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20 Febbraio 2024 - 21:41
Corteo Storico Carnevale
Sempre più eventi anche con origine locale, legati ad una tradizione di un territorio o di una città, si stanno trasformando in “grandi eventi”.
Aumenta la visibilità grazie alla rete e di conseguenza aumenta in maniera esponenziale la presenza nei giorni della manifestazione. Cresce ovunque il desiderio ad essere parte di “grandi feste”, la voglia di esserci. Accade anche al nostro carnevale cittadino, sempre più conosciuto oltre che in tutta Italia anche al di fuori dei confini del nostro paese. Il numero di partecipanti è in continua crescita, non solo tra gli eporediesi e i canavesani, ma anche da tutta Italia e dall’estero.
Andando a pranzo in un agriturismo della piccola frazione di Calea di Lessolo, le proprietarie mi hanno detto che erano in attesa di nove ospiti olandesi che venivano in Italia per vedere il carnevale di Ivrea, con tanto di biglietti già acquistati online per la domenica. Ed è ormai storica la presenza del signor Kazuhiko Takahashi che da 27 anni arriva a Ivrea dal Giappone per tirare le arance nelle fila dei Tuchini.
Lo storico carnevale di Ivrea è diventato dunque un evento nazionale e internazionale per le presenze, ma rimane comunque in questa manifestazione una cifra provinciale, in alcuni la nostalgia del piccolo è bello. Molti fra i partecipanti attivi vorrebbero un carnevale più “riservato”, una cosa nostra.
Mentre la crescita di partecipazione è naturalmente un fattore positivo per la città e il suo sviluppo anche in chiave turistica, certo l’evento va ben gestito. Per questi sentimenti contrastanti il fenomeno dei grandi eventi e del loro impatto sulla popolazione e sulle città è oggetto di studio a vari livelli, sociologico, economico, culturale, ambientale, ed anche psicologico.
Scrive una laureanda dell’università Ca’ Foscari di Venezia nella sua tesi di laurea intitolata “Analisi dell’impatto sociale degli eventi sulle popolazioni ospitanti”: Una volta che la popolazione è conscia delle particolarità e rarità che la propria regione può offrire, e dell’interesse che suscita a livello nazionale ed internazionale, si verifica un aumento dell’orgoglio locale: maggior partecipazione ed interesse per le attività che si sviluppano all’interno della comunità che porta ad un aumento della collaborazione tra gli individui e dello spirito comunitario. Così sensibilizzati si rendono conto dei tesori che possono far conoscere, diventano più consapevoli di ciò che devono trasmettere e dell’attenzione che devono riversare nei loro atteggiamenti verso il turista; un visitatore che trova un clima accogliente e partecipato è più spinto a ripetere l’esperienza o a pubblicizzarla tramite passaparola.”
È esattamente così. Per questo è stato un brutto errore escludere un pezzo di centro storico dal percorso del corteo della mugnaia e a quanto leggo senza nemmeno preavvisare commercianti e abitanti delle vie escluse, Arduino, piazza Maretta, Guarnotta. Con questa decisione, non condivisa, è saltato quel presupposto da tenere sempre presente nell’organizzazione di grandi eventi cittadini, la popolazione va sempre coinvolta e informata. Solo così si potranno avere quegli effetti positivi illustrati dalla studentessa della Ca’ Foscari nella sua tesi.
Mi trovo dunque molto d’accordo con quanto scrive Ciro Lubrano nella lettera aperta al Presidente della Fondazione Storico Carnevale e al Sindaco di Ivrea, portando la voce dei commercianti e degli abitanti di via Arduino amareggiati e delusi per essere stati esclusi e ignorati.
Se un evento che diventa grande si dimentica da dove nasce, quali sono le sue radici, se non si mette nel bilancio la partecipazione e il coinvolgimento di tutta la città, a maggior ragione di tutto il suo centro storico, trattandosi appunto di manifestazione storica, e se non ci si adopera per superare ogni ostacolo che eventualmente si presenti, quell’evento risulterà monco, non si trasformerà in una festa collettiva.
Io sono nata in via Guarnotta, la mattina della domenica di carnevale ci svegliavamo con l’odore dei fagioli grassi e vivevamo tre giorni con l’odore di arance per tutta la casa (si tirava anche in piazza Gioberti), una grande festa per noi bambini e un senso di sospensione degli affanni per gli adulti.
Non basta seguire il protocollo carnevalesco con i suoi proclami e riti per compiere l’evento della tradizione collettiva. Mai si salterebbe la visita al Vescovo oppure l’alzata degli abbà, ebbene nemmeno si doveva privare un pezzo di cuore cittadino della partecipazione alla festa fra le sue strade. A maggior ragione con una via Arduino che vive un momento di difficoltà per la desertificazione commerciale con più serrande chiuse che aperte. “Think global, act local”, si dice nelle aziende, “Pensa in grande, agisci per il più piccolo” potremmo raccomandare per il nostro carnevale.
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