AGGIORNAMENTI
Cerca
Cronaca
24 Settembre 2025 - 17:39
A Settimo Torinese lavoratori disperati. Operazione “Epicentro”: stipendi fermi e schede carburante ritirate...
Il grido disperato di "aiuto" arriva dai magazzini di Settimo Torinese e Grugliasco. E' dei lavoratori di Euroservice. Da luglio non ricevono uno stipendio. Non si tratta di un semplice ritardo, ma dell’effetto diretto dell’operazione “Epicentro”, l’inchiesta della Guardia di Finanza di Torino che ha colpito al cuore il sistema della logistica piemontese. A denunciarlo sono Filt Cgil Nazionale, Cgil Torino e Cgil Piemonte, che in una nota hanno parlato di una situazione ormai insostenibile: “La condizione di incertezza, che si manifesta con l’impossibilità di svolgere le mansioni lavorative, riguarda tutte le lavoratrici e i lavoratori del settore coinvolti dall’operazione in Piemonte. Sarebbe inaccettabile, oltre che illecito contrattualmente, che il servizio venisse riaffidato a società terze senza che il personale ad oggi impiegato segua l’appalto. Uniti possiamo cambiare le cose”.
L’operazione “Epicentro” è scattata il 10 settembre 2025, portando al sequestro preventivo di beni, conti e quote societarie per oltre 26,5 milioni di euro. A finire sotto indagine ci sono trentotto persone, accusate a vario titolo di associazione per delinquere, dichiarazione fraudolenta mediante uso di fatture false, intermediazione illecita di manodopera, omesso versamento di imposte e frodi fiscali.
Il provvedimento porta la firma del gip Lucia Minutella, che nelle carte parla di un meccanismo illecito “reiterato e collaudato”, tanto radicato che il rischio di reiterazione è “non solo probabile, ma certo”. A coordinare l’indagine ci sono il procuratore Giovanni Bombardieri e il pm Giulia Marchetti, mentre a condurre le operazioni è il Nucleo di polizia economico-finanziaria della Guardia di Finanza di Torino.
Secondo gli investigatori, il sistema si basava su una catena di società con ruoli ben precisi. In basso, le società “serbatoio”, scatole vuote create per accumulare debiti fiscali e contributivi e sparire senza lasciare traccia. A metà, le società “filtro”, che rifatturavano i servizi ripulendo le operazioni. In cima, i committenti finali, che usufruivano di manodopera a basso costo senza doversi sporcare le mani. Un sistema che tra il 2018 e il 2023 avrebbe generato un volume di fatture false superiore ai cento milioni di euro, producendo profitti illeciti per 26 milioni e coinvolgendo in media oltre duemila lavoratori.
Al centro di questa trama c’è un nome: Postalcoop. Con sede legale a Ciriè, la società era nata nel 1986 come cooperativa e si presentava come un modello di affidabilità. Fino a pochi giorni fa, sul sito ufficiale si descriveva come un’impresa solida, con quasi quarant’anni di esperienza, capace di gestire outsourcing, servizi postali, logistica e facility. Le pagine parlavano di investimenti nella formazione del personale, di attenzione ai clienti, di standard qualitativi elevati. Si vantava di una rete di servizi che spaziava dal recapito di posta ordinaria e raccomandata alla distribuzione last mile, dalla manutenzione di impianti sportivi alla gestione di aree verdi, dalle pulizie tecniche alla logistica integrata, con anche un magazzino a Verolengo. Non mancavano persino riferimenti al settore della ristorazione, dove Postalcoop aveva iniziato a investire. Una realtà che, sulla carta, sembrava cresciuta passo dopo passo fino a diventare un interlocutore affidabile per privati, aziende e pubbliche amministrazioni.
Dietro quella facciata, la procura di Torino racconta però un’altra storia. Nelle carte compare Daniele Goglio, 58 anni, originario di Settimo Torinese, descritto dai dipendenti come “il capo di tutto”. Non era solo l’amministratore di fatto di Postalcoop, ma anche di una costellazione di società oggi finite nel mirino: Post Al Copp Global Service, Team Service, Consulting Prime System, Conficere Costruzioni, Global Service, Euroservice, Sir4. Dal 2016, anno in cui Postalcoop si è trasformata da cooperativa a srl, il reticolo sarebbe stato utilizzato per consolidare il meccanismo illecito: le società serbatoio emettevano fatture false a favore della società filtro Postalcoop, che a sua volta forniva manodopera sottocosto ai committenti. Così i contributi previdenziali restavano a carico delle scatole vuote che non li versavano, Postalcoop maturava crediti IVA e riduceva gli utili, e i committenti beneficiavano di tariffe ribassate.
Il mosaico diventa ancora più inquietante quando emergono i rapporti con grandi nomi della logistica. Nelle carte si leggono riferimenti a contratti con SDA, GLS e persino a società riconducibili ad Amazon. Secondo i magistrati, alcune fatture avrebbero consentito ad Amazon Italia Transport di evadere l’IVA tra il 2019 e il 2022. Amazon ha smentito ogni coinvolgimento, ma i documenti sequestrati sembrano indicare un legame che avrebbe contribuito alla crescita vertiginosa di Postalcoop negli ultimi anni.
La rete non si fermava alla logistica. L’inchiesta ha travolto anche partecipazioni societarie in locali storici e ristoranti torinesi. Sono finiti sotto amministrazione giudiziaria il Caffè Norman tra via Pietro Micca e piazza Solferino, due Suki Sushi in via Rodi e via Amendola, il Wallpaper in piazza Gran Madre, il Lagrange in via Lagrange, il Sushi del Manzo tra via Roma e via XX Settembre, oltre al Parkamion di Settimo Torinese e a un bar in via Po. In molti casi i sequestri non hanno colpito direttamente i locali, ma le quote societarie riconducibili a Postalcoop. Il tribunale ha disposto che le attività restino aperte, congelando i beni ma salvaguardando i posti di lavoro.
Il nome di Goglio non è nuovo alle cronache. Già nell’inchiesta “Carminius” della Dda di Torino era emerso in relazione ai rapporti con Antonino Defina, boss della ’ndrina di Sant’Onofrio trapiantata in Piemonte e condannato in via definitiva per mafia. All’epoca, le indagini bancarie avevano registrato movimenti sospetti a favore di Goglio per oltre 60 mila euro, sproporzionati rispetto ai suoi incarichi ufficiali. Più recentemente, Goglio era stato amministratore di fatto della cooperativa Marmodiv, legata a Tiziano Renzi e Laura Bovoli, i genitori dell’ex premier Matteo Renzi. In quel procedimento era accusato di aver contribuito al dissesto con l’iscrizione a bilancio di crediti inesistenti per oltre 370 mila euro. In un’intercettazione, affermava: “quel buco non me lo accollo”, riferendosi a un passivo di circa 300 mila euro. Per lui il pm aveva chiesto tre anni e mezzo di reclusione, mentre per Tiziano Renzi la richiesta era di cinque anni e per Laura Bovoli di quattro anni e otto mesi.
Di fronte a questo scenario, la voce dei sindacati si fa ancora più forte. La Filt Cgil ricorda che le denunce sulla logistica non sono una novità: da anni si parla di un settore permeato da illegalità diffusa, con appalti e subappalti gestiti al ribasso, con cooperative usa e getta create per abbattere i costi e scaricare le conseguenze sui lavoratori. Oggi però i numeri parlano chiaro: oltre duemila dipendenti coinvolti, stipendi bloccati, schede carburante ritirate, famiglie senza certezze.
Il terremoto giudiziario, intanto, non ferma le attività dei locali sequestrati ma mette in luce la fragilità di un modello economico che per anni si è retto su contratti opachi. Lo Stato e i lavoratori hanno pagato il prezzo di un sistema che ha favorito grandi committenti e società senza scrupoli. Ora la giustizia penale cercherà di stabilire le responsabilità, ma sul piano sociale resta aperta la questione più urgente: chi garantirà continuità occupazionale e stipendi a chi oggi vive nell’incertezza?
La logistica piemontese, già da tempo terreno fertile di sfruttamento, oggi appare come un castello di carte crollato al primo scossone. Filt Cgil Nazionale, Cgil Torino e Cgil Piemonte lo hanno detto chiaramente: non si può permettere che il vuoto lasciato da Postalcoop e dalle sue controllate venga riempito da nuove società pronte a replicare lo stesso schema. Servono tutele immediate e la certezza che i lavoratori seguano gli appalti.
Il messaggio conclusivo è un appello alla mobilitazione e alla responsabilità collettiva: “Uniti possiamo cambiare le cose”.
Edicola digitale
I più letti
LA VOCE DEL CANAVESE
Reg. Tribunale di Torino n. 57 del 22/05/2007. Direttore responsabile: Liborio La Mattina. Proprietà LA VOCE SOCIETA’ COOPERATIVA. P.IVA 09594480015. Redazione: via Torino, 47 – 10034 – Chivasso (To). Tel. 0115367550 Cell. 3474431187
La società percepisce i contributi di cui al decreto legislativo 15 maggio 2017, n. 70 e della Legge Regione Piemonte n. 18 del 25/06/2008. Indicazione resa ai sensi della lettera f) del comma 2 dell’articolo 5 del medesimo decreto legislativo
Testi e foto qui pubblicati sono proprietà de LA VOCE DEL CANAVESE tutti i diritti sono riservati. L’utilizzo dei testi e delle foto on line è, senza autorizzazione scritta, vietato (legge 633/1941).
LA VOCE DEL CANAVESE ha aderito tramite la File (Federazione Italiana Liberi Editori) allo IAP – Istituto dell’Autodisciplina Pubblicitaria, accettando il Codice di Autodisciplina della Comunicazione Commerciale.