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10 Settembre 2025 - 23:00
Noemi Petracin
Un clic di microfono, una pausa di pochi secondi, poi quella frase che mai dovrebbe risuonare in un’assemblea istituzionale: «starà facendo un p…o». Non un fuori onda da bar, non una chiacchiera tra amici al telefono, ma un commento pronunciato durante una seduta della Circoscrizione Otto di Torino, a microfono aperto, ascoltabile da chiunque stesse seguendo i lavori. Bastano poche parole per far scoppiare un caso politico che oggi agita il Partito Democratico, già alle prese con un clima interno logorato e con una maggioranza circoscrizionale ridotta ai minimi termini.
A denunciare pubblicamente l’episodio è Noemi Petracin, consigliera dem, che racconta come tutto sia avvenuto in modo quasi surreale: lei tarda un attimo a rispondere all’appello nominale di fine seduta, la funzionaria la richiama, lei accende il microfono e conferma la presenza. Un istante dopo, in sottofondo, la voce di Dario Pera, collega di partito e coordinatore della Commissione commercio, che pronuncia quella frase inequivocabile. Non si tratta di un sentito dire: l’audio della registrazione ufficiale della riunione è chiaro e disponibile, perché ogni seduta è pubblica e accessibile ai cittadini.
Dario Pera
Nell’elenco dei consiglieri, i due risultano uno di seguito all’altra: prima risponde Pera, subito dopo tocca a Petracin. È in quella sequenza che si incastra l’osservazione che ha fatto sobbalzare molti. All’inizio lei non sembra farci troppo caso, ma nel giro di poche ore arrivano messaggi, segnalazioni, colleghi che la avvisano convinti che non abbia sentito. Nel frattempo la chat interna della Circoscrizione si infiamma, le posizioni si irrigidiscono, il caso si allarga.
La consigliera sceglie allora di esporsi, raccontando quanto accaduto come un ennesimo episodio di sessismo che non può più passare sotto silenzio. Il suo ragionamento è semplice: non si tratta solo di un’offesa personale, ma di un modo di fare che continua a colpire le donne in ogni ambiente, compreso quello politico, e che mina la credibilità delle istituzioni stesse. Per Petracin, non è compatibile con il ruolo pubblico di chi siede in Consiglio circoscrizionale pronunciare certe frasi, tanto più se si è uomini di esperienza e di partito.
Dall’altra parte, Dario Pera prova a respingere le accuse, sostenendo che le parole non erano rivolte a lei, ma riguardavano una conversazione privata, avvenuta in casa mentre aveva il microfono acceso senza accorgersene. Una difesa che non basta a spegnere le polemiche: perché, al di là dell’intenzione, resta la sostanza. La frase è stata ascoltata, registrata, rilanciata, ed è diventata un caso politico che oggi pesa sulle spalle del Pd torinese.
Ma la vicenda non arriva in un momento qualsiasi. La Circoscrizione Otto, che governa un territorio ampio e complesso — dal Lingotto a Santa Rita, fino a Mirafiori Sud e Stupinigi — da mesi è in affanno. Molte commissioni sono rimaste scoperte, in alcuni casi da tempo. La Quarta Commissione, quella dedicata a Cultura e Sport, è vacante proprio da quando Noemi Petracin ha deciso di dimettersi dal ruolo di coordinatrice. La Quinta, che si occupa di Bilancio, è senza guida dall’autunno scorso. In totale, le caselle vuote hanno superato quota tre, lasciando il presidente Massimiliano Miano a sobbarcarsi in prima persona una serie di deleghe pesanti: dalla sanità alla cultura, fino alla gestione economica.
Di fatto, oggi la Giunta circoscrizionale poggia su tre soli coordinatori: Alberto Loi Carta (Urbanistica e viabilità), lo stesso Dario Pera (Commercio e lavoro), e Giovanna Garrone (Ambiente). Troppo poco per gestire un territorio con oltre 130 mila abitanti e problematiche che spaziano dai servizi alla mobilità. La maggioranza dem, già ridimensionata, appare fragile e continuamente esposta alle tensioni interne.
E non mancano nemmeno i colpi di scena politici. A febbraio 2025 è nata la “Lista civica per la 8”, formata dai consiglieri Alessandro Lupi e Roberto Passadori. Una mossa che ha scosso la maggioranza e aperto un fronte di contestazione sulle nomine delle commissioni vacanti. Il Partito Democratico ha scelto di non assegnare alla lista civica alcun ruolo di coordinamento, alimentando malumori e nuove spaccature. Pochi mesi dopo, a giugno, Italia Viva, rappresentata proprio da Lupi e Passadori, ha deciso di passare ufficialmente all’opposizione, denunciando l’esclusione dai ruoli chiave nonostante il peso numerico del gruppo. L’accusa, rivolta al Pd, è quella di voler concentrare il potere solo su se stesso, sacrificando il dialogo e lasciando la Circoscrizione in una situazione di stallo.
In questo scenario già compromesso, l’episodio che vede protagonista Pera diventa benzina su un fuoco che brucia da tempo. Non è solo questione di rispetto verso una collega: il caso si inserisce in una catena di problemi che mostrano come la Circoscrizione Otto fatichi a garantire un funzionamento regolare, sia sul piano politico che su quello istituzionale. Il rischio concreto è che l’ennesima vicenda di linguaggio sessista, oltre a incrinare i rapporti personali, si trasformi in un ulteriore detonatore di crisi.
Non si tratta, d’altra parte, di un episodio isolato nella politica torinese. Negli ultimi anni non sono mancati i precedenti: dal “tornate a fare le casalinghe” pronunciato dal radicale Silvio Viale in Sala Rossa, fino alla lettera aperta delle quattro consigliere della Circoscrizione Due che denunciavano molestie e battute spinte da parte di un collega. Ogni volta lo stesso copione: indignazione, richieste di rispetto, la necessità di riaffermare che certi comportamenti non possono essere normalizzati.
Adesso, però, la questione è tutta interna al Partito Democratico, che deve decidere come muoversi. Archiviare il caso come un equivoco, oppure prendere posizione netta e avviare un confronto interno che non si limiti a spegnere l’incendio del momento. Noemi Petracin ha scelto la via della denuncia, sottolineando che il rispetto non è opzionale e che senza rispetto non può esserci collaborazione politica. La palla è nel campo del Pd, che dovrà dimostrare se è in grado di gestire non solo i numeri della sua fragile maggioranza, ma anche la qualità dei rapporti tra chi ne fa parte.
Al netto delle versioni contrastanti, resta un fatto: quelle parole sono risuonate pubblicamente e hanno trasformato una seduta di routine in una vicenda capace di incrinare i rapporti interni e di aprire una ferita politica. Una vicenda che racconta, ancora una volta, quanto sia fragile il confine tra la serietà delle istituzioni e la leggerezza di chi pensa di poter parlare senza conseguenze. E quanto sia necessario, anche nelle aule più periferiche della città, ricordare che ogni parola pesa.
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