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Il Nientologo

Quando il gioco si fa duro... i duri cominciano a giocare

Gianluca Vialli pronunciò queste parole a Italia ’90, mondiali per lui e per noi non fortunati

Gianluca Vialli

Gianluca Vialli da Fabio Fazio a Che Tempo Che Fa

Partito titolare, dovette a furor di popolo lasciar posto a Baggio e, soprattutto, Schillaci, il Totò nazionale che come la toccava la metteva dentro. Rientrò in semifinale, a Napoli, contro l’Argentina e tutto lo stadio, che stava con Maradona: si dimostrò un duro vero, prese e diede legnate dall’inizio alla fine, non mollò un secondo, giocò bene. Ma il nostro gol lo fece ancora Totò (respinta corta del portiere, il primo tiro era di Vialli) e lui tornò in panchina per lasciare nuovamente posto a Baggio.

Vialli non c’è più, viene facile aprirsi al ricordo. Il suo capolavoro sportivo furono le stagioni in Sampdoria, fine anni ’80, primi anni ’90. In modo assolutamente imprevedibile quella squadra si fece largo a gomitate e vinse quattro coppe Italia, uno scudetto, arrivò due volte in finale di coppa coppe (1989 e 1990) e una in coppa campioni (1992). Per chi non c’era, vinsero una coppa delle coppe e persero malamente le altre due finali, entrambe col Barcellona di Koemann.

Il calcio italiano era ai vertici, tutti volevano giocare qui, Gullit, Van Basten, Zavarov, Careca, Maradona. Nel ’90, delle sei finaliste di coppa quattro erano italiane, tra queste la Samp di Vialli. Farsi largo in un calcio così era difficile, ma loro ci riuscirono, outsider in tutto eccetto nel gioco. Non era solo, il Gianluca: Vierchowod, Lombardo, Pagliuca, Cerezo e, soprattutto, Mancini che formò con lui la coppia di gemelli del gol più famosa dopo Pulici-Graziani, erano gente che col pallone ci sapeva fare. E la Samp raccolse tifosi anche a Settimo.

Molti trentenni di oggi, a Genova e dintorni, si chiamano Gianluca mica per niente, ed è cosa di cui lui è sempre andato orgoglioso. Non so se è giusto avere nostalgia, ma quel calcio là, quel mondo là, mi piaceva più di questo: era andato giù il Muro, abbattutto dalla voglia di libertà, nasceva l’Europa che conosciamo oggi, non c’era ancora Berlusconi, l’Italia oltre a giocare al pallone si dava una ripulita con i processi di Tangentopoli. Vialli con la Storia c’entra niente, ma rappresenta bene quegli anni di fiducia e colore che non abbiamo visto più. Ora il gioco si fa duro veramente.

Per noi.

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