Cerca

Cronaca

Carcere di Ivrea, detenuti devastano la cella e minacciano di incendiare il reparto

Allagamenti, arredi distrutti e violenze al terzo piano della Casa Circondariale. L’Osapp denuncia: «Istituto fuori controllo, abbandonato dalla politica e dal DAP»

Carcere di Ivrea

Carcere di Ivrea, detenuti devastano la cella e minacciano di incendiare il reparto (foto di repertorio)

Notte di violenza all’interno della Casa Circondariale di Ivrea, dove tra lunedì 3 e martedì 4 novembre la tensione è esplosa in un nuovo episodio di disordini e devastazione. Due detenuti, uno italiano e l’altro di origini straniere, hanno dato vita a una protesta furiosa per un televisore guasto, trasformando in pochi minuti la cella del terzo piano in un campo di battaglia.

Il pretesto — il mancato funzionamento dell’apparecchio, già danneggiato dallo stesso detenuto straniero — si è trasformato in una rivolta improvvisa. Urla, minacce e colpi contro porte e suppellettili hanno fatto scattare l’allarme di sorveglianza. Il personale di Polizia Penitenziaria, in servizio con organico ridotto, è intervenuto subito tentando di ristabilire la calma. Ma i due reclusi hanno continuato a distruggere mobili e sanitari, provocando un allagamento nel reparto che ha costretto gli agenti a interrompere la fornitura d’acqua per contenere i danni.

Erano circa le 01:50 quando, dopo ore di tensione crescente, il Comandante di Reparto ha disposto il trasferimento urgente dei due detenuti al piano terra, poiché la cella era ormai inagibile. Ma la notte non era ancora finita. Poco dopo le 03:00, uno dei due, il detenuto di origine egiziana, ha continuato a scatenarsi anche nei nuovi locali, danneggiando la saletta d’attesa dell’infermeria e minacciando il personale sanitario e gli agenti in servizio.

A raccontare l’ennesima notte d’inferno è Leo Beneduci, Segretario Generale dell’Osapp, che denuncia una situazione «ormai fuori controllo, alla deriva». Secondo il sindacato, l’istituto eporediese «va avanti solo grazie a quei pochi agenti rimasti, costretti ogni giorno a sopportare angherie e violenze da parte dei detenuti, nel silenzio più assordante della politica, dei vertici regionali e del DAP».

La protesta dei due detenuti è solo l’ultimo episodio di una catena di violenze che da mesi segna la quotidianità del carcere di Ivrea. Turni infiniti, personale ridotto e sovraffollamento cronico hanno reso la struttura una polveriera pronta a esplodere.

La prontezza e la professionalità degli agenti hanno impedito che la situazione degenerasse in una vera e propria rivolta di massa. Gli operatori hanno agito con sangue freddo e competenza, riuscendo a isolare i due detenuti più pericolosi e a contenere i danni, mentre sul piano operativo si cercava di ripristinare le condizioni di sicurezza. Nessuno tra il personale ha riportato ferite, ma la tensione, raccontano fonti sindacali, è rimasta altissima per ore.

Il carcere eporediese, con una capienza regolamentare di poco superiore ai 200 detenuti, ne ospita oggi oltre 300, una cifra che testimonia la gravità della situazione di sovraffollamento. «L’Istituto va avanti solo grazie alla dedizione del personale, che lavora in condizioni impossibili, affrontando quotidianamente aggressioni e umiliazioni» sottolinea ancora l’Osapp, che da tempo chiede interventi immediati al Dipartimento dell’Amministrazione Penitenziaria e alla Regione Piemonte.

La notte tra il 3 e il 4 novembre è dunque diventata il simbolo di un sistema allo stremo, dove ogni guasto o disguido può trasformarsi in un detonatore di violenza. La cellula di protesta scatenata da un televisore rotto ha rivelato l’estrema fragilità di un ambiente in cui il controllo è affidato unicamente all’esperienza e al coraggio di pochi agenti, spesso soli a fronteggiare decine di detenuti.

A Ivrea, denunciano i sindacati, non esistono più margini per fingere normalità. Le carenze di organico, il sovraffollamento, la mancanza di psicologi e mediatori, e l’assenza di risorse logistiche rendono ogni notte un potenziale scenario di rivolta. L’Osapp parla di un «silenzio politico colpevole», che lascia il personale senza tutele e la popolazione detenuta senza percorsi reali di rieducazione.

Eppure, nel buio di quella notte, tra le urla, l’acqua che scorreva dai sanitari divelti e le minacce di incendio, il personale di sorveglianza ha dato prova di professionalità e senso del dovere. «Solo la prontezza e il coraggio degli agenti hanno evitato il peggio» si legge nella nota sindacale, che chiede al governo di intervenire «prima che un episodio come questo costi una tragedia umana e istituzionale».

La Casa Circondariale di Ivrea, già teatro in passato di episodi di violenza, continua così a essere uno dei fronti più difficili del sistema penitenziario piemontese. La notte del 4 novembre rimarrà impressa come un nuovo segnale d’allarme, che mette a nudo l’incapacità di affrontare una crisi strutturale che non riguarda solo un carcere, ma l’intero sistema penitenziario regionale.

Due detenuti, uno italiano e l’altro di origini straniere, hanno dato vita a una protesta furiosa per un televisore guasto, trasformando in pochi minuti la cella del terzo piano in un campo di battaglia

Commenti scrivi/Scopri i commenti

Condividi le tue opinioni su Giornale La Voce

Caratteri rimanenti: 400

Resta aggiornato, iscriviti alla nostra newsletter

Edicola digitale

Logo Federazione Italiana Liberi Editori