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Cronaca
04 Novembre 2025 - 14:15
Omicidio di Marco Veronese a Collegno, il killer è stato catturato e ha confessato. È il fidanzato della ex
Ha confessato Michele Nicastri, 49 anni, ingegnere informatico torinese, il delitto di Marco Veronese, l’imprenditore di 39 anni ucciso nella notte tra il 22 e il 23 ottobre a Collegno, nel Torinese.
L’uomo, legato sentimentalmente all’ex compagna della vittima, è stato fermato dai carabinieri dopo due settimane di indagini serrate e ha ammesso le proprie responsabilità davanti agli inquirenti. Il reato contestato è omicidio volontario aggravato.
Il suo nome è emerso dopo giorni di accertamenti tecnici, incroci tra telecamere di videosorveglianza e celle telefoniche, che hanno tracciato con precisione i suoi movimenti prima e dopo il delitto. I carabinieri del Nucleo Investigativo di Torino, coordinati dal sostituto procuratore Mario Bendoni, lo hanno rintracciato nel suo appartamento di strada del Lionetto, nel quartiere Parella, a cinque minuti dal luogo dell’aggressione.
Durante la perquisizione, durata fino a tarda sera, sono stati rinvenuti indizi compatibili con la scena del crimine: tracce biologiche e residui di sangue ora all’esame dei laboratori della Scientifica.
Nicastri, dopo ore di interrogatorio, ha confessato di aver colpito Veronese, sostenendo però di non aver premeditato l’omicidio. Agli investigatori avrebbe dichiarato di voler “solo parlare” con lui della questione legata ai figli della donna. Ma le circostanze raccolte delineano tutt’altro quadro: una spedizione punitiva lucidamente organizzata, consumata nel silenzio della notte.
Secondo quanto ricostruito, il movente passionale ruoterebbe attorno a un conflitto per l’affidamento dei tre figli che Veronese aveva avuto con la sua ex compagna, ora legata sentimentalmente a Nicastri. L’imprenditore avrebbe chiesto di poterli vedere più spesso, scatenando tensioni che, col tempo, si sarebbero trasformate in rancore e ossessione.
La notte del 22 ottobre, intorno all’una e mezza, via Sabotino era deserta. Marco Veronese, tornato a vivere nella casa dei genitori dopo la separazione, stava rientrando. Ad attenderlo, nascosto sotto un cappuccio e una giacca tecnica, c’era Nicastri. La testimone che ha assistito alla scena dal balcone ha descritto un’aggressione feroce e silenziosa:
«Ho visto un uomo col cappuccio inseguirne un altro. Quello urlava e correva, ma è stato raggiunto. L’altro si è chinato e ha continuato a colpirlo, più volte. Poi si è fermato e se n’è andato senza dire una parola».
Veronese è crollato sull’asfalto, a pochi metri dall’ingresso di casa. Quando i soccorritori del 118 Azienda Zero sono arrivati, il 39enne era ancora vivo, ma i colpi — almeno dieci fendenti tra torace e addome — erano stati letali.
L’autopsia ha confermato la violenza dell’aggressione, parlando di dodici-tredici coltellate inferte con forza e precisione, segno di un gesto lucido, non impulsivo.
L’assassino si è dileguato verso corso Francia, sparendo nel buio. L’arma del delitto, un coltello da cucina, non è mai stata ritrovata: Nicastri avrebbe riferito di essersene disfatto subito dopo l’aggressione.
Le indagini, coordinate dalla Procura e dal Nucleo Investigativo dei carabinieri di Torino con il supporto della Compagnia di Rivoli, hanno ricostruito con meticolosità ogni movimento dell’uomo.
Le immagini delle telecamere pubbliche e private hanno permesso di seguirne il percorso passo dopo passo: dall’uscita di casa nel quartiere Parella fino all’arrivo a Collegno, la sosta in via Sabotino, e infine la fuga in direzione Torino.
Un tragitto confermato anche dai dati delle celle telefoniche che collocano il suo cellulare nella zona del delitto nell’ora esatta dell’aggressione.
Marco Veronese era titolare della ditta M&M Service, specializzata in impianti di videosorveglianza e antifurti: ironia tragica, alcune delle telecamere che hanno immortalato la sua ultima notte erano state installate proprio dalla sua azienda.
Gli investigatori descrivono un lavoro di analisi minuziosa, durato dieci giorni e scandito da un fitto intreccio di riscontri tecnologici e testimonianze. Ogni tassello — le immagini, le celle, le conversazioni, la compatibilità biologica — ha costruito un quadro solido, chiuso dalla confessione spontanea dell’assassino.
Michele Nicastri è un uomo riservato, sportivo, appassionato di triathlon, benvoluto nel quartiere. I vicini lo ricordano come una persona “educata, che salutava sempre prima di uscire in bici”. Nessuno, dicono, avrebbe immaginato che dietro quella facciata ordinata si nascondesse la rabbia che ha portato al sangue di Collegno.
Nel suo racconto agli inquirenti, Nicastri ha parlato di un momento di rabbia, di un confronto sfuggito di mano. Ma la freddezza dell’azione — l’attesa sotto casa, l’agguato, la fuga — convince gli investigatori che si sia trattato di un delitto passionale premeditato.
La Procura di Torino si prepara a chiedere la convalida del fermo e la custodia cautelare in carcere. Le analisi dei reperti biologici, insieme ai dati dei tabulati, serviranno a consolidare ulteriormente il quadro probatorio.
A Collegno, la notizia della confessione ha chiuso dieci giorni di angoscia e sospetti. Marco Veronese era conosciuto e stimato: un uomo riservato, attento, padre presente, la cui vita si era spezzata in modo brutale a pochi passi da casa.
In via Sabotino, accanto alla palazzina dove è avvenuto l’omicidio, restano ancora oggi mazzi di fiori, candele e biglietti lasciati dai vicini. Sul marciapiede, il sangue è stato lavato via dalla pioggia, ma il segno della violenza resta.
Il caso che ha sconvolto il Torinese si chiude così con una confessione e un movente di gelosia.
Una vicenda di odio e ossessione, maturata nel silenzio delle case e scoppiata in una notte d’autunno, quando un uomo ha deciso che un altro non doveva più vivere.

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