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Cronaca

Aggredì la ex con l’acido nel suo salone, condannato a tre anni Giancarlo Murroni

Per il gup di Verbania non ci fu premeditazione né volontà di sfigurare. Riqualificate le accuse contro il 64enne

Aggredì la ex con l’acido nel suo salone, condannato a tre anni Giancarlo Murroni

Aggredì la ex con l’acido nel suo salone, condannato a tre anni Giancarlo Murroni (immagine di repertorio)

È arrivata oggi la condanna per Giancarlo Murroni, il 64enne che il 28 dicembre 2024 aveva aggredito con l’acido la sua ex compagna nel salone da parrucchiera dove la donna lavorava, nel centro di Verbania. Il gup Mauro D’Urso, al termine del processo celebrato con rito abbreviato, lo ha condannato a tre anni di reclusione, accogliendo la richiesta della Procura, rappresentata dal sostituto procuratore Francesco Di Maggio.

Il giudice ha riconosciuto le attenuanti generiche e riqualificato le accuse iniziali, ridimensionando l’impianto accusatorio. L’ipotesi di tentata deformazione dell’aspetto della persona mediante lesioni permanenti al viso, aggravata da premeditazione, uso di sostanze venefiche e dal fatto che la vittima fosse un’ex convivente, è stata ricondotta a tentate lesioni personali gravissime. Il reato di stalking è stato riqualificato in minacce, mentre resta la contestazione per lesioni aggravate.

Murroni, arrestato poche ore dopo l’aggressione e posto ai domiciliari da giugno, dovrà versare alla vittima una provvisionale di 10.000 euro, di cui 4.000 già anticipati nei mesi scorsi.

Secondo la ricostruzione emersa dalle indagini, l’uomo si era presentato nel negozio della ex con due bottigliette contenenti acido cloridrico al 6,5%, gettando il liquido verso la donna. La sostanza aveva colpito solo in parte la parrucchiera, che fortunatamente non aveva riportato lesioni fisiche gravi, ma un forte trauma psicologico, come confermato anche dai consulenti.

In aula, l’avvocata difensore Marisa Zariani ha descritto il gesto come “un momento di pazzia”, sottolineando che il suo assistito «è molto dispiaciuto per quanto accaduto». La difesa ha inoltre sostenuto che Murroni non avesse pianificato un’aggressione, ma volesse soltanto danneggiare l’auto della ex, bucandone gli pneumatici, come già accaduto in passato.

Il giudice non ha ritenuto credibile l’intento di colpire l’auto, ma ha escluso la premeditazione e la volontà di sfigurare la donna, accogliendo così la linea della Procura che aveva chiesto tre anni di carcere.

Il caso aveva destato grande scalpore a Verbania e nel Verbano Cusio Ossola. Subito dopo l’arresto, il 64enne era stato detenuto in carcere, poi trasferito ai domiciliari in Val d’Ossola, ospitato nella casa della sua ex moglie e sottoposto a braccialetto elettronico.

Durante la fase istruttoria era emerso che Murroni aveva acquistato le bottigliette d’acido pochi giorni prima dell’aggressione. Gli investigatori avevano inizialmente ipotizzato una pianificazione lucida e preordinata, ma le analisi chimiche condotte dai periti hanno evidenziato che si trattava di una soluzione a bassa concentrazione (6,5%), non idonea a causare danni irreversibili.

La Procura di Verbania aveva quindi sostenuto la linea della tentata lesione gravissima, ritenendo che l’intento fosse quello di intimidire e spaventare, più che distruggere fisicamente l’aspetto della vittima. La parte civile aveva chiesto un risarcimento di 70.000 euro, somma che sarà valutata in sede civile.

La donna, che da allora ha lasciato il salone dove è avvenuta l’aggressione, continua a essere seguita da uno psicologo e ha ribadito, tramite i suoi legali, di voler “chiudere definitivamente questa pagina di violenza e paura”.

L’avvocata Zariani ha annunciato che valuterà un eventuale ricorso in appello, ma ha riconosciuto la “decisione equilibrata e umana del tribunale”, che ha tenuto conto della confessione e della collaborazione dell’imputato.

La sentenza di oggi segna la fine di un processo che ha tenuto alta l’attenzione sul tema della violenza contro le donne e sulla difficoltà, spesso sottovalutata, di individuare per tempo i segnali che precedono un gesto estremo. Un caso emblematico di ossessione e rancore, trasformatisi in un atto che poteva avere conseguenze devastanti.

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