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Cronaca
06 Gennaio 2023 - 11:20
Diceva sempre di non voler morire prima dei genitori, perché il pensiero di far star male i suoi cari lo distruggeva più della malattia che invece lo stava consumando.
Girava con un maglione sotto la camicia Gianluca Vialli, un modo - pensava lui - per evitare che gli altri si accorgessero di quel male, quella "cosa brutta di cui avrebbe voluto fare a meno" che gli stava togliendo peso e che alla fine ha vinto, portandoselo via a 58 anni.
A tre settimane dalla scomparsa di Sinisa Mihajlovic il calcio piange un'altra morte choc: l'ex attaccante eroe della Samp degli anni d'oro, esordi con la Cremonese del suo cuore, campione con la maglia della Juventus, in campo e in panchina con il Chelsea, si è arreso al tumore al pancreas che dal 2017 aveva segnato drammaticamente il suo destino.
Si è spento in una clinica londinese, dove era stato ricoverato pochi giorni prima di Natale per l'aggravarsi delle sue condizioni: che la situazione stesse precipitando lo aveva fatto intuire anche l'addio alla Nazionale il 14 dicembre in cui aveva annunciato di dover lasciare ogni incarico in azzurro per curarsi.
"Ho deciso di sospendere, spero in modo temporaneo, i miei impegni professionali presenti e futuri. L'obiettivo è quello di utilizzare tutte le energie psico-fisiche per aiutare il mio corpo a superare questa fase della malattia" le sue ultime dichiarazioni pubbliche.
Lasciando quell'Italia a cui aveva fatto ritorno per riunirsi all'amico di una vita, Roberto Mancini: loro i gemelli del gol in blucerchiato di nuovo insieme e a cui la vita aveva regalato altre emozioni forti.
Culminate nell'europeo vinto a Wembley nel 2021 e racchiuse in una foto che è già storia: un abbraccio fatto di cuore e lacrime che racconta l'amore tra l'attuale ct e Vialli. Vialli, campione di garbo sempre col sorriso sulle labbra, è morto "circondato dalla sua famiglia" (l'anziana madre che in queste ultime settimane ha fatto la spola tra Cremona e Londra), dopo "cinque anni di malattia affrontata con coraggio e dignità. Il suo ricordo e il suo esempio vivranno per sempre nei nostri cuori" il messaggio dei familiari che sempre molto riservati faranno un funerale nella capitale inglese in forma privata.
Lascia la moglie Cathryn, sposata in gran segreto, e le figlie Sofia e Olivia che diceva avrebbe tanto voluto portare all'altare. Perché Vialli a porsi obiettivi non aveva mai rinunciato, nonostante tutto.
"Se ti arrendi una volta poi diventa un'abitudine" ripeteva sempre, e invece lui non voleva farlo.
"Io ho paura di morire - aveva però confidato in alcune occasioni- Non so quando si spegnerà la luce che cosa ci sarà dall'altra parte. Ma in un certo senso sono anche eccitato dal poterlo scoprire. Mi rendo anche conto che il concetto della morte serve per capire e apprezzare la vita".
Perché Vialli era così, un "ragazzo italiano" per usare le parole del ricordo di Gianfranco Zola volato in Inghilterra e apprezzato ovunque: un gentiluomo, dai modi garbati, ironico, affabile. Uno che sapeva fare spogliatoio dentro e fuori dal campo.
E che con grande dignità aveva affrontato la battaglia con "l'ospite indesiderato", un compagno di viaggio poco gradito e che si augurava si sarebbe stancato di lui. Vialli lo ha affrontato senza perdere il sorriso, nonostante gli occhi scavati e il viso smagrito. Due mesi fa la presentazione del docu-film di Marco Ponti 'La bella stagione', il racconto per immagini di quella Samp magica capace di arrivare a un passo dal cielo.
Vialli e Mancini, sempre insieme anche a raccontare quegli anni fatti di gol e abbracci, di sogni e trofei. Di vita, quella che Vialli ha voluto annusare fino alla fine, con garbo, dicendo alle due adorate figlie che ridere e aiutare gli altri è un po' il senso della felicità. Voleva che tutti quelli che gli stavano intorno fossero felici, per questo la malattia l'aveva vissuta con vergogna, quasi con un senso di colpa. Proprio non si rassegnava all'idea di far male agli altri.
Gianluca Vialli se n'è andato nel giorno dell'Epifania, a 58 anni, in una clinica di Londra, lontano dai clamori del mondo del calcio che ha amato e del quale è stato protagonista assoluto, fra gli anni '80 e '90. Prima che il tumore lo mettesse ko, ha vinto tutto quello che poteva.
Nato a Cremona il 9 luglio 1964, il suo talento, la gioia che trasmetteva fuori dal campo hanno segnato un'epoca. Così come la sua amicizia con l'attuale ct dell'Italia, Roberto Mancini. Loro due, assieme a un 'gruppo di amici', hanno issato la Sampdoria di Paolo Mantovani (per Gianluca un secondo padre) sul tetto del campionato di Serie A e non solo: le hanno permesso di arrivare un minuto dalla Coppa dei Campioni, vinta a Wembley dal Barcellona grazie a un siluro sparato da Ronald Koeman su punizione.
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E dire che, in quella sera londinese, Vialli fu più volte a un passo dal vantaggio, graziando il portiere Zubizarreta. Eroe di un calcio senza tempo, icona di spensieratezza e enorme simpatia, poi di eleganza; quell'accuratezza nel vestire, quel suo sapersi mostrare con classe e stile, gli hanno fatto meritare il soprannome di lord del calcio.
Nella sua formazione ha influito anche l'ironia di un personaggio assolutamente sopra le righe - dissacrante e carismatico - come Vujadin Boskov. Vialli iniziò la sua carriera da professionista con la maglia della Cremonese, prima di passare alla Sampdoria nel 1984. In blucerchiato ha vissuto le stagioni più intense, vincendo tanto fra Coppe Italia, lo scudetto 1990/91, la Supercoppa Italiana; il titolo europeo per club se lo prese con la Juventus, nella stagione 1995/96, battendo ai rigori l'Ajax nella finale dell'Olimpico di Roma.
In bianconero avrebbe rivinto lo scudetto e molti altri trofei, prima di finire al Chelsea come giocatore e, poco dopo, diventandone anche allenatore. Non gli sono mancate le soddisfazioni in azzurro, dove ha cominciato a segnare nelle giovanili, diventando ad esempio capocannoniere dell'Europeo Under 21 nel 1986, finito alle spalle della Spagna.
Intanto, però, era già entrato nel giro della Nazionale maggiore, chiamato da Enzo Bearzot che lo portò ai Mondiali in Messico, dove fu protagonista, sostituendo spesso Bruno Conti sulla fascia destra.
All'Europeo 1988, in Germania Ovest, Azeglio Vicini lo schierò nel suo ruolo naturale di centravanti e, l'anno dopo, indossò per la prima volta la fascia da capitano, prima di prendere parte al Mondiale del 1990 che si rivelò una grande delusione per l'Italia e anche per l'attaccante: la sua esperienza con la maglia azzurra sulle spalle si chiuse nel 1992, con un totale di 59 presenze e 16 reti. Nello stesso anno passò alla Juventus, per quattro stagioni ricche di soddisfazioni.
Gol e trofei, tra i quali anche la Coppa Uefa e un'altra Supercoppa Italiana, Seguì un triennio al Chelsea, in un'Inghilterra che sarebbe diventata la sua seconda casa. Con i 'Blues' arrivarono altri successi e l'opportunità di cominciare la carriera di allenatore, prendendo il posto sulla panchina di Ruud Gullit, come play manager, riuscendo a portare a casa a fine stagione 1997/98 anche una Coppa delle Coppe.
Altre due stagioni e altrettanti trofei non bastarono a evitargli l'esonero nel settembre 2000 e la successiva esperienza al Watford durò un anno solo, convincendolo a guardarsi intorno e trovando una nuova passione nel ruolo di opinionista e commentatore tv. Durante la prima permanenza al Chelsea diventò bersaglio delle accuse di Zdenek Zeman che, nel 1998, rilasciò l'intervista in cui parlava di esplosioni muscolari di alcuni calciatori, fra i quali proprio Vialli. Gianluca non gli perdonò mai quelle dichiarazioni.
Inserito nella Hall of Fame del calcio italiano nel 2015, Vialli si era riavvicinato alla Nazionale fra il 2019 e il 2020, quando - pure in lotta con il tumore al pancreas che lo aveva colpito dal 2017 - fu nominato dalla Federcalcio capo delegazione, al fianco del ct e amico di sempre Mancini.
In tempo per festeggiare proprio a Londra il trionfo agli Europei, con un abbraccio da brividi e il pianto liberatorio fra i due ex 'gemelli del gol' sampdoriani al termine della finale di Wembley: quel frame resterà nella storia azzurra e non solo Soprattutto ora che il Lord del gol se ne è andato. Con garbo e stile, come da personaggio, raggiungendo altri grandi del calcio.
Gol e trofei, tra i quali anche la Coppa Uefa e un'altra Supercoppa Italiana, Seguì un triennio al Chelsea, in un'Inghilterra che sarebbe diventata la sua seconda casa. Con i 'Blues' arrivarono altri successi e l'opportunità di cominciare la carriera di allenatore, prendendo il posto sulla panchina di Ruud Gullit, come play manager, riuscendo a portare a casa a fine stagione 1997/98 anche una Coppa delle Coppe.
Altre due stagioni e altrettanti trofei non bastarono a evitargli l'esonero nel settembre 2000 e la successiva esperienza al Watford durò un anno solo, convincendolo a guardarsi intorno e trovando una nuova passione nel ruolo di opinionista e commentatore tv. Durante la prima permanenza al Chelsea diventò bersaglio delle accuse di Zdenek Zeman che, nel 1998, rilasciò l'intervista in cui parlava di esplosioni muscolari di alcuni calciatori, fra i quali proprio Vialli. Gianluca non gli perdonò mai quelle dichiarazioni.
Nasce a Cremona, quinto e ultimo figlio di una benestante famiglia di origine trentina, e vive un'infanzia agiata nella tenuta di famiglia, la villa Affaitati di Grumello, nell'hinterland cremonese. Nel 2003 si sposa con Cathryn, conosciuta a Londra durante il periodo al Chelsea; la coppia ha due figlie.
Tira i suoi primi calci all'oratorio di Cristo Re, al villaggio Po della sua città nativa, quindi entra nel vivaio del Pizzighettone; a causa di un intoppo burocratico non può militare nella squadra Giovanissimi biancazzurra, sicché il suo cartellino viene acquistato per mezzo milione di lire dalla Cremonese dove prosegue l'attività giovanile e dov'è allenato, tra gli altri, da Guido Settembrino.
La prima squadra lombarda, all'epoca affidata a Guido Vincenzi, lo lancia tra i professionisti nella stagione 1980-1981, in cui ottiene 2 presenze nel campionato di Serie C1. Il debutto in Serie B avviene invece il 27 settembre 1981, in una gara persa 0-3 con la Sambenedettese. Nei quattro campionati con la maglia grigiorossa riporta 105 presenze e 23 gol, imponendosi all'attenzione degli addetti ai lavori nella stagione 1983-1984 quando, pur impiegato dall'allenatore Emiliano Mondonico come tornante di fascia, riesce a mettere a referto 10 gol che lo fanno emergere tra i protagonisti di una Cremonese che, dopo 54 stagioni, ottiene la promozione in Serie A.
Nell'estate 1984 passa alla Sampdoria, in cambio di Alviero Chiorri. Esordisce in Serie A il successivo 16 settembre, proprio contro la sua ex squadra. Tre mesi più tardi segna il primo gol, dando i due punti alla squadra contro l'Avellino. Al termine della stagione si aggiudica la Coppa Italia, primo trofeo della storia blucerchiata, segnando al Milan nella finale di ritorno. La vittoria della coppa gli permette, nell'annata 1985-1986, di esordire nelle competizioni europee facendo registrare 4 apparizioni in Coppa delle Coppe.
La svolta arriva nell'estate 1986 quando sulla panchina doriana si siede Vujadin Boškov, il quale, replicando quanto già fatto da Azeglio Vicini nella nazionale giovanile, anche in blucerchiato avanza stabilmente Vialli a prima punta, in pratica invertendone i ruoli con il compagno di reparto Roberto Mancini: l'intesa tra i due sboccia repentinamente, divenendo a posteriori il tandem-simbolo dell'epoca più luminosa del club, e portando l'ambiente doriano a rispolverare per loro il soprannome di «gemelli del gol» già proprio dei bomber blucerchiati degli albori, Giuseppe Baldini e Adriano Bassetto.
Ormai tra gli idoli della squadra blucerchiata, nei mesi precedenti Vialli, sorprendendo i più, aveva rifiutato il possibile trasferimento, più volte dato per fatto, al Milan di Arrigo Sacchi e del patron Silvio Berlusconi, all'epoca ai vertici internazionali (e che a lungo ne deterrà un'opzione sul cartellino): insieme agli altri senatori dello spogliatoio, tra cui Mancini e Pietro Vierchowod, stringe infatti un «patto di ferro» che li impegna a non lasciare Genova prima di avere portato in città lo Scudetto.Nell'annata 1989-1990 è protagonista della vittoria doriana in Coppa delle Coppe: si laurea capocannoniere della competizione con 7 reti, due delle quali realizzate nella finale di Göteborg contro l'Anderlecht.
Nella stagione 1990-1991 arriva infine l'agognato Scudetto, il primo e fin qui unico nella storia del club ligure: l'apporto sottorete di Vialli è determinante, tant'è che il numero nove blucerchiato si laurea anche capocannoniere del campionato con 19 realizzazioni. Nel 1992 disputa invece la sua prima finale di Coppa dei Campioni, persa a Wembley contro il Barcellona: è l'ultima delle sue 321 partite — 109 delle quali consecutive — con il club blucerchiato.
Al termine della stagione 1991-1992, Vialli si trasferisce alla Juventus: per acquistarlo, la società piemontese cede alla Sampdoria i cartellini di quattro giocatori (Mauro Bertarelli, Eugenio Corini, Michele Serena e Nicola Zanini) aggiungendovi un conguaglio economico, per un costo totale stimato in circa 40 miliardi di lire, all'epoca la cifra più alta mai spesa al mondo per un calciatore. Il centravanti va a collocarsi in un reparto offensivo che vede la presenza, tra gli altri, di Roberto Baggio e Fabrizio Ravanelli, e che a partire dalla stagione successiva si avvarrà anche dell'emergente Alessandro Del Piero.
L'esperienza torinese di Vialli si rivela divisa in due nette e diverse fasi. Nel biennio iniziale, agli ordini di Giovanni Trapattoni, pur vincendo la Coppa UEFA 1992-1993 l'attaccante accusa qualche difficoltà di ambientamento a cui si sommano numerosi infortuni nonché equivoci tattici: costretto a frequenti ripiegamenti difensivi, risulta poco lucido sotto porta e non trova con Baggio — che pure aveva caldeggiato il suo trasferimento in Piemonte — lo stesso affiatamento avuto alla Sampdoria con Mancini.
Dalla stagione 1994-1995, rigenerato fisicamente e mentalmente dal nuovo tecnico Marcello Lippi il quale ne fa il fulcro dell'attacco bianconero, Vialli emerge invece come il leader della formazione torinese, complice la lunga lontananza dai campi in cui incappa l'infortunato Baggio; al termine dell'annata conquista il secondo Scudetto e la quarta Coppa Italia della propria carriera.
Il mondo del calcio è ancora una volta in lacrime e piange un altro dei suoi simboli, Gianluca Vialli, che se n'è andato poco dopo Pelé e Mihajlovic.
Per le partite del fine settimana e' stato deciso il minuto di silenzio, la Samp giochera' col lutto al braccio, ma a portarlo idealmente sono tutte le altre squadre e non solo quelle italiane.
La notizia della morte, arrivata da Londra, ha fatto rapidamente il giro dei media europei e non soli, con prime pagine internet de l'Equipe, The Guardian e El Mundo, ma richiami anche sul sito Cnn. Un minuto di silenzio prima dell'allenamento anche dal Chelsea. Messaggi di cordoglio si sono susseguiti, coinvolgendo anche il mondo politico.
Per il presidente della Fifa, Gianni INFANTINO, "il calcio perde uno dei sorrisi più belli e positivamente contagiosi. Quello di Vialli era il sorriso di chi ha vinto, trascinando nella propria felicità i piccoli che stavano diventando grandi".
Gli fa eco il numero 1 dello sport italiano. Giovanni MALAGÒ. "Lo sport e il calcio hanno perso un campione, ma soprattutto un uomo tutto d'un pezzo. Ricordo nel 2006 quando portò la bandiera olimpica nella cerimonia di chiusura dei Giochi di Torino".
"Quello che ha fatto per la maglia azzurra non sarà mai dimenticato", aggiunge il presidente della Figc, Gabriele GRAVINA. "Sono profondamente addolorato - aggiunge - ho sperato fino all'ultimo che riuscisse a compiere un altro miracolo, non sarà mai dimenticato. Era una splendida persona".
Lo hanno ricordano anche la Samp, la Cremonese e la Juventus, ma anche tanti ex compagni, come Roberto Baggio che ha sottolineato come sia "difficile accettare e comprendere il mistero della vita. Soprattutto quando vieni strappato all'affetto dei cari così giovane e così presto. Caro Gianluca, auguro al tuo viaggio celeste di essere avvolto dalla luce tranquilla per il tuo eterno riposo".
"Nostro capitano, mio capitano. Sempre. Ciao Luca", ha aggiunto Alex DEL PIERO, bandiera della Juventus, mentre Ciro IMMOBILE, centravanti della Lazio e della Nazionale campione d'Europa confessa che gli "sarebbe piaciuto parlare ancora una volta" con lui. "In ogni tua parola, in ogni tuo discorso - dice c'era tutto quello di cui avevo bisogno, come se mi conoscessi da una vita".
Leonardo SPINAZZOLA, sui social, ha postato il video in cui Vialli legge il discorso di Roosevelt, mentre la Nazionale è a tavola, peraltro commuovendosi. L'ex attaccante è stato ricordato anche da Max Allegri, che ha parlato anche di Castano, definendoli "due giocatori e uomini che hanno dato al calcio, alla Juve e sono entrati nella storia del club e della Nazionale".
"Avevi sempre una parola di conforto per tutti, anche quando eri tu ad averne bisogno più di qualunque altro. Mi hai fatto emozionare e piangere molte volte", è il ricordo di Marco VERRATTI.
Gianfranco ZOLA ricorda che "abbiamo vinto tante partite e condiviso alcuni dei momenti più belli delle nostre vite. Per amore del nostro pallone ci siamo qualche volta scontrati. Senza sconti ma sempre con il massimo rispetto. Perché, in fondo, siamo sempre stati noi stessi: due ragazzi italiani e un pallone".
"Non è semplice trovare le parole in questo momento. Sei stato un gigante, così in campo come nella vita. Hai lottato fino alla fine a testa alta con una dignità unica", aggiunge Gigi BUFFON.
E David BECKHAM lo definisce "un vero gentleman dal cuore più grande".
Non poteva mancare il saluto dell'amico-rivale Totò SCHILLACI. "Non ci sono parole per descrivere questo momento. L'unica cosa è trovare nel tempo ricordi e legami che non può portare via nessuno, nemmeno la morte", scrive l'ex centravanti sui social.
Cordoglio anche nel mondo politico: Giorgia Meloni dice che "non dimenticheremo i tuoi i gol, le tue leggendarie rovesciate, la gioia e l'emozione che hai regalato all'intera nazione in quell'abbraccio con Mancini dopo la vittoria all'Europeo. Ma non dimenticheremo soprattutto l'uomo".
"Sorrisi, gioie e tanti gol, questo era e resta per tutti noi Gianluca Vialli", il ricordo di Ignazio LA RUSSA.
El mundo del fútbol vuelve a llorar y llora a otro de sus símbolos, el italiano Gianluca Vialli, fallecido poco después de Pelé y Sinisa Mihajlovic, a los a los 58 años en Londres, donde luchaba contra un cáncer de páncreas. El ex jugador de Juventus y Cremonese se había apartado el mes pasado de sus funciones en la selección de Italia, donde desde 2019 era jefe de delegación, por motivos de salud.
"Con inconmensurable tristeza anunciamos la desaparición de Gianluca Vialli", sostiene la nota del anuncio oficial.
"Rodeado por su familia expliró anoche luego de cinco años de enfermedad que enfrentó con coraje y dignidad. Agradecemos a todos los que lo apoyaron estos años con su afecto. Su recuerdo y ejemplo vivirán para siempre en nuestros corazones", acotaron sus allegados. Vialli era un delantero completo, ya que tenía técnica, velocidad, dinamismo y fuerza física.
Con etapas en Cremonese, Sampdoria, Juventus y Chelsea, el ex jugador ganó 16 títulos, incluidos dos campeonatos italianos y una Liga de Campeones. Con tres Copas de Italia en los 80 y un Scudetto histórico a principios de los 90, el exdelantero centro se convirtió en uno de los mayores ídolos de la historia de la Sampdoria.
Con la Vecchia Signora, Vialli saltó a la fama tras la Champions League en la temporada 1995/96. En su etapa de Chelsea, Vialli fue uno de los pocos futbolistas italianos que tuvo éxito en Inglaterra. Ganó trofeos para el Chelsea como jugador y entrenador.
En la selección de Italia, Vialli disputó los mundiales de México 1986 e Italia 1990, pero su mayor triunfo fue fuera de la cancha, junto al técnico Roberto Mancini, su gran amigo y excompañero, con la conquista de la Europa. El fútbol italiano vuelve a estar de luto poco después de la muerte del ex entrenador serbio Sinisa Mihajlovic, que jugaba junto a Vialli en la Sampdoria y también luchaba contra el cáncer.
Para los partidos del fin de semana se ha decidido un minuto de silencio, la Sampdoria jugará con el brazalete de luto en el brazo, pero lo ideal es que lo lleven todos los demás equipos y no solo el italiano, señaló la Federación Italiana (FIGC). La noticia de la muerte, que llegó desde Londres, recorrió rápidamente los medios europeos y más allá, con las portadas de L'Equipe, The Guardian y El Mundo, pero también referencias en la web de CNN. Minuto de silencio antes del entrenamiento también del Chelsea este mismo viernes.
Los mensajes de condolencia se sucedieron, involucrando también al mundo político. Para el presidente de la FIFA, Gianni Infantino, "el fútbol está perdiendo una de sus sonrisas más bonitas y positivamente contagiosas. La de Vialli era la sonrisa de quien ha ganado, arrastrando a los pequeños que iban creciendo a su felicidad".
El número 1 del CONI (Comité Olímpico Nacional Italiano) le hace eco. Giovanni Málago sostuvo que "el deporte y el fútbol han perdido un campeón, pero sobre todo un hombre sólido. Recuerdo en 2006 cuando portó la bandera olímpica en la clausura de los Juegos de Turín".
"Lo que hizo por los Azzurri nunca se olvidará", agregó el presidente de la FIGC, Gabriele Gravina. "Estoy profundamente entristecido -añadió Gravina- esperé hasta el último momento que pudiera hacer otro milagro, nunca será olvidado. Era una persona espléndida".
Sampdoria, Cremonese y Juventus también lo recuerdan, pero también muchos excompañeros, como Roberto Baggio, quien subrayó cómo es "difícil aceptar y comprender el misterio de la vida. Sobre todo cuando estás arrancado del cariño de seres queridos tan jóvenes y tan pronto. Querido Gianluca, deseo que tu viaje celestial sea envuelto en la luz tranquila para tu descanso eterno".
"Nuestro capitán, mi capitán. Siempre. Hola Luca", añadió Alex Del Piero, bandera de la Juventus, mientras que Ciro Immobile, delantero centro de la Lazio y selección campeona de Europa, confesó que "le hubiera gustado volver a hablar con él".
"En cada una de tus palabras, en cada uno de tus discursos, dice que había todo lo que necesitaba, como si me hubieras conocido de toda la vida", acotó Immobile.
Leonardo Spinazzola, en las redes sociales, publicó el video en el que Vialli lee el discurso de Roosevelt, mientras la selección está en la mesa, con emoción encendida. El ex delantero también fue recordado por Max Allegri, quien también habló de Castaño, definiéndolos "dos jugadores y hombres que dieron al fútbol, a la Juve y entraron en la historia del club y de la selección" italiana.
"Siempre tuviste una palabra de consuelo para todos, incluso cuando eras tú quien la necesitaba más que nadie. Me emocionaste y lloraste muchas veces", es el recuerdo de Marco Verratti, otro exfutbolista.
Gianfranco Zola recuerda que "hemos ganado muchos partidos y compartido algunos de los mejores momentos de nuestra vida; por amor a nuestra pelota nos hemos enfrentado a veces. Sin descuentos pero siempre con el máximo respeto. Porque, al fin y al cabo, siempre hemos sido nosotros mismos: dos muchachos italianos y una pelota".
"No es fácil encontrar las palabras ahora mismo. Fuiste un gigante, tanto en el campo como en la vida. Luchaste hasta el final con la frente en alto con una dignidad única", agregó el legendario ex arquero Gigi Buffon.
Y David Beckham lo llama "un verdadero caballero con un corazón grande".
No podía faltar el saludo de su amigo-rival Totó Schillaci. "No hay palabras para describir este momento. Lo único es encontrar recuerdos y lazos en el tiempo que nadie te puede quitar, ni siquiera la muerte", escribió el exdelantero centro en las redes sociales. Condolencias también en el mundo político: la premier Giorgia Meloni dijo que "no olvidaremos tus goles, tus legendarias chilenas, la alegría y la emoción que diste a toda la nación en ese abrazo con Mancini tras la victoria en la Eurocopa. Pero sobre todo no olvidaremos al hombre".
"Un gran luchador, un gran hombre". Así lo ha subrayado el ministro de Relaciones Exteriores de Italia, Antonio Tajani. "Sonrisas, alegrías y muchos goles, así fue y sigue siendo para todos nosotros Gianluca Vialli", el recuerdo de Ignazio La Russa, el presidente del Senado.
He always said he didn't want to die before his parents, because the thought of making his loved ones sick destroyed him more than the disease that was consuming him instead.
Gianluca Vialli wore a sweater under his shirt, a way - he thought - to prevent others from noticing that evil, that "ugly thing he would have liked to do without" that was taking weight off him and that in the end he won , taking him away at 58 years old.
Three weeks after the death of Sinisa Mihajlovic, football mourns another shocking death: the former Sampdoria striker, hero of the golden years, made his debut with the Cremonese of his heart, champion with the Juventus shirt, on the pitch and on the bench with Chelsea, he surrendered to pancreatic cancer which had dramatically marked his destiny since 2017.
He died in a London clinic, where he had been hospitalized a few days before Christmas due to the worsening of his conditions: the fact that the situation was worsening had also made him realize his farewell to the national team on December 14 in which he had announced that he had to leave each assignment in blue to heal.
"I have decided to suspend, hopefully temporarily, my present and future professional commitments. The goal is to use all my psycho-physical energies to help my body overcome this phase of the disease" his latest public statements.
Leaving that Italy to which he had returned to reunite with his lifelong friend, Roberto Mancini: they were the twins who scored the Sampdoria goal together again and to whom life had given other strong emotions.
Culminate in the European championship won at Wembley in 2021 and enclosed in a photo that is already history: a hug made of heart and tears that tells the story of the love between the current coach and Vialli. Vialli, a champion of grace always with a smile on his lips, died "surrounded by his family" (the elderly mother who in recent weeks has been shuttling between Cremona and London), after "five years of illness faced with courage and dignity His memory and his example will live forever in our hearts" the message of the family members who always very reserved will hold a private funeral in the English capital.
He leaves behind his wife Cathryn, married in secret, and daughters Sofia and Olivia that he said he would have loved to bring to the altar. Because Vialli had never given up on setting goals, despite everything.
"If you give up once then it becomes a habit" he always repeated, but instead he didn't want to do it.
"I'm afraid of dying - however he had confided on some occasions - I don't know when the light will go out what will be on the other side. But in a certain sense I'm also excited by being able to find out. I also realize that the concept of death serves to understand and appreciate life".
Because Vialli was like that, an "Italian boy" to use the words of the memory of Gianfranco Zola who flew to England and was appreciated everywhere: a gentleman, with polite, ironic, affable ways. Someone who knew how to locker room on and off the field.
And that with great dignity he had faced the battle with the "uninvited guest", an unwelcome traveling companion who he hoped would get tired of him. Vialli faced him without losing his smile, despite his sunken eyes and emaciated face. Two months ago the presentation of Marco Ponti's docu-film 'The beautiful season', the story in images of that magical Sampdoria capable of reaching one step from heaven.
Vialli and Mancini, always together also to recount those years made of goals and hugs, dreams and trophies. Of life, the one that Vialli wanted to smell until the end, gracefully, telling his two adored daughters that laughing and helping others is a bit of a sense of happiness. He wanted everyone around him to be happy, which is why he experienced the disease with shame, almost with a sense of guilt. He really didn't resign himself to the idea of hurting others.
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