Cerca

Cronaca

Accoltellato a 19 anni, ma per la giustizia è solo una rissa: nessuno finirà in carcere

Il tribunale del riesame respinge la richiesta della Procura: esclusa l’aggravante dell’omicidio, resta la “rissa semplice”

Rissa mortale in via Monte Rosa a Torino: per gli undici solo una multa fino a 2.000 euro

Rissa mortale in via Monte Rosa a Torino: per gli undici solo una multa fino a 2.000 euro (foto: Mamoud Diane)

L’omicidio di Mamoud Diane, il giovane ivoriano di 19 anni ucciso a coltellate il 2 maggio scorso in via Monte Rosa, nel quartiere Barriera di Milano a Torino, rischia di concludersi con una sanzione pecuniaria. Gli undici ragazzi indagati per la violenta rissa che portò alla morte del giovane non andranno in carcere: per loro, il tribunale del riesame ha respinto la richiesta di arresto presentata dalla Procura, stabilendo che non si può parlare di “rissa aggravata da omicidio”.

Secondo quanto riportato nell’ordinanza, le prove raccolte finora non dimostrano che i partecipanti potessero prevedere la morte del diciannovenne o che abbiano avuto un ruolo diretto nella sua uccisione. Di conseguenza, il reato contestato resta quello di “rissa semplice”, che il Codice Penale punisce con una multa fino a 2.000 euro. Nessuna misura cautelare, quindi, per i protagonisti della lite.

La decisione del tribunale ridimensiona radicalmente la portata giudiziaria di un episodio che aveva scosso l’intera città. Quella sera di primavera, due gruppi di giovani — per lo più di origine africana — si erano affrontati in strada, a Barriera di Milano, in una spedizione violenta esplosa per vecchi rancori e questioni legate allo spaccio di droga. Nel caos della rissa erano comparsi coltelli e bottiglie: Mamoud Diane era stato trafitto da due coltellate, morendo poco dopo, davanti agli occhi dei primi soccorritori.

L’indagine condotta dalla Polizia di Stato aveva portato a individuare undici ragazzi coinvolti nello scontro, appartenenti a bande rivali che da tempo si fronteggiavano nel quartiere. La Procura di Torino, coordinata dal procuratore Giovanni Bombardieri, aveva chiesto per tutti l’arresto con l’accusa di rissa aggravata da omicidio. Ma il gip prima, e ora il riesame, hanno rigettato la richiesta, sostenendo che l’evento mortale non era prevedibile e che la dinamica non consente di attribuire a nessuno una responsabilità diretta per la morte di Diane.

Il verdetto lascia un senso di amarezza. In base all’attuale configurazione giuridica, il massimo che gli indagati rischiano è una sanzione amministrativa, mentre la famiglia della vittima, che non ha mai smesso di chiedere giustizia, assiste sgomenta all’ennesimo colpo inferto alla memoria del ragazzo.

La sentenza mette inoltre in luce un vuoto normativo che da anni divide giuristi e opinione pubblica: quello delle risse finite in tragedia, in cui non si riesce a individuare l’autore materiale del colpo fatale. La legge, in questi casi, non consente di punire tutti i partecipanti come corresponsabili dell’omicidio, ma solo per la rissa in sé.

Mamoud Diane, arrivato in Italia da adolescente, viveva a Torino da alcuni anni. Chi lo conosceva lo descrive come un ragazzo tranquillo, che lavorava saltuariamente e cercava di costruirsi un futuro. Quella sera, secondo i racconti dei testimoni, si trovava nel luogo sbagliato al momento sbagliato.

Le indagini, affidate alla squadra mobile, restano comunque aperte. La Procura non esclude di poter procedere separatamente nei confronti di chi, nelle prossime settimane, dovesse emergere come autore materiale dell’omicidio. Ma per ora, la rissa di via Monte Rosa rimane incasellata tra i tanti casi di violenza urbana senza giustizia piena: una storia in cui, di fronte alla morte di un ragazzo di 19 anni, il massimo rischio per chi c’era è una multa di 2.000 euro.

Commenti scrivi/Scopri i commenti

Condividi le tue opinioni su Giornale La Voce

Caratteri rimanenti: 400

Resta aggiornato, iscriviti alla nostra newsletter

Edicola digitale

Logo Federazione Italiana Liberi Editori