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Carnevale di Ivrea

I Mercenari del Carnevale: una storia di ribellione e festa

Nati da un’idea in una notte del 1973, il loro spirito libero, la loro divisa amaranto

“Sent Gianni, second mi a lè ora da fé ‘n’aota squadra.”
“Bon, fait: ‘nodma dal comitato e disoma che ‘st’ane a’ijé ‘na neuva squadra.”

Un dialogo semplice, diretto, quasi casuale, che si dice abbia segnato l’inizio di una storia unica. Era un venerdì notte di dicembre 1973, e nessuno avrebbe immaginato che quelle parole, scambiate tra amici in un’atmosfera informale, avrebbero dato vita a qualcosa di speciale: i Mercenari, una delle squadre più iconiche del Carnevale di Ivrea.

I dettagli di quella sera sono sfumati nella memoria collettiva. Non ci è dato sapere esattamente chi fossero i protagonisti o dove si trovassero, ma è certo che, in quei mesi invernali, si gettarono le basi per un nuovo modo di vivere il Carnevale. La prima partecipazione ufficiale del gruppo avvenne nel febbraio 1974. Con le loro divise amaranto, il basco inclinato, la fisarmonica sempre pronta a intonare una melodia e l’indimenticabile asinello al seguito, i Mercenari entrarono immediatamente nel cuore della festa, portando con sé un’aria di ribellione e libertà.

Nell’atto costitutivo del gruppo compaiono i nomi di quattro fondatori: Giovanni Anselmo, Enzo Pasqualini, Ferdinando Quagliotti e Attilio Zambolin. A loro si unirono altri volti noti della città: Gianni Morandi, il cantiniere, Giacomo Baldissero, presidente, e poi Adriano Anselmo, Pierangelo Zaccaria, Mario Ziggiotto e Roberto Quagliotti. Un gruppo variegato, unito dalla voglia di vivere il Carnevale fuori dagli schemi tradizionali.

Ma perché “Mercenari”? Il nome, raccontano, potrebbe essere stato ispirato dai numerosi conflitti di decolonizzazione in Africa, dove la figura del mercenario era spesso presente. Anche il simbolo scelto, una stella gialla su sfondo amaranto, richiama le bandiere dei regimi socialisti dell’epoca, ma senza alcuna pretesa ideologica. Infatti, i Mercenari sono sempre stati apolitici.

La scelta dei colori delle divise racconta un aneddoto curioso. La prima casacca doveva essere aragosta, ma, non trovando la stoffa adatta, si optò per una tonalità di amaranto. E quei jeans, inizialmente di marca “Ufo”, furono presto sostituiti da pantaloni gialli per un semplice motivo estetico: nelle foto, il contrasto funzionava meglio. Con il tempo, la divisa è diventata un manifesto di originalità e anticonformismo, arricchita da dettagli unici e accessori personalizzati.

I Mercenari non si sono mai considerati guerrieri. A loro non interessa sfidare i carri o imporsi sugli altri. La loro essenza è tutta nella festa, nella condivisione, nel vivere il Carnevale come un momento di aggregazione e libertà. “Divertirsi tirando le arance è un simbolo: è il popolo a piedi che si ribella, non un esercizio di forza o supremazia”, amano ripetere i membri della squadra.

Nel 1989, dopo la chiusura della Stella d’Italia, il loro storico punto di ritrovo, i Mercenari diedero vita alla prima “Festa Mercenaria”, trasformando i Giardinetti di Ivrea in uno spazio di musica, balli e convivialità. Da allora, queste serate aperte a tutti sono diventate un appuntamento fisso, un’ulteriore testimonianza del loro spirito libero.

Oggi, i Mercenari sono guidati da una giovane donna, Eleonora Valsecchi, un elemento che li distingue ancora di più dalle altre squadre. La sua leadership fresca e dinamica è il simbolo di un gruppo che ha saputo mantenere intatto il suo spirito originario, adattandosi al presente senza mai perdere la propria identità.

In un Carnevale fatto di tradizioni e gerarchie, i Mercenari hanno portato una ventata di freschezza e spontaneità. Hanno coinvolto generazioni di giovani che volevano vivere la festa senza etichette, trasformando quella che era nata come una semplice idea in una vera e propria istituzione cittadina. E forse, proprio in questo risiede la loro magia: essere sempre sé stessi, senza mai prendersi troppo sul serio.

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