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Cronaca
07 Novembre 2025 - 20:13
Torino, detenuto appicca il fuoco in cella per protesta: agente intossicato (foto di repertorio)
Fumo, caos e paura nel primo pomeriggio al carcere “Lorusso e Cutugno” di Torino, dove un detenuto di nazionalità marocchina ha dato fuoco alla propria cella, scatenando un principio d’incendio che ha costretto gli agenti a intervenire d’urgenza per evitare la tragedia. La protesta incendiaria è avvenuta all’interno dell’undicesima sezione del Padiglione B e ha provocato l’intossicazione di un poliziotto penitenziario, trasportato in ospedale per accertamenti.
“Nel primo pomeriggio di oggi, presso l’undicesima Sezione del Padiglione B, un detenuto marocchino ha appiccato il fuoco a diversi oggetti presenti all’interno della propria camera detentiva”, spiega Vicente Santilli, segretario per il Piemonte del Sappe (Sindacato Autonomo Polizia Penitenziaria). “La protesta sarebbe riconducibile alla richiesta del detenuto di mantenere aperta la porta della cella, nonostante fosse sottoposto a regime di isolamento disciplinare. Durante l’intervento del personale per il ripristino dell’ordine e della sicurezza, un agente ha riportato sintomi da intossicazione da fumo ed è stato trasportato al più vicino pronto soccorso per ricevere le cure necessarie”.
L’uomo aveva accumulato alcuni stracci e rifiuti, dando fuoco al materiale nel tentativo di richiamare l’attenzione. Le fiamme si sono propagate rapidamente, sprigionando un denso fumo nero che ha invaso il corridoio del reparto. Gli agenti in servizio sono intervenuti armati di estintori, riuscendo a spegnere l’incendio in pochi minuti e a mettere in sicurezza l’intera sezione.
“Ancora una volta il tempestivo intervento dei poliziotti penitenziari ha impedito peggiori conseguenze alla struttura e ai reclusi ristretti, e si meriterebbero una adeguata ricompensa ministeriale”, sottolinea Santilli, che chiede di riconoscere il coraggio e la professionalità dei Baschi Azzurri.
Sul caso è intervenuto anche il segretario generale del Sappe, Donato Capece, che parla di una situazione sempre più ingestibile dietro le sbarre. “Quanto accaduto a Torino deve necessariamente far riflettere per individuare soluzioni a breve ed evitare che la Polizia penitenziaria sia continuo bersaglio di situazioni di grave stress e grande disagio durante l’espletamento del proprio servizio, come quella di sventare le conseguenze di un assurdo incendio”, dichiara Capece.
Il sindacalista nazionale denuncia con forza la deriva violenta e prevaricatrice di una parte della popolazione carceraria: “Non possono più essere tollerati atteggiamenti arroganti e provocatori da parte di detenuti sempre più spietati e insofferenti al regime penitenziario, sia adulto che minorile. La politica deve farsi carico di questo problema, assumendo iniziative legislative concrete per tutelare gli agenti e riportare ordine nelle carceri italiane”.
Capece ha infine espresso la vicinanza del sindacato agli agenti di Torino, ringraziandoli per il coraggio e la professionalità dimostrati “in una situazione che poteva facilmente trasformarsi in tragedia”.
L’episodio riaccende i riflettori su una realtà nota e preoccupante: sovraffollamento cronico, scarsità di personale e aumento delle tensioni tra i detenuti rendono il carcere torinese una polveriera. Con oltre 1.300 reclusi a fronte di una capienza di circa 1.100 posti, il Lorusso e Cutugno è una delle strutture più affollate del Nord Italia, teatro negli ultimi mesi di autolesionismi, aggressioni e rivolte.
“È necessario un intervento immediato”, ribadisce Capece. “Gli agenti lavorano senza mezzi adeguati, sotto pressione costante e spesso in condizioni di rischio estremo. Non è più accettabile che ogni protesta degeneri in un incendio o in un’aggressione. Serve un piano nazionale di emergenza carceraria”.
L’ennesimo episodio di follia e pericolo all’interno della Casa Circondariale di Torino conferma un quadro di tensione crescente e di profondo disagio operativo per la Polizia penitenziaria, costretta ogni giorno a gestire situazioni al limite senza strumenti né personale sufficiente.
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