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Cronaca
08 Novembre 2025 - 08:49
Delitto di Collegno, l’ingegnere che ha confessato resta in carcere: il giudice contesta la premeditazione (immagine di repertorio)
Un delitto nato nell’ombra di un conflitto familiare e finito con una confessione che non attenua la gravità delle accuse. Il giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Torino ha disposto la custodia cautelare in carcere per Michele Nicastri, 49 anni, ingegnere informatico, ritenuto reo confesso dell’omicidio di Marco Veronese, l’imprenditore di 39 anni ucciso a coltellate la notte del 23 ottobre a Collegno.
Il Gip ha contestato all’indagato l’aggravante della premeditazione e quella dei futili motivi, configurando il reato di omicidio volontario aggravato. Una decisione che riflette, secondo la magistratura torinese, la solidità del quadro indiziario e la gravità dei fatti accertati durante le indagini.
Secondo la ricostruzione degli inquirenti, Nicastri sarebbe arrivato sul luogo del delitto dopo aver seguito la vittima o comunque pianificato il momento dell’incontro. L’omicidio si è consumato intorno all’una e mezza di notte, in via Sabotino, a pochi metri dalla casa dei genitori di Veronese, dove l’uomo viveva dopo la separazione. Il 39enne è stato colpito da oltre dieci fendenti, senza possibilità di difesa.
Gli investigatori hanno ricostruito il percorso compiuto da Nicastri grazie a centinaia di immagini delle telecamere di videosorveglianza e ai dati delle celle telefoniche. Elementi che hanno consentito di ricostruire il tragitto del veicolo utilizzato quella notte e di collocarlo con precisione sul luogo del delitto.
Il movente, secondo gli inquirenti, affonderebbe le radici in un aspro conflitto familiare. Nicastri è infatti il compagno dell’ex moglie di Veronese, con la quale la vittima aveva avuto tre figli. Rapporti tesi, questioni legate all’affidamento dei minori e rancori mai sopiti sarebbero il terreno su cui è maturato l’omicidio.
Durante l’udienza di convalida del fermo, l’ingegnere avrebbe espresso dispiacere per quanto accaduto, pur sostenendo di non aver mai avuto intenzione di uccidere. La difesa ha infatti tentato di ridimensionare l’episodio, sostenendo che l’uomo volesse soltanto danneggiare l’auto della vittima, bucandone gli pneumatici, come sarebbe già accaduto in passato.
Una versione che la magistratura valuterà nel prosieguo dell’inchiesta, verificando la coerenza tra le dichiarazioni dell’indagato e gli elementi raccolti sul campo. Ma al momento, secondo il giudice, l’ipotesi della premeditazione resta “plausibile e fondata”, considerato il contesto di tensioni pregresse e la dinamica dell’aggressione.
L’aggravante della premeditazione implica un atto pianificato, maturato con lucida intenzionalità e preparazione; quella dei futili motivi riguarda invece un movente considerato banale e sproporzionato rispetto all’esito mortale. Entrambe aggravano notevolmente la posizione dell’indagato e, se confermate in sede processuale, comporterebbero un inasprimento della pena.
Resta ancora da chiarire la sequenza esatta dell’aggressione, l’eventuale presenza di altri testimoni e la natura del confronto tra i due uomini prima dell’accoltellamento. Gli investigatori stanno inoltre verificando episodi precedenti di danneggiamenti alla vettura di Veronese, già denunciati in passato, per stabilire se possano costituire un precedente significativo nella catena di eventi che ha portato alla tragedia.
Nelle prossime settimane il caso passerà alla Procura di Torino, che dovrà decidere se richiedere il giudizio immediato o proseguire con gli accertamenti preliminari. Intanto Nicastri resta rinchiuso nel carcere “Lorusso e Cutugno” di Torino, in attesa di ulteriori sviluppi.
La morte di Marco Veronese, imprenditore stimato e conosciuto a Collegno per la sua attività nel settore dei sistemi di videosorveglianza, ha scosso la comunità locale e lasciato una ferita profonda in una famiglia già segnata dalla separazione e dalle tensioni.
Al di là delle aule giudiziarie, la vicenda pone una domanda più ampia: quanto spesso i conflitti familiari degenerano in violenza irreparabile, quando mancano mediazioni efficaci e sostegni psicologici tempestivi? La confessione di Nicastri e la custodia cautelare non chiudono il cerchio: resta il peso di una storia in cui il rancore privato è diventato sangue pubblico.

Marco Veronese, la vittima
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