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Il Canavesano
27 Agosto 2024 - 16:46
Canavese
Il Canavese, oggi più che mai, per molteplici motivi, fra i quali una ingiustificata divisione interna, probabilmente e purtroppo amplificata ad arte dalla sempre valida politica del “dividi et impera”, pare aver smarrito la propria identità e, quel che è peggio, sembra non volerla nemmeno più ritrovare. L’informazione globale e globalizzata, dalla quale noi orgogliosamente ci sfiliamo, la politica del “tanto meglio e del tanto peggio”, specialista nel correre sempre in aiuto dei ricchi e dei potenti e sempre ossequiosa dei diktat provenienti da Bruxelles o Washington in merito, hanno senz’altro colpe pesanti, non fosse altro perché hanno fatto di tutto per arrivare a demonizzare la parola Identità.
Ciò nonostante, noi non ci arrendiamo. Crediamo, alla luce del disastro economico, politico e sociale che un po’ alla volta non sta risparmiando nessuno, che sia necessaria la ricerca di un’identità forte, capace di ridare smalto alla politica e all’economia del Canavese.
Un’identità che non vediamo rappresentata da immagini perdute nel tempo, cariche di memorie e nostalgie, ma dalla realtà che ci coinvolge, di cui facciamo parte e che si è costituita attraverso i flussi migratori, che hanno visto stabilirsi in Canavese genti provenienti da ogni parte d’Italia e dall’estero.
La prima grande ondata migratoria risale agli inizi degli anni ‘50, proveniente dal Polesine a seguito della disastrosa alluvione che fece rompere gli argini al Po, coinvolgendo le terre al di sopra e al di sotto di Occhiobello.
Poi ci fu quella del “boom economico”, quando l’immigrazione giunse quasi totalmente dal Sud Italia, e infine quella degli ultimi anni, con il Canavese ancora e sempre meta di importanti flussi migratori che, inevitabilmente, comportarono scelte che hanno investito il territorio, cambiando profondamente il volto e le componenti della nostra comunità.
Pensate a quanta ricchezza abbandonata, quanta potenzialità inespressa si lascia per strada, il più delle volte accecati da chi ci vuole vendere le diversità come una cosa pericolosa da evitare e, se possibile, da rispedire al mittente. Pensate, il superamento di questo impasse “culturale” potrebbe essere il primo passo per aggredire la crisi, quella crisi che ormai da troppi anni ci sta aggredendo. Serve Identità! Servono significati e modi di produrre, capaci di spingersi e di spingerci oltre l’individualismo e le motivazioni meramente utilitaristiche dettate dal calcolo.
Siamo il Canavese. Questo deve essere chiaro a tutti coloro che ci vivono: non importano le origini, importa crederci, importa il senso di appartenenza alla Terra in cui si vive, non importa se per scelta o per “combinazione”.
È dunque ora di smetterla con i personalismi, con la difesa dell’orticello, inevitabilmente sempre più arido, e di smetterla con la diffidenza. Nessuno vuol portare via niente a nessuno, anche perché, forse, i “guru” della politica e dell’economia nostrani non se ne sono ancora accorti, ma presto non ci sarà più niente da portare via.
Si devono costruire e identificare i nuovi caratteri dell’Identità canavesana attraverso un percorso storico, culturale, linguistico e filosofico che metta in risalto le caratteristiche soggettive ed oggettive del Canavese di oggi.
I fatti, certamente non le tante inutili parole spesso pronunciate alla ricerca di un voto, ci mostrano come non ci si possa più affidare al marketing industriale della società di massa, inevitabilmente crollata su sé stessa, producendo disoccupazione e alimentandosi di precariato.
La lunga e persistente crisi nella quale continuiamo a dibatterci fra una promessa e l’altra, sempre rigorosamente non mantenute, ha di fatto messo al centro dell’attenzione la complessità insita nei sistemi economici e sociali attuali.
Ivrea
La nostra Terra si presenta oggi con un nuovo volto, multietnico e multirazziale. Quindi, più che mai, è necessario che tutti, i canavesani d’origine e quelli nuovi, capiscano di essere un’unica cosa. Si deve aver chiaro, senza che ce lo vengano a dire da istituzioni lontane, cosa vogliamo, quali sono i nostri obiettivi, le nostre speranze, i nostri desideri per migliorare noi stessi e la realtà che ci circonda, ma che non è estranea. Dobbiamo fare parte anche nei momenti difficili, soprattutto quando non si condividono scelte politiche che coinvolgono il territorio in cui viviamo. Canavesano non come aggettivo, ma come status mentale in tutte le sue espressioni!
Ci vogliono far credere che la parola Identità è antica, che oggi non ha più nessun significato; ci vogliono far credere che le sfide che ci attendono sono universali; ci vogliono far credere che dalla globalizzazione non si può tornare indietro e forse in parte qualche ragione ce l’hanno. Ma attenzione, quelle poche ragioni che hanno siamo stati noi a fornirgliele, lasciandoli fare, sperando, come i bambini, di farla franca chiudendo gli occhi per non essere visti.
Quello che è certo è che senza una forte Identità non si va da nessuna parte, e senza rimettere la persona al centro delle relazioni sociali e professionali, si continuerà a sbattere violentemente contro il limite invalicabile dell’attuale modello verticistico.
Credo che nulla possa sostituire l’azione umana quando espressione di una comunità identitariamente coesa, dove il sapere di uno, senza invidia e diffidenza, può essere il sapere di tutti.
Altroché intelligenza artificiale e paradigmi correnti del mercato top-down: solo l’uomo, credendoci, credendo sia possibile una forte Identitàcanavesana, con la sua voglia di creare un futuro migliore per i propri figli, con il suo amore per la propria Terra, può arrivare a creare ricchezza per sé, per la comunità di cui fa parte o l’impresa per cui lavora.
Senza inventarci nulla, le politiche attuate sino ad oggi sul nostro territorio hanno prodotto spopolamento, disoccupazione, precariato, fallimenti e la corsa di molti verso il miraggio dei bonus statali.
Invece, l’affermazione di una forte Identità canavesana, dove il benessere di tutti verrebbe prima dell’arricchimento personale, potrebbe rivelarsi un forte antidoto alla sofferenza sociale che abbiamo di fronte e che ci ostiniamo a non voler vedere. Quindi, attenzione, perché gli “Altri” non sempre sono gli “Altri”: a ognuno di noi potrebbe succedere di andare ad ingrossare le fila degli “Altri”.
Chiudo con una citazione della dottoressa Renata Rizzo, fra le più stimate esperte di marketing, pianificazione e sostenibilità aziendale: “Non può più esserci chi vince da una parte e chi perde dall’altra; dobbiamo vincere tutti, forse meno, ma tutti insieme.”
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