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Chivasso
16 Gennaio 2023 - 18:26
“Se questo è un uomo” di Primo Levi buttato in un fosso. Le pagine piegate e bagnate dall’umidità. Poco distante un pacco di Amazon strappato, da cui fa capolino la testa di Buzz Lightyear ancora chiuso nella sua scatola, il personaggio della Pixar divenuto celebre nel film di animazione “Toy Story”. Abbandonato nel film da bambini ormai cresciuti, buttato nella realtà prima ancora di arrivare tra le mani di un bambino.
Allegorie. In un paesaggio diventato lunare, perché spettrale lo è sempre un po’ stato.
Non c’è più una pianta, nel tratto di almeno un chilometro che costeggia il rio Palazzolo lungo via Marie Curie.
Via Marie Curie a Pratoregio, frazione di Chivasso
Lo chiamavano il boschetto di Pratoregio, da sempre ritrovo di incontri occasionali tra omosessuali, con tanto di proteste dei residenti e polemiche della politica.
Ora non ci sono più le fresche frasche tra cui potersi appartare e di auto che si fermano nelle piazzole neanche l’ombra.
Quello che resta del "boschetto" di Pratoregio
Restano solo i runners, i corridori che quotidianamente percorrono il circuito che dalla città porta alla frazione e dalla frazione alla città.
Oggi è un cimitero di alberi, gaggie, sterpaglie. Una discarica a cielo aperto dove ancora più di prima si notano copertoni buttati, bottiglie vuote, scarti dell’edilizia, immondizia varia. Il libro di Primo Levi e il povero Buzz.
L'unica cosa che è rimasta del Boschetto di Pratoregio sono i rifiuti
Qui sono stati trovati i cadaveri di Franco Scarsella, il coiffeur di Verolengo ucciso con il calcio di una pistola dal “femminiello” rumeno Ulian Laurentiu (condannato a trent’anni di carcere, ndr) il 5 agosto 2002: il corpo venne ritrovato un mese dopo, il 4 settembre, nascosto appunto da rovi e gaggie. E il cadavere di Giuseppina Arena, “Giusy” la cantastorie di via Togliatti, crivellato con tre colpi di pistola da un assassino che è ancora in libertà.
Se questo è un uomo.
Franco Scarsella, il coiffeur di Verolengo assassinato nel 2002
Quella strada di via Marie Curie che passa sotto il cavalcavia dell’Alta Velocità Torino-Milano oggi è irriconoscibile.
E’ stata ripulita di rovi ed alberi ma non dell’immondizia, quasi a voler cancellare una delle recenti pagine più nere della città dei nocciolini.
Giuseppina Arena assassinata il 12 ottobre scorso
Sono trascorsi novanta giorni e non solo è stata “cancellata”, praticamente rimossa, la scena del crimine, ma l’assassino è ancora in libertà e, tra una mole non indifferente di indizi, in più direzioni, non c’è una prova che possa incastrare il killer o i carnefici.
Dopo tre mesi di indagini condotte dai carabinieri della compagnia di Chivasso e dagli investigatori del reparto operativo di via Valfré, sembra farsi strada l’ipotesi che a uccidere la cantastorie possano essere state due, forse tre persone.
Due le piste prese in esame fin dall’inizio: quella parentale e la pista del “vicinato”, cioè di quel quartiere popolare, la Coppina, alla periferia della città.
Si cerca quello che viene definito “l’anello di congiunzione” tra più o meno interessi e l’azione criminale sfociata in un delitto efferato.
Inizialmente l’attenzione s’era concentrata sull’eredità, non certo milionaria, che Giusy aveva avuto un paio d’anni fa dopo la morte dell’anziana madre: la casa di Montanaro, i buoni postali e quel conto di circa 200/250mila euro depositato all’Ufficio Postale di Chivasso, tuttora bloccato dalla magistratura e mai attinto dagli eredi, cioè da Giusy o da suo fratello.
Un “tesoretto” che resta sullo sfondo di questa storia criminale.
E poi c’è il mistero riguardo la vita privata della cantastorie, di quell’uomo più volte notato in compagnia di Giusy e la cui identità resta, almeno allo stato dei fatti, sconosciuta.
L’identikit è generico e riferisce di una persona tra i trenta e i quarant’anni spesso visto alla guida di un’utilitaria scura. Una volta indossava un giubbotto di pelle, un’altra un cappotto blu o nero.
Ma nessuno ha ancora capito chi fosse.
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