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“Pago per fare sesso!": la storia di Valeria che rompe un tabù

Valeria sfida le convenzioni sociali pagando per il sesso, cercando autenticità e connessioni reali oltre le parole vuote

“Pago per fare sesso!"

“Pago per fare sesso!": la storia di Valeria che rompe un tabù (foto archivio)

Non sono una malata di sesso. Sono solo stanca degli uomini che parlano tanto e fanno poco.” Con questa frase tagliente e disarmante, Valeria, 48 anni, rompe un tabù che pochi hanno il coraggio anche solo di sfiorare: pagare per fare sesso, con uomini e donne. Non per bisogno, ma per scelta. Non per trasgressione, ma per autenticità.

Tutto comincia sei anni fa, in un pomeriggio qualunque. “Ero andata a farmi un massaggio. Nulla di strano”, racconta. A consigliarle quel centro benessere, nel quartiere Crocetta di Torino, era stata un’amica. Prezzi onesti, ambiente rilassante. Ma qualcosa cambia. Quel momento, apparentemente innocuo, diventa la porta di accesso a una nuova consapevolezza. Da lì in poi, Valeria decide che la sua sessualità non sarà più condizionata da promesse disattese o ruoli imposti.

“Con i clienti si parla poco, ma si sente tutto”, dice. E spiega che ciò che cerca non è un corpo, ma una connessione istantanea, fisica e sincera, lontana dal vuoto delle relazioni tradizionali. La sua non è una battaglia ideologica, né una provocazione. È un atto di libertà, di padronanza del proprio corpo e dei propri desideri. “Pago per non dover fingere. Pago per essere me stessa, anche solo per un’ora”.

Pago per fare sesso

Valeria non vuole compatimento, né vuole essere etichettata come trasgressiva. La sua è una scelta consapevole, lucida, che mette a nudo le contraddizioni di una società che predica libertà sessuale ma continua a giudicare chi la esercita fuori dai canoni. Lei, invece, ha smesso di cercare conferme negli altri. “Ho pagato anche donne. Non per curiosità, ma per sentirmi ascoltata con la pelle, non con le orecchie”.

Dietro la sua storia non c’è un trauma, né una dipendenza. Solo la volontà di vivere il sesso come un diritto e non come una concessione. Eppure, è difficile non cogliere un filo di amarezza nelle sue parole. “Mi sono stancata degli uomini che promettono, illudono, spariscono. Meglio la verità di un incontro pagato che le bugie di una relazione finta.”

La sua testimonianza apre una riflessione più ampia. Che cos’è oggi la sessualità? Quanto conta la sincerità, il rispetto dei limiti, la libertà di scegliere? In un’epoca in cui tutto è fluido, eppure rigidamente normato, storie come quella di Valeria mettono in discussione i confini tra giusto e sbagliato, tra intimità e consumo.

Lei non si nasconde. “Questa sono io. Nessun rimpianto.” E forse è proprio questa radicale trasparenza a turbare, più del contenuto stesso della sua esperienza. Perché Valeria non chiede di essere capita. Chiede solo di non essere giudicata.

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