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Cronaca

Il gioielliere che sparò ai rapinatori: per la Procura Generale “non fu difesa, ma vendetta”

In Corte d’Appello il caso di Mario Roggero, condannato a 17 anni per aver ucciso due banditi nel 2021. Il pubblico ministero Greco: “Si fece giudice e carnefice, ripristinando la pena di morte per evitare processi lunghi e noiosi”

Carcere

Il gioielliere che sparò ai rapinatori: per la Procura Generale “non fu difesa, ma vendetta”

È tornato in aula, a Torino, uno dei processi più discussi degli ultimi anni, quello contro Mario Roggero, 71 anni, gioielliere di Grinzane Cavour condannato in primo grado a 17 anni di carcere per l’omicidio di due rapinatori e il tentato omicidio di un terzo durante un assalto al suo negozio nel 2021. La Procura generale, rappresentata dai magistrati Davide Greco e Giancarlo Aventi Bassi, ha ricostruito in aula la sequenza dei fatti, definendo l’azione dell’imputato non come un gesto di difesa, ma come un atto di vendetta.

«La sua non fu legittima difesa — ha detto Greco — fu una illegittima vendetta». Parole che risuonano pesanti nella seconda sezione penale della Corte d’Appello torinese, dove sono stati nuovamente proiettati i filmati di videosorveglianza che documentano l’inseguimento dei rapinatori in strada e gli spari esplosi contro di loro. “Sono prove che parlano da sole”, ha aggiunto il pubblico ministero, sottolineando come, dalle immagini, emerga chiaramente che il gioielliere aveva consapevolezza che la moglie fosse al sicuro nel negozio, contrariamente a quanto sostenuto dalla difesa.

Secondo l’accusa, l’uomo non avrebbe agito per proteggere se stesso o i familiari, ma per punire i rapinatori. Greco ha ricordato le parole pronunciate da Roggero in un’intervista successiva alla tragedia, quando spiegò di aver voluto impedire che i malviventi “la facessero franca” come quelli che nel 2015 avevano già assaltato la sua gioielleria. “Ma quei rapinatori del 2015 — ha puntualizzato il pm — erano stati arrestati e condannati. Il punto è che a Roggero, evidentemente, così non piaceva. Quindi si è fatto giudice e carnefice, ripristinando la pena di morte per evitare processi lunghi e noiosi. Ci è riuscito con due, con il terzo no”.

L’accusa, nel corso dell’udienza, ha chiesto alla Corte di guardare alle prove con “freddezza e ragionevolezza”, rimarcando che il movente del gioielliere non può essere ricondotto a un riflesso di paura, ma a una volontà deliberata di eliminare chi lo aveva aggredito. Il pubblico ministero Aventi Bassi, intervenuto al fianco di Greco, ha condiviso la ricostruzione, mentre in aula era presente anche il procuratore generale del Piemonte, Lucia Musti, a conferma della rilevanza del caso.

L’episodio, avvenuto nel 2021 a Grinzane Cavour, aveva scosso l’opinione pubblica e diviso il Paese tra chi considerava Roggero un cittadino esasperato che aveva reagito sotto choc e chi, invece, vedeva in quella sparatoria un gesto sproporzionato. Il negoziante, dopo aver subito una rapina a mano armata, aveva inseguito i tre malviventi per strada e sparato più volte, uccidendone due sul colpo e ferendo gravemente il terzo.

In primo grado, il Tribunale di Asti aveva riconosciuto l’eccesso colposo di legittima difesa, ma non la scriminante completa. La condanna a 17 anni aveva segnato un punto fermo per la giustizia, ma non per il dibattito pubblico, ancora acceso.

Ora l’appello potrebbe cambiare gli equilibri. L’avvocato della difesa insiste sullo stato di turbamento e di paura dell’imputato, richiamando l’emozione incontrollata di chi ha vissuto più volte l’incubo di una rapina armata. L’accusa, invece, contesta quella narrazione, parlando di una reazione lucida e determinata.

Il verdetto non arriverà subito. Ma, qualunque sia l’esito, il processo Roggero è già diventato un simbolo di un confine sottile e controverso: quello tra difesa e vendetta, tra paura e punizione, tra giustizia e rabbia.

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