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Cronaca

Furti all'obitorio, gioielli rubati ai defunti: indagine shock su sei operatori dei servizi funebri comunali

Tra le accuse furto e ricettazione: monili scomparsi da obitori e case dei morti, poi rivenduti ai compro oro. La Procura indaga, la città si interroga sulla fiducia tradita

Furti all’obitorio

Furti all'obitorio, gioielli rubati ai defunti: indagine shock su sei operatori dei servizi funebri comunali

L’inchiesta, condotta dalla Procura di Milano con il procuratore aggiunto Bruna Albertini e il pm Antonio Cristillo, è nata da un dettaglio segnalato un anno fa: la sparizione di monili dalla salma di un uomo, denunciata da un familiare durante le procedure post mortem. Quella segnalazione, apparentemente isolata, ha acceso i riflettori su un sistema di anomalie che, nel tempo, si è rivelato ben più ampio.

Gli accertamenti sono stati affidati alla Squadra interventi speciali del Radiomobile della Polizia locale, coordinata dal comandante Gianluca Mirabelli, che nelle ultime settimane ha eseguito perquisizioni nei luoghi di lavoro e nelle abitazioni degli indagati. I sospetti si concentrano su un gruppo di operatori comunali — alcuni ancora in servizio, altri licenziati di recente — che avrebbero approfittato del proprio ruolo per trafugare collane, orecchini, bracciali e persino, secondo alcune fonti investigative, un’arcata dentaria in oro.

I furti sarebbero avvenuti nelle camere mortuarie dell’obitorio di piazzale Gorini e in alcune abitazioni dei defunti durante le fasi di rimozione delle salme. La dinamica ipotizzata dagli inquirenti è tanto semplice quanto inquietante: piccoli prelievi di valore, subito monetizzati attraverso una rete di compro oro. Alcune ricevute intestate agli indagati, con date compatibili con i furti denunciati, avrebbero rafforzato i sospetti. Incrociando le transazioni con gli orari di servizio e gli accessi alle strutture sensibili, gli investigatori stanno tracciando la rete di movimenti e connessioni.

Gli episodi contestati, spiegano fonti vicine all’indagine, potrebbero risalire anche a periodi precedenti alla prima denuncia formale. Se confermato, lo schema racconta una forma di appropriazione sistematica, capace di sfuggire a controlli interni troppo deboli.

Dal punto di vista giudiziario, per gli indagati vale la presunzione di innocenza. Ma il danno all’immagine del servizio pubblico è già evidente. In una città che da sempre si affida al rigore della macchina amministrativa, scoprire che anche l’obitorio comunale può trasformarsi in terreno di abuso è un colpo che lascia il segno. Il valore simbolico del gesto — sottrarre oggetti a chi non ha più voce — travalica la cronaca per toccare la sfera morale.

Ora l’inchiesta entra in una fase cruciale. Gli investigatori stanno confrontando i dati raccolti con i registri dei compro oro per individuare eventuali refurtive ancora in circolazione. Parallelamente, il Comune di Milano sta valutando misure per rafforzare i protocolli di custodia, garantire la tracciabilità degli effetti personali e prevenire nuovi episodi.

Il caso, oltre a un fascicolo penale, apre una ferita civile: quanto è protetta la dignità dei defunti affidati ai servizi pubblici? E quanto è solido il sistema di vigilanza che dovrebbe tutelarla? Nessuna risposta potrà cancellare lo sconcerto, ma l’indagine in corso potrà almeno restituire trasparenza e fiducia in un settore dove il rispetto dovrebbe essere la prima, e ultima, regola.

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