se non lo fanno gli Stati”.

La mobilitazione, sostenuta da Usb e da numerose sigle del mondo studentesco, ha visto anche il sostegno di volti noti della cultura e dello spettacolo. A Milano Ambra Angiolini ha sfilato in corteo, condividendo sui social immagini della giornata. Vasco Rossi, dal canto suo, ha postato un disegno di Antonio Federico: due bambini, uno sulle spalle dell’altro. Il più piccolo chiede: “Noi siamo bambini, fratello?”, e l’altro risponde: “Non lo so”. Sotto, la scritta: “22 settembre. Sciopero per Gaza”.

In migliaia hanno scelto di partecipare fisicamente, altri di aderire simbolicamente attraverso i social. Attori, musicisti, scrittori hanno rilanciato immagini e parole che oggi hanno percorso l’Italia. Tutti insieme a sottolineare un’urgenza: il silenzio non è più possibile.

La giornata si è chiusa con la promessa dei ragazzi: non sarà una fiammata isolata. “Non finisce tutto qui”, hanno ribadito dal palco e nei cortei. La loro è una gioventù ostinata, che non si rassegna né alla guerra né alla logica della violenza. Una generazione che marcia al grido di “Stop genocide” e che, nel mezzo di una città paralizzata, ripete una preghiera semplice e universale: “Restiamo umani”.

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