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Per chi suona la campana
26 Marzo 2023 - 01:00
In foto il vescovo Emerito di Ivrea Monsignor Luigi Bettazzi con Don Davide Smiderle
Il prevosto don Davide Smiderle di Chivasso ha improntato il programma per la Quaresima ad un sapiente equidistanza fra le polarizzazioni che travagliano la Chiesa.
Ogni mercoledì egli commenta infatti il «Catechismo della Chiesa Cattolica», voluto fortemente dall’allora cardinale Joseph Ratzinger che mise all’opera per anni una prestigiosa equipe di teologi e che fu promulgato da San Giovanni Paolo II nel 1992 come uno dei frutti del Concilio Vaticano II.
Esso fu immediatamente subissato dalle critiche di teologi e vescovi progressisti che al tempo – ben diversamente da oggi dove nessuno osa fiatare – si esprimevano liberamente nelle critiche al Papa. Fra loro – ca va sans dire – non poteva mancare l’allora vescovo di Ivrea, monsignor Luigi Bettazzi il quale, manifestando le sue perplessità e con la sua innata idiosincrasia per la dottrina, si chiedeva se il catechismo non fosse uno strumento superato quando basta e avanza il Vangelo che ognuno può interpretare come vuole.
Don Davide però ha dato anche un colpo alla botte e venerdì ha invitato a Chivasso proprio l’emerito vegliardo a parlare sulla pace, un tema che al «vescovo rosso» è da sempre congeniale. La sua posizione è quella dell’ anti-violenza cattolica che è molto di più della non-violenza tradizionale e che si oppone radicalmente ad ogni azione bellica, anche difensiva, andando ben al di là della tradizionale dottrina cattolica della «guerra giusta».
La guerra è sempre un male, forse il male peggiore, essa non risolve ma aggrava le controversie e i dissidi ed è sempre una sconfitta per l’umanità.
L’obiettivo è perciò quello di una pace giusta. Tali principi fondamentali e indiscutibili vanno però calati nel concreto della realtà. Rispetto al conflitto in corso, determinato dall’aggressione della Russia allo stato sovrano dell’Ucraina, è possibile essere equidistanti? Cosa si intende per pace giusta? Quella che - al di là dei generici appelli - comporta la resa degli ucraini?
In caso di negoziato – che la Russia non vuole intraprendere – qual è la pace giusta per un paese aggredito nei suoi confini territoriali, quotidianamente bombardato nelle sue città e nelle sue popolazioni civili, che ha visto massacri da parte degli invasori sulla popolazione, che pure resiste eroicamente grazie agli aiuti anche militari dell’Occidente?
La resistenza eroica del popolo ucraino per la sua libertà non può essere fatta a mani nude e senza gli aiuti militari dell’Occidente l’Ucraina non esisterebbe già più come paese libero.
Quindi? Il negoziato – posto che venga avviato – dovrebbe cedere ai russi il Dombass e la Crimea e tutto il sud che guarda il mar Nero, magari fino ad Odessa privando l’Ucraina del suo accesso al mare e quindi strangolandola?
Oppure deve partire dal ritiro dei russi dall’Ucraina?
Perché i pacifisti non chiedono ai russi di ritirarsi qui ed ora? Chi ha il diritto di dire agli ucraini che negoziato vogliono e che pace vogliono avere? Vi è infine un ultimo tema. La guerra non è mai, dicono i pacifisti, necessaria, necessaria è soltanto la pace e guerra più guerra non fa la pace. Ma a qualsiasi costo? E la giustizia? L’idea di autodeterminazione dei popoli, di diritti umani, o di diritti del lavoro e delle donne non sono piovuti dal cielo, ma attraverso lotte anche armate, basti ricordare la Resistenza italiana.
Sono domande ineludibili alle quali il movimento pacifista – se vuole essere credibile – deve rispondere. In caso contrario non potrà che prestarsi a clamorose strumentalizzazioni interne ed esterne. I nobili appelli alla pace – sempre auspicabili - necessitano di interlocutori, devono rivolgersi a qualcuno e non possono essere generici.
* Frà Martino
Chi è Fra Martino? Un parroco? Un esperto di chiesa? Uno che origlia? Uno che si diverte è basta? Che si tratti di uno pseudonimo è chiaro, così com’è chiaro che ha deciso di fare suonare le campane tutte le domeniche... Ci racconterà di vescovi, preti e cardinali fin dentro ai loro più reconditi segreti. E sarà una messa non certo una santa messa, Amen
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