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16 Febbraio 2023 - 15:47
Lo stabilimento Eternit di Cavagnolo in una foto di tanti anni fa
Condannato per la morte di un operaio della Saca (consociata Eternit) e assolto per quella di un’altra.
Arriva in appello il filone torinese del processo Eternit bis e se, in primo grado, l’imprenditore svizzero Stephan Schmidheiny era stato condannato a quattro anni di carcere dal giudice Cristiano Trevisan del tribunale subalpino per le morti per mesotelioma di Giulio Testore, avvenuta nel 2008, e Stefania Rondano, avvenuta nel 2012, entrambi 72enni ed ex lavoratori della filiale di Cavagnolo, nel secondo grado di giudizio la sentenza è stata drasticamente riformata.
Lo stabilimento di Cavagnolo dell'Eternit
Il magnate svizzero, che doveva rispondere di omicidio colposo, è stato condannato per la sola morte di Testore, con la sentenza ridotta da due anni a un anno e 8 mesi di carcere, mentre è stato prosciolto per il decesso di Rondano.
A darne notizia, con una nota stampa, è il presidente dell’Osservatorio Nazionale Amianto Ezio Bonanni, legale difensore insieme all’avvocato Andrea Ferrero Merlino che cura gli interessi in sede civile dei famigliari di Testore: “Giustizia a metà - commenta - una condanna ridimensionata ma siamo fiduciosi sull’esito della Cassazione”.
“Purtroppo le lungaggini giudiziarie e l’ipergarantismo hanno determinato che soltanto uno tra i due casi, non ancora prescritti, del troncone di Torino ha superato il vaglio della responsabilità penale per il reato di omicidio colposo - si legge nella nota diffusa da ONA -. Per i Giudici di appello il magnate svizzero Ernest Stephan Schmidheiny è responsabile oltre ogni ragionevole dubbio”.
"Ci attendiamo quindi che la Corte di Cassazione confermi il giudizio e che ci sia giustizia per le vittime. Schmydheiny si ritiene un ambientalista e nega tutte le sue responsabilità. Queste sentenze, invece, ne segnano la sua colpevolezza per i reati ascritti, in attesa del giudizio della Cassazione, presso la quale saremo presenti per ottenere la condanna definitiva”, ha sottolineato Bonanni.
L'allora procuratore Raffaele Guariniello
Dal punto di vista del diritto la grande inchiesta Eternit bis, cominciata a Torino ai tempi del procuratore Raffaele Guariniello, è un groviglio che conferma di essere difficile districare.
All'udienza preliminare il fascicolo è stato inviato a diversi tribunali italiani per competenza territoriale.
Ma se nel capoluogo piemontese - per ordine del gup - Schmidheiny è stato processato per omicidio colposo, a Vercelli (dove si procede per oltre 200 decessi) e a Napoli l'accusa è rimasta quella originale: omicidio doloso.
Stessa condotta, reati differenti.
Il Palazzo di Giustizia di Torino
La difesa lamenta che l'imprenditore è già stato giudicato (per disastro ambientale) in un processo chiuso dalla Cassazione nel 2014 con un proscioglimento per prescrizione: "Non si può essere giudicati due volte per le medesime accuse. Eternit bis calpesta diritti fondamentali".
Per l'entourage di Schmidheiny l'imprenditore svizzero sarebbe "il capro espiatorio dell'inerzia dello Stato italiano", che nonostante le sollecitazioni della Comunità europea regolò "in ritardo" le procedure di lavorazione nell'amianto, mentre la Eternit "investiva miliardi nella sicurezza" e si atteneva a "norme nettamente più severe rispetto a quelle allora in vigore in Italia e nelle aziende concorrenti”.
La legge che in Italia mette al bando l’amianto risale a trentuno anni fa: è la legge n. 257/92.
Il mesotelioma, malattia che non lascia tutt’oggi scampo a chi si ammala, si manifesta dai venti ai quarant’anni dopo l’esposizione.
Chi, negli anni Ottanta, è stato a contatto con le polveri dell’amianto potrebbe ammalarsi oggi.
E ancora oggi - purtroppo e drammaticamente - si sente ripetere “non potevamo sapere” ad ogni caso che si aggiunge a quella lenta, mesta, via Crucis.
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