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Cronaca
10 Novembre 2025 - 14:19
Silvio Viale, il pm chiede un anno e quattro mesi di condanna per violenza sessuale
Un anno e quattro mesi di reclusione. È la richiesta di condanna avanzata dalla Procura di Torino nei confronti di Silvio Viale, ginecologo dell’ospedale Sant’Anna e consigliere comunale in carica per +Europa–Radicali, accusato di violenza sessuale connotata dalla minore gravità. L’inchiesta, coordinata dal procuratore aggiunto Cesare Parodi e sostenuta in aula dalle pm Delia Boschetto e Lea La Monaca, riguarda tre episodi distinti, denunciati da altrettante donne che avevano avuto contatti con il medico nel suo studio professionale.
Secondo le indagini, le presunte vittime avrebbero raccontato di apprezzamenti inopportuni, commenti offensivi e comportamenti non consoni al rapporto tra medico e paziente. Nelle testimonianze emergono anche palpeggiamenti e atteggiamenti lascivi, ritenuti dagli inquirenti privi di ogni giustificazione clinica. Gli episodi, contestualizzati nel rapporto fiduciario tipico della visita ginecologica, hanno spinto la Procura a formulare l’accusa di violenza sessuale, pur nella forma attenuata prevista dall’ultimo comma dell’articolo di legge.
Il procedimento si svolge con rito abbreviato, scelta che consente uno sconto di pena in caso di condanna. In origine erano dieci le denunce presentate contro Viale, ma in sei casi il pubblico ministero aveva già disposto l’archiviazione, mentre per un settimo episodio – che sarebbe avvenuto all’interno del Sant’Anna – l’accusa è stata ritirata nel corso dell’udienza di oggi, 10 novembre. Restano dunque tre episodi al centro del processo, tutti riferiti a presunti abusi avvenuti in ambito privato.

Il ginecologo, difeso dall’avvocato Cosimo Palumbo, ha sempre respinto ogni addebito, sostenendo la correttezza del proprio comportamento professionale. In un’udienza precedente, aveva definito “infondate e strumentali” le accuse, negando di aver mai compiuto gesti a sfondo sessuale o di possedere materiale fotografico illecito. «Sul mio computer non c’è nessuna immagine di pazienti nude», aveva dichiarato, ribadendo la propria innocenza.
La figura di Silvio Viale, da anni nota nel panorama politico torinese per le sue battaglie in tema di diritti civili, aborto e fine vita, è tornata più volte al centro delle polemiche. A gennaio 2025, il consigliere era finito nella bufera per una frase sessista pronunciata in Aula, rivolta ad alcune colleghe durante una discussione consiliare. «Tornate nei vostri quartieri a fare le casalinghe», aveva detto, provocando l’interruzione della seduta e l’uscita di diverse consigliere in segno di protesta.
Le parole, ritenute offensive e discriminatorie, avevano scatenato la reazione del Partito Democratico torinese, che ne aveva chiesto le dimissioni, definendo il suo atteggiamento «un doppio insulto, verso le donne e verso le casalinghe». L’assessore al Welfare Jacopo Rosatelli aveva parlato di «un’espressione inaccettabile e sessista», mentre la consigliera Ludovica Cioria aveva invitato Viale a scusarsi pubblicamente. Il diretto interessato, invece, aveva replicato sostenendo che si trattava di «una battuta travisata», aggiungendo: «Non ho nulla di cui scusarmi, al massimo dovrei chiedere scusa alle casalinghe. Mia moglie lo è, e ne sono orgoglioso».
Nonostante la difesa pubblica, l’episodio aveva alimentato un dibattito più ampio sul linguaggio istituzionale e la rappresentanza politica, con appelli trasversali alla necessità di un codice etico all’interno della Sala Rossa. Per il segretario cittadino del Pd Marcello Mazzù, «un consigliere che pronuncia frasi simili non può continuare a ricoprire quel ruolo».
Oggi, la richiesta di condanna della Procura riaccende i riflettori su un caso che intreccia questioni giudiziarie e politiche, e che coinvolge uno dei personaggi più discussi della scena torinese. Il processo proseguirà con le repliche e la sentenza nelle prossime settimane.

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