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Per chi suona la campana

Lo stemma di Bettazzi e la fiamma del MSI

La rubrica del nostro Fra' Martino

Lo stemma di Bettazzi e la fiamma del MSI

Luigi Bettazzi

Stanno per partire con  grande spolvero le celebrazioni centenarie non di un anniversario o di una ricorrenza qualunque, ma di un vivente, gloria della sinistra ecclesiale, stella polare di ogni «disobbediente», pacifista radicale e senza sconti, fautore dell’impegno politico gausciste, memoria vivente del Concilio, nume tutelare della diocesi di Ivrea, padre dei suoi preti, «eretico» professionale, critico  di ogni «indietrismo», scrittore prolifico e metodico (un libro all’anno!) propugnatore di un cristianesimo senza troppi dogmi ma affratellatore, divinatore delle dimissioni di Benedetto XVI, all’avanguardia sempre su ogni tema scottante così come cardinale sempre «in pectore» - ma si può ancora sperare! -, conferenziere brillante, adorato da tutte le canizie canavesane, raccontatore seriale di aneddoti e godibilissime storielle clericali, forse un po’ troppo a senso unico, culturalmente «aperto» e dialogante – per la verità con qualche eccezione – presenzialista non di suo ma perché invitatissimo e intervistatissimo, «ombra magna»  dei suoi successori e si potrebbe continuare per pagine intere fino alla monumentalizzazione totale.  

Stiamo parlando, ovviamente,  di monsignor Luigi Bettazzi, classe 1923, il castellano di Albiano sempre sulla breccia, che  avrà l’onore di inaugurare nel mese di giugno – non sappiamo se anche benedire -  proprio vicino alla sua dimora,  la «nuova Bose » di Enzo Bianchi il quale – dopo aver assaggiato la «misericordia di papa Francesco» ha già annunciato  che presto  vi si stabilirà ponendo fine al suo «esilio». 

Monsignor Bettazzi è stato – pardon è – un vero anticonformista,  sempre al passo  con i tempi. Molti credono però che egli non abbia mai avuto lo stemma episcopale – insegna reputata anacronistica e antievangelica -  in quanto non lo avrebbe  mai inalberato,  nè sulla fronte della cattedrale né su quella dell’episcopio. Invece non sarebbe così,  perché il «vescovo rosso» un blasone    quello che scelse nel 1964 a Bologna per l’ordinazione - lo ha avuto,  peraltro molto significativo e carico di simbolismi.  Si tratta di uno scudo con al centro una fiamma che si diparte dal pane eucaristico su cui campeggia la croce sovrastata dal cappello e dalle nappe di colore verde proprie dei  vescovi. Il motto poi  è ancora  più bello: «In caritate Dei, in patientia Christi». Ma allora perché fu abbandonato? Una leggenda metropolitana – che parrebbe confermata però dallo stesso Bettazzi – narra  come egli un giorno si rese conto che lo stemma aveva una incredibile somiglianza con la fiammella dell’MSI  e decise perciò di rimuoverlo. Sarà vero ? Papa Francesco, ricevette nel 2015  in  dono dal presidente  della Bolivia, Evo Morales, un crocifisso che invece della  tradizionale croce era costituito  da una rivisitazione della   falce martello. Il Santo Padre, dopo un attimo di esitazione, pare lo abbia gradito qualificandolo   non come il simbolo di una ideologia sanguinaria condannata dalla Chiesa,  ma come  un rimando  alla protesta del popolo e alla teologia della liberazione e per questo,  come  disse poi in aereo ai giornalisti,  lo tenne con sé.   

* Frà Martino

Chi è Fra Martino? Un parroco? Un esperto di chiesa? Uno che origlia? Uno che si diverte è basta? Che si tratti di uno pseudonimo è chiaro, così com’è chiaro che ha deciso di fare suonare le campane tutte le domeniche... Ci racconterà di vescovi, preti e cardinali fin dentro ai loro più reconditi segreti. E sarà una messa non certo una santa messa, Amen

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