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Condannati i boss della ‘ndrangheta che Roberto Rosso aveva pagato per aver voti alle elezioni regionali

Il politico trinese attende il processo d’appello

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Roberto Rosso, 62 anni

ROMA. (r.c.) - I due boss della ‘ndrangheta Onofrio Garcea e Francesco Viterbo hanno incassato l’ennesima – e stavolta definitiva – condanna per voto di scambio politico mafioso. Particolare per nulla irrilevante: per questo reato i due pregiudicati (a questo punto se ne può parlare in questi termini) rispondono in concorso con l’ex assessore regionale di centrodestra Roberto Rosso. Che nel processo di primo grado è stato condannato a cinque anni, ma che spera ancora nell’Appello. 

La pronuncia della Cassazione su Garcea e Viterbo, che ratifica quanto stabilito dalla Corte d’Appello di Torino il 17 dicembre 2021, non è di buon auspicio per Rosso. Perché se anche le condotte sono personali, il fatto analizzato in tre gradi di giudizio è il medesimo con la sola differenza della scelta del rito: Garcea e Viterbo hanno scelto l’abbreviato, Rosso aveva optato per difendersi in aula, di fronte ai giudici di Asti.

Ora Onofrio Garcea e Francesco Viterbo sono stati condannati rispettivamente a 4 anni e 8 mesi e a 7 anni e 7 mesi. Sono i due affiliati alla malavita calabrese che avevano stretto - secondo la procura e ora pure per i giudici di legittimità - il patto elettorale con Rosso: voti in cambio di soldi; 7900 euro pagati in tre tranches dall’ex politico trinese di Fratelli d’Italia. Il solo Viterbo pagherà anche l’associazione mafiosa, reato che Garcea annovera già nel suo casellario. 

Intanto si è in attesa della fissazione del processo di secondo grado per l’ex assessore regionale. E per il sostituto procuratore Paolo Toso non sarebbe stata congrua la pena inflitta a Rosso. Troppo bassa la pronuncia a cinque anni che ha beneficiato della concessione delle attenuanti generiche. Per il magistrato Toso «non vi è dubbio che Rosso abbia mentito al tribunale. Lo ha fatto nel quadro di una strategia processuale assolutamente legittima, che ha profittato delle prime, solo parziali, risultanze delle intercettazioni telefoniche esposte dai testimoni della polizia giudiziaria, nella speranza che le ulteriori conversazioni intercettate non emergessero».

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