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Il Canavesano

La cultura sotto assedio: tra mass media e globalizzazione, cosa resta dell'identità?

La massificazione culturale avanza, spinta da una globalizzazione che riduce l'uomo a un numero e appiattisce le identità. Politica e informazione sono ormai ostaggi del pensiero unico

La cultura sotto assedio: tra mass media e globalizzazione, cosa resta dell'identità?

Ormai la società, la nostra non fa eccezione, è dominata dai mezzi di comunicazione: televisioni, radio, stampa e internet, che, se è vero che hanno consentito di accorciare sempre più le distanze fra i popoli, hanno però investito la sfera privata delle persone, cambiando il loro sapere, le loro abitudini e il loro modo di pensare. Ciò a cui si assiste, e a cui non avrei voluto assistere, è la massificazione culturale.

La gente, bombardata da notizie e da opinioni preconfezionate, via via sta perdendo la capacità di porsi criticamente nei confronti degli eventi, mentre il pensiero e il linguaggio dei più è ormai quello imposto, attraverso i grandi media, dalla politica del “politicamente corretto”. Le identità degli individui, e quindi dei popoli, vengono appiattite su modelli prestabiliti attraverso la diffusione di una pseudocultura di massa e questo, sia chiaro, non perché i media diffondano necessariamente falsità, ma perché, rispondendo alle esigenze dei loro padroni, inducono a stili di vita e falsi bisogni, che vengono presentati come indispensabili anche a quei popoli che mancano dei primari beni di sostentamento.

Per non rischiare di perdere la memoria del passato, che dovrebbe essere insita in ognuno di noi, quindi, è opportuno che ogni civiltà, ogni comunità, ma anche ogni singola persona, torni ad essere consapevole dei propri costumi, della propria storia e della propria identità. Io, costantemente controcorrente, ho sempre creduto che si dovesse rigettare la “globalizzazione culturale”, la stessa che poi è alla base di quella “globalizzazione economica” che tanti danni sta causando nel mondo e nella nostra Italia.

La globalizzazione, buoni o cattivi che siano i suoi effetti, spazza via i governi non allineati al pensiero unico, riduce l’uomo a un numero, vive di fredde statistiche che non tengono conto dei bisogni dell’anima e riduce tutto a una sola questione di costi. Gli unici soggetti a trarne profitto sono le grandi banche d’affari e le grandi multinazionali, che hanno quasi totalmente monopolizzato l’industria pesante, l’estrazione mineraria dalla terra e dai mari, l’industria del cibo, del farmaco e delle armi; in definitiva, possono decretare fortune o sfortune di interi popoli e di interi stati.

Io credo che il tema “Cultura e Informazione” sia di grande importanza e che non possa essere relegato negli scantinati della politica, che invece ancora oggi preferisce mostrare l’apprezzamento popolare riempiendo piazze e locali di iscritti e militanti, a cui far recitare, davanti ai media, il ruolo del pubblico plaudente.

Io credo che gli italiani debbano essere correttamente informati, credo debbano conoscere il motivo per cui più tasse si pagano, più l’Italia allunga il passo verso il fallimento. Preciso: se stessimo parlando di una qualsiasi azienda, l’Italia avrebbe dovuto portare i libri contabili in tribunale già trent’anni fa, quando, a privatizzazioni avviate e in molti casi concluse, si mostrava per ciò che di fatto poi sarebbe diventata: un “soggetto giuridico non più solvibile”.

Invece no, forse sullo stile americano, volendo far credere al popolo che tutti ce la possono fare, negli anni la politica nostrana ha abbandonato il più colto “teatrino” di andreottiana memoria per trasformarsi nel più trash dei reality. È così che abbiamo cominciato a riempire le nostre aule parlamentari e i nostri scranni ministeriali di strani individui, palesemente non all’altezza del ruolo.

Abbiamo avuto ministri degli esteri che, al di fuori del proprio dialetto, sapevano poco di lingua italiana e null’altro; abbiamo avuto ministri della cultura capaci di stravolgere in un attimo storia e geografia; abbiamo avuto ministri dell’economia e delle finanze a dir poco sconcertanti; abbiamo avuto ministri del lavoro, della sanità, della difesa e degli interni addirittura pericolosi. Per non parlare della massa: parlamentari e senatori incapaci di datare periodi storici, la scoperta dell’America, la guerra in Vietnam, addirittura le prime elezioni nell’Italia del dopoguerra. Insomma, un disastro!

Nei fatti, la tanto decantata seconda, forse terza o quarta Repubblica, ha saputo prendere il peggio dalla prima ed a questa ha saputo aggiungere quanto di peggio potesse essere aggiunto. Abbiamo così un sistema dove non è più distinguibile una destra da una sinistra, dove il centro è, come per incanto, sparito e dove la bandiera federalista è stata ammainata in favore del più bieco e ottuso centralismo. In compenso abbiamo una politica arrogante, piagnona, succube dell’Europa e della N.A.T.O., fatta di slogan, promesse, striscioni, cortei e sempre più strane variabili indipendenti.

Tutto questo, pensate, nonostante dal dopo “tangentopoli” l’Italia abbia sempre avuto, questo compreso, governi che si presentassero come “governi di svolta”.

scommiette

Così, di svolta in svolta, da brave scimmiette plaudenti, gli italiani si sono visti scaricare addosso gli immensi debiti di Alitalia; hanno visto dilapidare risorse nazionali in asili nido in comuni col più basso indice di natalità di tutta Europa; hanno visto finanziare la costruzione di ponti e viadotti crollati, sotto l’occhio vigile delle telecamere, pochi giorni dopo o addirittura prima dell’inaugurazione; hanno visto allungare l’età pensionabile sino all’anticamera dell’altro mondo; hanno visto costruire, ancora fra mazzette e tangenti, il Mose a Venezia; hanno visto, addirittura nel periodo della “pandemia” da “covid19”, inaugurare ospedali che ancora aspettano di essere aperti; hanno visto sperperare miliardi in redditi e pensioni (perché ci sono state anche quelle) di cittadinanza; hanno visto acquistare centinaia di milioni di dosi di vaccino anti covid, quasi si volesse imporre la vaccinazione, esauriti gli esseri umani, anche a gatti e topi; hanno visto investire centinaia di milioni nell’acquisto di banchi a rotelle per la scuola e poi nella loro macerazione; hanno visto destinare fiumi di denaro pubblico e armi all’Ucraina. E in mezzo a tutto questo, ed a molto altro ancora, hanno visto strani personaggi, figli, più o meno legittimi, di questa Italia, sempre meno informata e sempre meno acculturata, ergersi a salvatori della Patria.

Insomma, mai come oggi c'è stata tanta possibilità di scelta. Si può anche non fermarsi alla “cultura e all’informazione” di Stato, sempre più simile a quella di un regime totalitario; si può anche scegliere, seppur l’informazione libera sia costretta a passare, ogni giorno ulteriormente, fra maglie sempre più strette, fra una grandissima varietà di scrittori e di libri, di siti internet e blog e di giornali che rifiutano orgogliosamente il pensiero unico e la censura strisciante, che ormai sta calando inesorabilmente su tanti, troppi argomenti che, invece, andrebbero indagati, analizzati, raccontati e spiegati agli italiani.

Alla luce di tutto ciò direi, certo che la maggior parte degli italiani la penseranno diversamente o che preferiranno non essere disturbati, che sarebbe il caso di prestare più attenzione a quello che la politica fa per noi, perché sino ad oggi i soldi li abbiamo sempre anticipati in cambio di promesse mai mantenute, del “sarà fatto” o del “non c’è da preoccuparsi”.

In parole povere, abbiamo sempre pagato la “fattura” in anticipo in cambio di superficialità, pressappochismo e soprattutto di lavori mai eseguiti o eseguiti malissimo. Io credo, invece, che si debba pagare solo alla consegna del lavoro e solo se ben eseguito. E soprattutto credo, anche se nei fatti abbondantemente sconfessato dalle più alte cariche ecclesiastiche, che non si possa sostituire la fede in Dio con quella nella scienza, così come credo sia stato folle e assolutamente pericoloso farsi trascinare in una guerra che non ci appartiene e che rischia, invece, di appartenerci, eccome!

Io credo che non ci si debba mai stancare di leggere, soprattutto di leggere cosa scrivono quelli che la pensano diversamente da noi, quelli che hanno orientamenti politici e radici culturali diverse dalle nostre, perché credo sia l’unico modo per vedere davvero ed analizzare correttamente ciò che ci capita intorno, mentre viviamo, o crediamo di vivere.

La cultura non deve avere simboli di partito e l’informazione deve essere libera, così come un’opera d’arte; poi sarà il lettore a scegliere. D’altronde, invito tutti a frequentare musei ed esposizioni d’arte: i visitatori scelgono davanti a quale dipinto o scultura soffermarsi maggiormente per contemplarne la bellezza, le pennellate, l’esecuzione, e lo stesso deve essere per “Cultura e Informazione”: devono essere libere da ogni tipo di censura. Solo così ci si può migliorare. Ma la politica, questa politica, vuole un uomo migliore?

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