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22 Maggio 2025 - 16:54
Due mamme, un solo amore. La Corte Costituzionale dà ragione alle due mamme di Ivrea
Era ora. Era ora che lo Stato italiano smettesse di chiudere gli occhi davanti all’evidenza. Era ora che qualcuno – e quel qualcuno è la Corte Costituzionale – dicesse forte e chiaro: un figlio nato da due donne è figlio di entrambe. Punto.
Non è più tempo di far finta che non esistano. Non è più tempo di bambini che hanno due madri che li crescono, li nutrono, li portano a scuola, li consolano quando piangono, ma che per lo Stato hanno una sola madre. L’altra? Invisibile. Un fantasma. Una che non può firmare nemmeno una giustificazione se il figlio ha la febbre. Una madre che ama, ma che non esiste.
Adesso basta. La Consulta, con la sentenza numero 68, ha stabilito che negare il riconoscimento del figlio alla seconda madre – quella che non ha partorito ma che ha scelto e cresciuto quel bambino – è incostituzionale. Tradotto: è ingiusto. È contro la nostra Costituzione. È contro i diritti umani. Ed è soprattutto contro i bambini.
Da oggi, tutte le coppie di donne che hanno avuto un figlio all’estero grazie alla fecondazione assistita potranno registrarlo all’anagrafe con entrambi i nomi delle madri. Non solo della madre che lo ha partorito. Perché ogni bambino ha diritto a essere figlio di chi lo ha voluto e amato, non solo di chi lo ha messo al mondo.
Finora era una giungla. In alcune città si poteva registrare il figlio di due madri. In altre no. Dipendeva dal sindaco, dal funzionario, dall’orientamento politico. Una roulette russa. E intanto i bambini crescevano con un genitore “ufficiale” e uno no. Ma se una madre muore? Se la coppia si separa? Se c’è un’emergenza? Chi protegge quel bambino?
La Consulta ha detto chiaramente che tutto questo non è solo sbagliato: è una violenza contro il bambino. Ogni bambino ha il diritto di essere mantenuto, educato, istruito e assistito moralmente dai genitori, nel rispetto delle sue capacità, delle sue inclinazioni naturali e delle sue aspirazioni. E anche di mantenere un rapporto equilibrato e continuativo con ciascuno dei genitori.
La Corte ha spiegato che quando due persone decidono insieme di avere un figlio, entrambe devono essere riconosciute come genitori. Perché fare un figlio non è solo una questione di pancia. È una questione di amore, di responsabilità, di scelte condivise.
Una sentenza storica che cambia la vita di tutte le donne che vogliono un figlio con la loro compagna, senza passare per l’umiliazione dell’adozione. Perché sì, fino ad oggi, una madre doveva addirittura adottare il proprio figlio per essere riconosciuta. Una cosa che fa male solo a dirla.
E oggi, per fortuna, tutte le impugnazioni che hanno intasato i tribunali, tutte le circolari del Ministero dell’Internoche mettevano il bastone tra le ruote ai comuni che volevano riconoscere questi bambini, ora cadono. Finiscono. Perché lo ha detto la Corte più importante del Paese. E quando lo dice la Consulta, non c’è sindaco, prefetto o funzionario che tenga.
Certo, non è tutto risolto. Sempre oggi, la Corte ha deciso che per ora le donne single non possono accedere alla fecondazione assistita. Ha detto che non è irragionevole il divieto. Perché, secondo la Corte, serve la figura del padre per tutelare il futuro del bambino. Una scelta che lascia l’amaro in bocca. Ma oggi no. Oggi è il giorno di una vittoria. Una vittoria che cambia la vita di tanti bambini, di tante famiglie, di tante donne che non dovranno più passare per umiliazioni, giudizi, trafile burocratiche per essere riconosciute madri dei loro figli.
E non è questione di ideologia, di politica, di destra o sinistra. È una questione di giustizia, di buon senso, di amore.
Un bambino con due mamme è un bambino con il doppio dell’amore. Lo Stato finalmente se n’è accorto.
In Tv la storia di Glenda e Isabella, due mamme di Lucca. Sono sposate. Hanno due figli. Il primo, nato prima della famosa circolare del Ministero dell’Interno, è stato registrato come figlio di entrambe. Il secondo, nato dopo, no. Uno figlio sì, uno figlio no? Ma che senso ha? Nessuno.
“Abbiamo avuto dei timori”, racconta Isabella, “da un punto di vista sanitario perché io sono la madre intenzionale e se ci sono solo io con il piccolo non vengo riconosciuta dal personale sanitario; a livello successorio nel caso in cui venisse a mancare la madre biologica, ma anche nel caso in cui la coppia dovesse decidere di separarsi. Anche banalmente prendere mio figlio a scuola avrebbe potuto rappresentare un problema”. Hanno lottato, hanno pianto, si sono arrabbiate, hanno chiamato un avvocato – Vincenzo Miri, della Rete Lenford – e sono arrivate fino in cima, alla Consulta. E oggi finalmente festeggiano.
“Lo abbracceremo ancora più forte”, dice Glenda, “anche se è piccolo e non può capire. Glielo racconteremo quando sarà grande. Per noi non è cambiato nulla, ma adesso nostro figlio è finalmente tutelato a tutti gli effetti”. Perché adesso anche lo Stato sa che è suo figlio. E non solo del cuore. Anche della legge.
Ma c’è un’altra storia da raccontare, e arriva da Ivrea.
“Loro” sono Mariaines Townsend, titolare della libreria Azami di via Arduino, e Benedetta Mazzuchetti Magnani, che nel 2024 ha dato alla luce Camilla attraverso la fecondazione assistita.
A giugno di quell’anno, il Comune di Ivrea aveva negato la trascrizione dell'atto di riconoscimento; il 27 agosto gliel’aveva poi concessa, alla presenza del sindaco Matteo Chiantore e dell'assessora Gabriella Colosso. Un lieto fine per una storia che aveva commosso un'intera città.
Una coppia omogenitoriale di donne che ha fatto ricorso a tecniche di procreazione medicalmente assistita all'estero.
Per la cronaca, il Comune aveva negato il riconoscimento da parte della madre intenzionale della figlia già dichiarata dalla madre gestante, motivando la decisione nel rispetto della legge che escludeva la possibilità che una persona sia riconosciuta contemporaneamente come figlio di due genitori dello stesso sesso.
Mai più si sarebbero aspettate che, nel condividere la propria frustrazione proprio il giorno in cui la figlia aveva compiuto due mesi, avrebbero sollevato un ampio dibattito pubblico. Così ampio da materializzarsi qualche settimana dopo, in Consiglio Comunale, in una mozione per il riconoscimento dei diritti delle famiglie omogenitoriali.
Nel documento, presentato dalla consigliera comunale Fiorella Pacetti (prima firmataria), insieme ad altri consiglieri comunali (Vanessa Vidano di Viviamo Ivrea, Erna Restivo e Andrea Gaudino di Laboratorio Civico, Barbara Manucci del PD), a cui si è poi aggiunto Massimiliano De Stefano (Azione/Italia Viva), si sottolineava la necessità di colmare il vuoto legislativo con un appello accorato al rispetto dei diritti fondamentali dei bambini nati da coppie dello stesso sesso e un richiamo all’articolo 2 della Costituzione Italiana, a tutela dei diritti inviolabili dell’uomo, sia come singolo sia nelle formazioni sociali. Si aggiungevano i principi della Convenzione ONU sui Diritti dell’Infanzia del 1989, che garantiscono la non discriminazione e la salvaguardia dei minori.
Pacetti chiedeva una normativa sul riconoscimento anagrafico dei figli delle coppie omogenitoriali, il matrimonio egualitario con accesso alle adozioni e la possibilità per le coppie omogenitoriali di accedere alla Procreazione Medicalmente Assistita (PMA) senza dover andare all’estero. Infine, e non da ultimo, il riconoscimento del genitore intenzionale al momento della dichiarazione di nascita.
La mozione impegnava il sindaco e la giunta comunale a esplorare tutte le strade politicamente percorribili per fornire risposte adeguate alle famiglie che ne avessero fatto richiesta, chiedendo all’ANCI di farsi portavoce a livello nazionale affinché si legiferi per riconoscere i diritti delle famiglie omogenitoriali, e sollecitando il Parlamento a discutere le proposte di legge già depositate sulle registrazioni anagrafiche delle famiglie omogenitoriali, modificando la normativa per eliminare le discriminazioni esistenti.
“Stamattina mi è arrivato un messaggio da Sara Moiso con scritto ‘Abbiamo vinto!’” – scrive oggi Mariaines Townsend su Facebook – “Che vincere presuppone sempre che qualcuno o qualcosa perda. E oggi a perdere sono state le discriminazioni; sono stati i diritti negati; è stato il bigottismo; è stata la non evoluzione; è stata l’ingiustizia; è stata la diseguaglianza; è stato il retrogradismo; è stata l’ignoranza. Oggi, grazie alla Corte Costituzionale (e NON alla classe politica dirigente), ha vinto l’amore, hanno vinto le famiglie, ha vinto la parità di diritti, l’uguaglianza, l’evoluzione, la giustizia. ‘Perché impedire a una delle due mamme di riconoscere suo figlio alla nascita viola l'articolo 2 della Costituzione e lede l'nteresse primario del minore...’ E io sono così maledettamente felice, orgogliosa e grata. Orgogliosa della resilienza che abbiamo dimostrato. Orgogliosa perché se una cosa è ingiusta bisogna combattere per cambiarla, e ognuna di noi ha combattuto. Orgogliosa perché i ‘NO’ ricevuti non ci hanno fermate. Grata alla Corte Costituzionale. Grata a @sara_moiso @avvocata_sara_moiso, avvocata e amica, per averci accompagnato in questo percorso. Per averci creduto sempre con noi. Per averci consolate, guidate, spronate. GRAZIE. Grata anche a Ivrea @cittadivrea perché ha saputo fare la cosa giusta prima che la cosa giusta fosse legalmente valida e riconosciuta. Oggi è una splendida giornata. Abbracciamoci tutti e tutte! Alziamo le mani al cielo e urliamolo: abbiamo vinto!".
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