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29 Settembre 2025 - 20:08
Un altro segnale inquietante arriva dalla guerra in Ucraina, e questa volta riguarda direttamente anche un Paese UE. Nella notte tra il 27 e il 28 settembre, la Russia ha lanciato quasi 500 droni e oltre 40 missili contro varie città, con un bilancio provvisorio di 4 morti e più di 70 feriti, soprattutto a Kiev e Zaporizhzhia. Tra gli obiettivi finiti sotto attacco c’è anche l’Ambasciata di Polonia a Kiev, colpita da quello che le autorità definiscono «un elemento di missile o un piccolo razzo» caduto sul tetto della sede diplomatica.
Il portavoce del ministero degli Esteri polacco, Pawel Wronski, ha riferito che i detriti hanno trapassato il soffitto e sono finiti nella cucina dell’ambasciata. I danni, ha spiegato, non sono gravi e non ci sono vittime, ma l’episodio rappresenta un chiaro segnale politico.
L’attacco, infatti, avviene in un momento di forte tensione tra la Russia e i Paesi NATO. Varsavia ha fatto decollare i caccia per difendere lo spazio aereo, come già accaduto il 10 settembre quando i sistemi polacchi avevano abbattuto diversi droni russi sconfinati oltre confine. Negli ultimi mesi, però, non è stata solo la Polonia a denunciare violazioni: droni russi hanno toccato i cieli di Romania e forse Danimarca, mentre l’Estonia ha accusato Mosca di aver fatto entrare tre MiG-31 nei propri cieli per ben 12 minuti. Il 26 settembre, inoltre, caccia ungheresi hanno intercettato cinque velivoli russi sul Baltico.
Non è la prima volta che le rappresentanze diplomatiche a Kyiv vengono danneggiate. Già nel dicembre 2024 erano stati colpiti gli uffici che ospitavano le ambasciate di Albania, Argentina, Palestina, Macedonia del Nord, Portogallo e Montenegro.
L’attacco delle ultime ore rilancia la richiesta, sempre più insistente in Ucraina e non solo, di “chiudere i cieli”, ossia imporre una no-fly zone contro i raid russi. Una misura che significherebbe però un salto diretto nello scontro tra Mosca e l’Alleanza Atlantica, uno scenario da scongiurare a ogni costo.
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