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11 Giugno 2025 - 12:17
Mercoledì da incubo a Torino: sei chilometri di coda per un cantiere fantasma
Un mercoledì da dimenticare per migliaia di automobilisti torinesi. L’11 giugno 2025 resterà impresso nella memoria di pendolari, lavoratori e studenti come uno dei giorni più critici dell’anno per chi si muove sulla tangenziale di Torino. Una coda di sei chilometri e oltre un’ora e venti minuti di attesa per attraversare il tratto tra San Paolo e Corso Unità, causata — incredibilmente — da un cantiere senza operai.
Tutto è cominciato di prima mattina, quando i tabelloni luminosi, ormai divenuti parte dell’arredo quotidiano, hanno segnalato i consueti “rallentamenti”. Nulla di nuovo, se non fosse che a rallentare il traffico stavolta era un cartello “men at work” abbandonato. Nessuna macchina movimento terra, nessuna recinzione attiva, nemmeno un gilet arancione in vista. Ma il danno era già fatto: la carreggiata stretta, la circolazione ridotta, e l’onda lunga del traffico che ha paralizzato la zona per ore.
Il punto più critico è stato dopo Moncalieri, dove l’immissione dalla statale ha aggravato il congestionamento. In questi casi, una chiusura temporanea dello svincolo avrebbe potuto evitare il collasso. Ma nessuno ha preso l’iniziativa. Il risultato: auto ferme, clacson, nervi tesi e una città strozzata dalla sua stessa infrastruttura.
Ma non è finita qui. Chi è riuscito a superare l’imbuto, si è trovato davanti un secondo incubo: la rotonda Maroncelli, dove un altro cantiere — anche questo apparentemente deserto — riduceva tre corsie a una. Un vero collo di bottiglia. E in contemporanea, sulla sopraelevata di Moncalieri, un maxi incidente ha chiuso temporaneamente una delle direttrici, probabilmente causato proprio dal traffico intenso e ingestibile.
Il problema, come spesso accade, non è solo tecnico, ma organizzativo. Manca una cabina di regia capace di prevedere, gestire e intervenire. Manca una logica che metta al primo posto la fluidità dei flussi, anziché lasciare che siano i cantieri “fantasma” a comandare.
E dire che proprio in questi mesi la società ITP, che gestisce parte del tratto autostradale, ha annunciato una rivoluzione della viabilità: via i caselli, addio alle barriere, tutto gestito con il sistema “free flow” a partire dal 2027. Una promessa di modernità che stride con la realtà di oggi, fatta di ritardi, mancanza di comunicazione e assenza di controlli.
Le domande sono tante: chi verifica davvero la presenza e l’attività dei cantieri? Chi decide quando aprire o chiudere un ingresso in tangenziale? Chi coordina gli interventi in caso di incidente? Domande a cui né il Comune di Torino né la ITP sembrano aver dato risposta, mentre gli automobilisti restano ostaggio di una viabilità senza logica e senza controllo.
La mattina dell’11 giugno ha lasciato migliaia di persone intrappolate in auto, chi in ritardo al lavoro, chi senza benzina, chi costretto a deviare su strade secondarie intasate. Il tutto per un cantiere che nessuno ha mai visto lavorare.
Torino, che si candida a capitale dell’innovazione, rischia di restare fanalino di coda della mobilità urbana, se non affronterà con serietà il nodo della gestione del traffico. E se ogni cantiere temporaneo continuerà a diventare una condanna a tempo indeterminato per chi guida, sarà difficile credere in qualunque promessa di cambiamento. Serve un piano. Servono controlli. Serve, soprattutto, rispetto per chi ogni giorno è costretto a vivere in coda.
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