La forza dell'ironia, dell'autoironia, del trovare il sorriso in ogni cosa e di non prendersi troppo sul serio: Gianluca Vialli riesce a trovare una battuta per tutto, anche per quel tumore che ora fa meno paura. ''A proposito del cancro voglio dire che sto bene. Non è stato facile ma questo periodo mi ha insegnato molto. Mi sto preparando anche meglio di quando giocavo a calcio, quindi credo che dovrete sopportarmi ancora a lungo''. Vialli lo annuncia mentre gli viene conferito il premio 'Il bello del calcio' dedicato a Giacinto Facchetti, durante il Candido Day della Gazzetta dello Sport. Parla alla platea con disinvoltura, senza nascondere la propria emozione, qualcuno si commuove, tutti ridono di gusto. Uno spettacolo di calcio raccontato. E' l'autenticità che Vialli riesce a trasmettere. ''Accetto con umiltà e orgoglio questo premio. Pensavo di non meritarlo - racconta ironico - poi ho visto che lo hanno dato anche a Zola e allora.. So come è andata la scelta, siete stati lì con i foglietti a decidere e avete detto: 'Diamolo a Vialli quest'anno perché magari l'anno prossimo sarà troppo tardi'''. E invece Vialli potrebbe decidere anche di accettare la proposta del presidente della Figc Gabriele Gravina e diventare capo spedizione della Nazionale: ''Può essere una prospettiva. Sono orgoglioso, un ruolo prestigioso che va fatto con responsabilità. Ho chiesto del tempo per riflettere, ragionamenti che sto facendo con la mia famiglia. Sarebbe fantastico prendermi cura ancora di Roberto''. Roberto Mancini, ct dell'Italia, e amico che con Vialli fece grande la Sampdoria. ''Lui era il bello, io il simpatico nelle serate libere mandavo avanti lui per far colpo. Perché è importante conoscere i propri limiti. Ho segnato tanto grazie a lui ma ho anche corso per lui, perchè non correva''. Aneddoti, scherzi, le citazioni di Boskov ''mi disse 'tu quando esci da spogliatoio, sembri cervo che esce da foresta' e io che avevo problemi con la fidanzata, pensavo sapesse più cose di me''. Poi il trasferimento alla Juve e l'addio Genova. ''Piansi quando se ne andò - racconta Mancini - era la fine di un'epoca''. Ma in bianconero Vialli sollevò la Coppa dei campioni: ''Sono stufo di essere l'ultimo capitano ad averla sollevata. Mi sarebbe piaciuto fosse toccato a Buffon, ma va bene anche Chiellini. L'importante è non Ferrara''. Risate, tante. Come quando ammette serenamente che il calcio gli ha dato tutto ''due figlie che adoro e amici veri'', dice con commozione. Ma ritrova subito il sorriso: ''Il calcio mi ha mia prima macchina con cui andavo in giro a fare il figo a Cremona, ma non solo perché mi ha fatto perdere anche la verginità... La cosa più importante? La 'calling', la vocazione. Avevo appena iniziato a camminare, ho dato un calcio al pallone e mi sono innamorato''.
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