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21 Ottobre 2025 - 21:35
Un nuovo episodio di violenza scuote la Cisgiordania, nel pieno della stagione della raccolta delle olive, simbolo di vita e resistenza per la popolazione palestinese. A Turmus Ayya, villaggio a nord di Ramallah, un gruppo di coloni israeliani incappucciati ha aggredito brutalmente alcuni contadini palestinesi, colpendoli con bastoni e pietre mentre erano nei campi. Tra le vittime anche una donna anziana, filmata mentre tenta di fuggire prima di essere raggiunta e colpita più volte.
Le immagini, diffuse dal giornalista americano Jasper Nathaniel, mostrano l’intera scena: l’attacco improvviso, il panico tra i lavoratori e lo stesso reporter che cerca di frapporsi tra gli aggressori e i contadini per fermare la violenza. Il video, girato il 19 ottobre, è stato pubblicato su X e ha rapidamente fatto il giro del mondo, suscitando indignazione internazionale e richieste di intervento per proteggere i civili palestinesi nelle aree rurali.
Nathaniel, che si trovava sul posto per documentare la raccolta, ha denunciato pubblicamente che l’esercito israeliano sarebbe stato presente poco prima dell’attacco, accusandolo di aver “attirato i contadini in una trappola” e di essersi allontanato poco prima che i coloni armati entrassero in azione. Le sue parole hanno riacceso il dibattito sulla connivenza delle forze di sicurezza israeliane con le violenze dei coloni, ormai diventate una costante durante la stagione agricola.
La raccolta delle olive, un tempo momento di convivialità e identità collettiva, è oggi un tempo di paura. I contadini palestinesi lavorano di fretta, sorvegliati, consapevoli che da un momento all’altro potrebbero essere attaccati. Negli ultimi anni, secondo le organizzazioni per i diritti umani, centinaia di uliveti sono stati incendiati o distrutti, con danni economici enormi per le comunità rurali della Cisgiordania.
Il video di Nathaniel mostra, nel modo più crudo possibile, la quotidianità della violenza che accompagna questa stagione. Un anziano, una donna, giovani con le mani sporche di terra, trasformati in bersagli per chi vuole spingerli via dalle proprie terre. Un gesto che, nel silenzio dei campi, diventa simbolo di una guerra lenta e senza testimoni, dove anche un albero d’ulivo può essere un atto di resistenza.
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