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03 Ottobre 2025 - 19:28
La voce della giurista italiana Francesca Albanese torna a farsi sentire con forza, stavolta dopo l’intercettazione e l’arresto degli equipaggi della Global Sumud Flotilla, abbordata nelle scorse ore dalla marina israeliana. In un messaggio diffuso su Instagram, la relatrice speciale delle Nazioni Unite per la situazione dei diritti umani nei territori palestinesi occupati ha lanciato una condanna netta: «Isra3le non aveva alcun diritto ad intercettare, rapire ed arrestare gli equipaggi. Quando smetteremo di tollerare abusi di uno stato criminale che sembra al di sopra della legge internazionale?».
Parole dure, che arrivano in un momento di altissima tensione internazionale e che si inseriscono nella lunga battaglia che Albanese conduce da anni contro le violazioni sistematiche subite dal popolo palestinese. Nata a Roma nel 1977, avvocata e ricercatrice di diritto internazionale, Francesca Albanese è dal 2022 relatrice speciale ONU sui diritti umani nei territori palestinesi occupati dal 1967, ruolo che l’ha portata spesso a scontrarsi con governi e diplomazie, accusandoli di chiudere gli occhi di fronte a pratiche che definisce apertamente come apartheid e crimini contro l’umanità. La sua figura è divenuta un punto di riferimento per la mobilitazione civile globale, ma anche oggetto di pesanti critiche da parte di Israele e di alcuni Stati occidentali che le rimproverano posizioni giudicate radicali.
Il nuovo affondo arriva mentre cresce l’indignazione internazionale per l’operazione che ha fermato più di una decina di imbarcazioni con centinaia di attivisti a bordo, tra cui Greta Thunberg e diversi parlamentari europei. Albanese non solo condanna l’azione militare, ma denuncia anche quella che definisce l’inerzia dei governi occidentali, accusati di complicità nel continuare a garantire sostegno politico ed economico a Israele nonostante le reiterate violazioni del diritto internazionale. Un’accusa che si intreccia con lo slogan che nelle ultime settimane ha invaso social e piazze di tutto il mondo, “All eyes on Gaza”, trasformato in parola d’ordine della mobilitazione di base.
Il suo intervento non è solo un atto di denuncia ma anche un appello alla responsabilità collettiva. Albanese invita esplicitamente alla mobilitazione dal basso, convinta che l’opinione pubblica possa esercitare una pressione reale laddove i governi continuano a restare immobili. Il suo messaggio si fa eco delle proteste esplose in diverse città europee e americane subito dopo l’attacco alla flottiglia, proteste che hanno riportato al centro dell’agenda la questione palestinese e il blocco di Gaza.
Con questa presa di posizione, Francesca Albanese riafferma ancora una volta il suo ruolo di voce scomoda ma imprescindibile nel dibattito internazionale. Il suo profilo, capace di unire rigore giuridico e attivismo civile, divide e polarizza, ma continua a catalizzare l’attenzione ogni volta che interviene. E mentre i governi trattano la vicenda sul piano diplomatico, le sue parole restano come un monito: «Non in mio nome».
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