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Eporedia Futura

Sua Signoria il Presidente del consiglio

Forse aveva ragione Andreotti a dubitare dello spirito dei politici

Giulio Andreotti rideva di sè stesso

Giulio Andreotti rideva di sè stesso

Chi ricorda la storica puntata di Biberon a cui partecipò Giulio Andreotti?

Correva l’anno 1988 e, dopo l’onnipresenza di un Oreste Lionello nei panni (e nelle orecchie) dell’allora Presidente del Consiglio, finalmente salì sul palco il politico – all’apparenza – meno adatto a quel tipo di palcoscenico.

Fu uno spettacolo a dir poco inconsueto, di cui è utile ricordare la famosa affermazione di Pippo Franco al Divo Giulio “I politici sono uomini di spirito”, alla quale seguì un gesto piuttosto dubbioso da parte dell’interlocutore, dimostratosi ben più di spirito di molti altri.

Cosa c’entra, però, tutto questo con una rubrica sulla politica eporediese?

Qualcuno potrebbe dire “nulla”, dal momento che, oggettivamente, non è che, qui come ovunque, brillino grandi esempi di “simpatia istituzionale”. Si badi bene: non va qui confusa la seriosità con la serietà, dato che quest’ultima rimane una delle principali virtù di chi si impegna nella cosa pubblica.

Non fa certo eccezione il Presidente del Consiglio Comunale Luca Spitale che, durante l’ultima seduta del 25 marzo, ha reagito non benissimo a come mi sono rivolto (correttamente) alla sua persona, prima, e a una battuta, poi. Né grande linguista né mattatore, quindi. I maligni direbbero “nemmeno grande Presidente del Consiglio”, visti i numerosissimi interventi fatti a titolo personale. Ma qui non si vuole di certo assecondare tali voci.

Il tutto nasce dall’equivoco di trovare un senso di scherno nell’espressione “se la Sua Signoria lo permette”, da me proferita durante l’intervento sull’interpellanza generale sul futuro del Movicentro, che lo ha spinto a interrompermi per richiedermi formalmente di essere chiamato “Presidente”. In effetti, non è la prima volta che il Presidente Spitale vede nelle mie espressioni formali qualcosa di sgradevole, come quando si sentì in dovere di concedere la parola alla maggioranza, nonostante la chiusura della discussione sul punto in questione, in quanto da me invocata con un “lorsignori”.

Posto che il trattamento di Sua Signoria sarebbe piuttosto appropriato per chi utilizza così soventemente termini come “concedo”, “permetto”, “consento” – che rimandano indubbiamente a sovrani illuminati, lord e tant’altro – ciò che veramente non ha digerito è stata la battuta con cui ho risposto alla suddetta richiesta: “Presidente, Presidentessa, come preferisce: siamo aperti e tolleranti!”.

Apriti Cielo. Questo evidente turpiloquio, ritenuto lesivo di tutta l’aula consiliare – quando, invece, nulla è stato detto a chi ha apostrofato uno Stato democratico come terrorista –, mi è costato un richiamo formale (l’unico a cui abbia assistito negli ultimi sei anni di Consigli Comunali) quando, conoscendo il Presidente Spitale, avrei ritenuto più probabile una risposta altrettanto sottile.

E invece no.

Forse aveva ragione Andreotti a dubitare dello spirito dei politici, dal momento che vediamo chi si trova affatto a proprio agio di fronte alla satira, chi si lega al dito una provocazione e chi si richiama al Regolamento del Consiglio Comunale per una battuta.

Non sono sicuro che la politica faccia o debba far ridere ma sono sempre più convinto, oggi soprattutto, della correttezza del “ridiamo per non piangere”!

giulio andreotti

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