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31 Ottobre 2025 - 09:35
 
												Antonetto e Guazzora
Solo in Italia si può chiedere un finanziamento per l’Africa e finire col finanziare un viaggio in Africa. È successo a San Mauro Torinese, che con il progetto “Tech Jeunes” si è aggiudicato 15 mila euro dal bando “Piemonte e Africa Sub-sahariana 2024”. Sulla carta, un’iniziativa nobile: creare un’aula informatica nella scuola primaria Liberté 1 di Dakar, per favorire l’inclusione digitale dei giovani senegalesi. Nella realtà, una missione istituzionale per 5 persone, durata una settimana, costata oltre seimila euro. Cioè quasi la metà del contributo regionale. E già qui viene da ridere, o piangere, a seconda dell’umore. Perché se gli studenti senegalesi aspettano i computer, i sanmauresi si sono già procurati i biglietti.
I magnifici cinque sono ufficialmente indicati nella determina comunale: la sindaca Giulia Guazzora, l’assessora alla Pace e alla Cooperazione Daisy Miatton, il funzionario comunale Gesuino Lobino, il presidente dell’associazione Africa Qui Cherif Nama Aidara Ndiaye e il direttore del Coordinamento Comuni per la Pace Edoardo Daneo. Cinque persone, sette giorni, seimila euro. Nessuno di loro è un informatico, ma tutti partono per “verificare l’avvio della collaborazione istituzionale”. E non è un modo di dire: sono partiti oggi, con voli prenotati e missione ufficialmente approvata.
Dove andranno, con chi parleranno, cosa faranno? Mistero. Il programma non esiste. Nessuna agenda, nessuna relazione preparatoria, nessun itinerario pubblico. Solo una grande, generica “missione in Senegal”. A leggere le carte, più che un progetto di cooperazione, sembra un pacchetto vacanze travestito da impegno umanitario.
Il documento parla di “missione istituzionale”, ma nella sostanza è un viaggio premio.
“La delegazione – si legge – sarà composta da cinque persone”. Punto. Non una parola sui risultati attesi, nessuna analisi di impatto, nessun cronoprogramma. Il Comune, intanto, ha già disposto il trasferimento dei fondi all’associazione Africa Qui, individuata come soggetto attuatore del progetto. E la Regione Piemonte ha approvato la spesa. Tutto formalmente corretto, tutto perfettamente timbrato e protocollato. Solo che l’unico effetto tangibile, per ora, è la certezza che qualcuno andrà in Africa con soldi pubblici, a fare qualcosa che nessuno sa bene cosa sia.
La cifra per l’aula informatica, quella vera, è di 3.510 euro. Cinque computer, una stampante, un videoproiettore e una connessione internet per un anno. In pratica, costa meno del viaggio dei benefattori. È la cooperazione 4.0: due euro di solidarietà per ogni euro di vacanza. Il progetto prevede anche una serata di “scambio interculturale” a San Mauro, con concerto di musica subsahariana e corner di street food senegalese e piemontese. Forse per abituarsi ai sapori locali, o forse per rendere più digeribile l’operazione.
A scoprire il tutto sono stati i consiglieri Paola Antonetto e Roberto Pilone, che hanno chiesto accesso agli atti. Il segretario generale, Laura Fasano, ha trasmesso la documentazione: bando, domanda, determine e notifiche. E le carte parlano chiaro: il Comune di San Mauro coordinerà i partner “per aumentare la sensibilità comune rispetto agli obiettivi dello sviluppo sostenibile”. Un linguaggio burocratico che serve solo a rendere accettabile l’inaccettabile.
Il paradosso è che il progetto si chiama “Tech Jeunes”, ma di tecnologico non ha nulla. Non un codice, non un software, non un piano tecnico. Solo voli, parole e un’aula da realizzare. In un Paese dove per far funzionare un computer servono due determine e una missione esplorativa, forse c’era da aspettarselo. E in fondo non è neppure colpa loro: in Italia la cooperazione è sempre stata una buona occasione per fare turismo morale. Si parte per “costruire ponti tra le culture” e si torna con la valigia piena di souvenir.

La consigliera Paola Antonetto, dopo aver letto gli atti e scoperto che la delegazione è partita oggi, affonda il colpo.
«Mi sarei aspettata, come penso tutti i cittadini, che in un progetto di cooperazione da 15 mila euro almeno 10 o 12 mila andassero davvero al Senegal. Non c’è scritto da nessuna parte che dovevano partire in cinque. Dell’Amministrazione poteva andarci una persona sola, e invece ci vanno in tre, portandosi pure il funzionario. Perché? Qual è il suo ruolo? Sa installare i computer? Se io vado in missione istituzionale per sette giorni, avrò un programma, no? Invece mi è stato detto che lo faranno quando saranno in loco. È surreale. Se uno parte senza sapere cosa deve fare, come fa a sapere che gli servono sette giorni e non due o quindici? È una presa in giro...».
Quando si chiede come sia possibile spendere seimila euro per una settimana in Africa e chiamarla cooperazione, qualcuno risponde che “è previsto dal bando”. E infatti, nel modulo c’è scritto così. Come se bastasse una riga per trasformare un viaggio istituzionale in un gesto di solidarietà. Ma alla fine resta la sensazione che, se davvero si voleva aiutare i ragazzi di Dakar, bastava comprare i computer e spedirli. Invece a San Mauro hanno deciso di andarli a consegnare di persona. Cinque persone, sette giorni, seimila euro. Chiamatela missione, chiamatela cooperazione, chiamatela come volete. Ma a voler essere sinceri, si chiama semplicemente vacanza.
Eccoli, sono partiti. Cinque amministratori di San Mauro Torinese, direzione Dakar, biglietti pagati con i soldi pubblici e missione nobile in tasca: “aiutare i giovani senegalesi a entrare nell’era digitale”. C’è la sindaca Giulia Guazzora, l’assessora Daisy Miatton, il funzionario Gesuino Lobino, il presidente di Africa Qui e il direttore del Cocopa. Una bella compagnia, cinque posti prenotati, una settimana di “cooperazione internazionale” da seimila euro. E sì, se lo stanno chiedendo anche a San Mauro: ma non costava meno una mail?
Perché qui non è questione di buone intenzioni. È questione di misura, di decenza, di senso delle proporzioni. Si parte per “aiutare” ma si spende quasi metà dei soldi per andare. Si parla di “sviluppo sostenibile” e si finanziano voli e alberghi. È la cooperazione alla piemontese: un po’ spritz, un po’ protocollo d’intesa. Per costruire un’aula informatica servono tremila euro, per arrivarci seimila. E poi ci si chiede perché il mondo non funzioni.
Il bello è che, a oggi, nessuno sa cosa faranno una volta laggiù. Non c’è un programma, non ci sono incontri fissati, non c’è un’agenda. C’è solo la missione. Che parola magnifica, “missione”: sa di vocazione, di sacrificio, di orizzonti lontani. Peccato che, qui, la meta sia l’hotel. L’Italia è il Paese dove basta aggiungere la parola “istituzionale” a qualunque cosa per farla sembrare utile. Una vacanza istituzionale. Un rimborso istituzionale. Una figuraccia istituzionale.
Ma non è colpa loro. È lo spirito del tempo: la cooperazione come turismo morale, la solidarietà come storytelling, la politica come set fotografico. Andare in Africa fa curriculum, aiuta a sentirsi migliori. Anche se, a ben vedere, il solo continente che interessa davvero è quello del proprio ego. Torneranno tra sette giorni con qualche foto sorridente, magari davanti ai bambini, e diranno che è stata un’esperienza straordinaria. E forse lo sarà, per loro. Per il resto, l’unica cosa che resterà di questo viaggio sarà la ricevuta del volo.
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