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Lo stiletto di Clio
18 Dicembre 2023 - 10:10
Guido Gozzano
La poesia s’intitola «La notte santa» e risale al 1914, l’anno in cui iniziò quella prima guerra mondiale che si sarebbe rivelata lunga, estenuante e crudelissima.
Non trascorrerà molto tempo che la morte coglierà prematuramente il suo autore, Guido Gozzano, il 9 agosto 1916, nel capoluogo piemontese, sul far del tramonto, «l’ora vera di Torino», quando dal Palazzo Madama al Valentino «ardono l’Alpi tra le nubi accese», come aveva scritto nel 1911.
NEL RIQUADRO <<La notte santa>> di Guido Gozzano pubblicata dal «Corriere dei Piccoli» nel 1961
I versi sono soavi e deliziosi. In epoche non lontane erano ben conosciuti dagli scolari: pochi di coloro che oggi hanno i capelli bianchi sono sfuggiti all’obbligo d’impararli a memoria.
Formalmente «La notte santa» è un melologo ossia un testo letterario che una o più voci recitanti declamano con accompagnamento musicale. Sembra che sia stata pubblicata postuma, per la prima volta, nel 1924, esattamente cento anni or sono.
Poi Diodata Mautino, la madre del poeta, l’inserì nella raccolta «Le dolci rime», edita dai Fratelli Treves di Milano (1937). Benché alcuni critici la giudichino scialba e zuccherosa, la lirica rivela un’incantevole coerenza di armonie e atmosfere.
Guido Gozzano immagina che Maria e Giuseppe vadano raminghi da una locanda all’altra, la sera di Natale, in quel di Betlemme, senza trovare un giaciglio dove riposarsi, mentre un anacronistico ma necessario campanile scandisce il tempo. «Oste del Moro, avete un rifugio per noi? / Mia moglie più non regge ed io son così rotto!», chiede Giuseppe in forte apprensione.
La risposta è sconfortante: «Tutto l’albergo ho pieno, soppalchi e ballatoi: / tentate al Cervo Bianco, quell’osteria più sotto». Intanto «il campanile scocca lentamente le otto». Poiché Gozzano, adolescente, frequentò la terza classe ginnasiale a Chivasso, l’autore dello «Stiletto» ha sempre creduto che nell’oste del Moro si proietti il ricordo dell’albergatore che gestiva l’omonimo locale all’ombra del duomo di Santa Maria Assunta, fra le attuali vie Torino e Roma, accogliendo ospiti in gran numero, non meno di quello in Betlemme di Giudea.
Il mesto pellegrinaggio di Maria e Giuseppe continua senza posa.
Infastidito, l’ennesimo locandiere sbotta: «Un vecchio falegname? / Albergarlo? Sua moglie? Albergarli per niente? / L’albergo è tutto pieno di cavalieri e dame / non amo la miscela dell’alta e bassa gente». E «il campanile scocca / le undici lentamente».
«La notte santa» è una poesia per l’infanzia, soffusa di nostalgia, essendo svanita per sempre l’età della fanciullezza. Però l’autore nulla concede al trito idilliaco scenario del presepe di maniera, con il bue e l’asinello (che non compaiono nei quattro Vangeli canonici), i pastori raggianti, le pecore e, ovviamente, il bambino paffuto e roseo. Presentando Maria, egli ricorre a espressioni che sembrano ricalcare quelle della lauda drammatica «Stabat mater» di Jacopone da Todi. Per Gozzano, la Vergine «strascolora, divinamente affranta», mentre, per Jacopone, è «tristis et afflicta» vicino alla croce da cui «pendebat Filius».
A ragion veduta, qualcuno osserva che «affranta» fa rima con «santa», quasi a unire l’umano col divino. La poesia del canavesano Guido Gozzano, insomma, sembra prefigurare la tragedia del Calvario. Per tale motivo, più di un critico ritiene che non fosse specificatamente destinata ai bambini.
Certo è che il testo racchiude qualcosa di meraviglioso. Betlemme si presenta «ornata di trofei». Maghi egizi, greci e persiani gremiscono l’osteria dei Tre merli: tutti aspettano ansiosi la stella cometa. Ad attendere l’astro vi sono anche astronomi e dotti, «giunti d’ogni dove».
E non manca la neve. «Che freddo!», esclama Giuseppe, entrando nella stalla. «Siamo a sosta», aggiunge con sollievo, ricorrendo a una bella espressione mutuata dal piemontese: «esse a sosta», nell’accezione di trovarsi al riparo.
Sulla scorta dell’evangelista Luca, l’intera poesia ruota attorno alla delicatissima questione del rifiuto e dell’accoglienza, un tema attuale nelle epoche più diverse. Maria e Giuseppe sono respinti da tutti gli albergatori di Betlemme.
In fondo, per dirla in altri termini, la vera protagonista del testo di Guido Gozzano è la quotidianità di una nascita che si ripete ogni giorno fra esclusioni, solitudini e ostracismi. Da duemila anni a oggi.
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