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Buon 2026 a tutti. Buon 2026 ai nuovi partigiani

Da Gino Strada ai nuovi resistenti: a chi alza la voce per la pace, nei paesi occupati e in quelli che scelgono di non voltarsi dall’altra parte

Da quando chi alza la voce per la pace fa più scandalo della guerra?
È una domanda semplice, disarmante, terribilmente attuale. È una domanda di Gino Strada, uno che non parlava da un salotto televisivo ma dalle corsie degli ospedali, con le mani sporche di sangue e gli occhi pieni di verità.

Viviamo tempi strani, in cui la guerra viene raccontata come inevitabile, necessaria, persino giustificabile, mentre chi chiede pace viene liquidato come ingenuo, fastidioso, fuori tempo massimo. Tempi in cui indignarsi per le bombe sembra eccessivo, ma accettarle in silenzio è diventata la norma. Tempi in cui la parola “pace” viene svuotata, ridotta a slogan, messa tra virgolette, come se fosse un lusso e non un diritto.

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Una speranza c'è. I nuovi partigiani. Quelli che vivono nei territori occupati, sotto il rumore costante delle armi, sotto leggi imposte con la forza, sotto una quotidianità che non concede tregua. Resistono restando. Resistono curando, insegnando, proteggendo i più fragili, scegliendo ogni giorno di non rinunciare alla propria umanità. Non sempre imbracciano un’arma, ma ogni giorno fanno una scelta: non piegarsi.

E poi ci sono altri partigiani, meno visibili ma non meno necessari.
Sono quelli che vivono  lontani dal fronte ma non dalla responsabilità. Quelli che cercano risorse, costruiscono reti di solidarietà, tengono aperti canali di aiuto, si ostinano a raccontare ciò che accade quando tutto invita a voltarsi dall’altra parte. Quelli che sanno che la distanza geografica non assolve dall’indifferenza. Quelli che finiscono anche in prigione liquidati come "terroristi"

Noi no.
Noi stiamo con chi in pace alza la voce per la pace.
Con chi non si rassegna. Con chi disturba. Con chi continua a fare domande scomode quando tutti preferiscono girarsi dall’altra parte. Con chi sceglie di non essere neutrale, perché la neutralità, davanti alla guerra, è solo una forma elegante di resa.

Questo è il nostro augurio per il nuovo anno: non abituarci mai alla guerra, non vergognarci mai della parola pace, non smettere mai di alzare la voce.

Per chi resiste sotto occupazione. Per chi aiuta da lontano. Per chi crede che la pace non sia debolezza, ma l’atto più radicale che esista.

Quest’anno. E tutti gli anni che verranno. Buon 2026 a tutti i lettori de La Voce

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