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31 Ottobre 2025 - 17:43
La vittima, Marco Veronese, 39 anni
Il dolore di un’intera comunità si è stretto oggi pomeriggio intorno alla famiglia di Marco Veronese, il 39enne di Collegno ucciso a coltellate da un uomo incappucciato nella notte tra il 23 e il 24 ottobre. I funerali si sono celebrati in un clima di composta commozione, tra abbracci, silenzi e lacrime. In chiesa, amici, colleghi e parenti hanno salutato per l’ultima volta un uomo descritto da tutti come “allegro, generoso, pieno di vita”.
L’omicidio, che ha sconvolto la città, resta ancora avvolto nel mistero. Mentre le indagini dei carabinieri del Nucleo investigativo di Torino e della Compagnia di Rivoli proseguono senza sosta, oggi è stato il momento del silenzio, della memoria e dell’affetto.
Nella chiesa parrocchiale, la lettera dei genitori ha lasciato un segno profondo. Scritta con mano tremante e letta dalla celebrante durante la funzione, conteneva parole che hanno commosso tutti: «Ciao Marco, continuerai a vivere in noi e negli occhi dei tuoi bambini che hai tanto amato». La madre, Giuliana, si è poi alzata per un ultimo ricordo, la voce rotta dalle lacrime: «Io sono sua mamma, seduto c’è anche il papà. Gli abbiamo voluto un grande bene e Marco ci ha dato un grande bene. Aveva un lavoro che amava, dei figli che amava. Non me ne frega niente di quando prenderanno il suo assassino, perché Marco non verrà mai più a casa. Era la persona che ho amato di più al mondo e la amerò sempre».
La bara chiara, coperta di fiori bianchi, è stata accolta all’ingresso della chiesa con un lungo applauso. Decine di persone sono rimaste sul sagrato, impossibilitate a entrare. Colleghi, amici di infanzia, vicini di casa: una folla compatta, segnata da incredulità e dolore.

Uno dei colleghi di Marco ha voluto ricordarlo con un sorriso, come lui avrebbe voluto: «Era un grande umorista, sapeva sdrammatizzare ogni cosa. Il giorno prima di morire eravamo insieme in ufficio, facevamo progetti per il futuro. Gli ho detto che prima o poi mi sarei dovuto fermare, e lui ha risposto che non poteva restare senza di me. Quella volta mi ha portato davanti a un’Ape piena di ferraglia e ha detto: “Ti ho fatto una sorpresa, questa è la tua nuova auto aziendale”. Ecco, questo era Marco. Ironico, buono, vero».
Poi la parola è passata alla compagna, Anna, che con voce tremante ha letto un messaggio struggente: «Amore mio, ho avuto la fortuna di incontrarti. Con te la vita era più semplice, le tue braccia erano un mio rifugio. Hai amato i miei figli come se fossero tuoi, mi hai dato tempo, risate e abbracci. Mi sembra ancora di sentire la tua voce e quella leggerezza che sapeva sciogliere ogni paura. Insieme potevamo affrontare qualsiasi cosa. Non smetterò mai di raccontare quello che sei stato».
Dopo la cerimonia, la bara è stata accompagnata fuori tra applausi e lacrime. Un lungo corteo ha seguito il feretro fino al cimitero, dove è stato sepolto accanto ai nonni.
Le indagini sull’omicidio proseguono da giorni con la massima riservatezza. La notte tra il 23 e il 24 ottobre, Veronese era uscito di casa per fare una breve passeggiata nel quartiere dove viveva, a Collegno. Poco dopo la mezzanotte, un uomo con il volto coperto da un cappuccio si è avvicinato e lo ha colpito ripetutamente con un coltello, per poi fuggire a piedi tra le vie laterali.
Le telecamere di sorveglianza della zona hanno ripreso parte della scena: si vede l’aggressore muoversi rapidamente, colpire e scappare. Il filmato, ora al vaglio dei carabinieri, è al centro delle analisi tecniche. Gli investigatori stanno lavorando per identificare l’assassino attraverso i movimenti registrati prima e dopo l’agguato, incrociando le immagini con i dati dei cellulari agganciati dalle celle telefoniche nelle vicinanze.
Secondo quanto trapelato, il killer potrebbe aver seguito la vittima nei minuti precedenti all’aggressione, attendendo il momento giusto per colpire. Non sono stati trovati segni di rapina, né elementi che facciano pensare a un movente economico. Tutto lascia supporre che l’omicidio sia stato mirato e premeditato.
Gli inquirenti mantengono il massimo riserbo, ma non escludono nessuna pista: dal movente personale a quello professionale. L’uomo lavorava come tecnico specializzato in una ditta metalmeccanica del torinese e non aveva precedenti né situazioni note di conflittualità. Gli amici lo descrivono come «una persona tranquilla, generosa, sempre disponibile con tutti».
La scientifica ha repertato numerosi tracce biologiche nella zona del delitto, che sono ora oggetto di analisi di laboratorio. Alcuni testimoni hanno riferito di aver udito urla e rumori di colluttazione, ma nessuno sarebbe riuscito a intervenire in tempo. Quando i soccorsi sono arrivati, Veronese era già riverso a terra in una pozza di sangue, colpito da più fendenti al torace e all’addome.
Nei giorni successivi, i carabinieri hanno ascoltato amici, familiari e colleghi per ricostruire le ultime ore di vita dell’uomo. Nessuno, finora, ha fornito elementi utili a individuare un sospettato. Restano in corso i controlli sulle telecamere di sicurezza installate tra via Torino e corso Francia, nella speranza di seguire il percorso del killer dopo la fuga.
Un’indagine complessa, che si muove su un terreno difficile. Gli investigatori parlano di un “delitto anomalo”, privo di segnali riconducibili a un’aggressione casuale. Chi ha colpito, lo ha fatto con freddezza e determinazione.
A una settimana dai fatti, la paura e l’incredulità restano forti nel quartiere. «Non possiamo credere che una cosa simile sia successa qui, in mezzo alle case dove ci conosciamo tutti», racconta una residente. «Speriamo che trovino presto chi ha fatto questo, perché Marco non meritava una fine così».
Nel frattempo, i carabinieri proseguono con nuovi accertamenti tecnici, mentre il fascicolo aperto dalla Procura di Torino resta a carico di ignoti. Le analisi del Dna e l’estrazione delle immagini di videosorveglianza saranno decisive nelle prossime settimane.
Al funerale, la sensazione condivisa era che la giustizia dovrà fare il suo corso, ma che nessuna sentenza potrà cancellare il vuoto lasciato da quell’agguato. «Non mi interessa quando prenderanno il suo assassino, perché Marco non tornerà mai più», ha ripetuto la madre. Una frase che ha risuonato in chiesa come una ferita ancora aperta.
Ora, la città di Collegno resta in attesa di risposte. In una comunità ferita, la speranza è che le indagini possano presto restituire un nome e un volto al killer incappucciato che ha strappato la vita a un padre, un compagno, un lavoratore amato da tutti.

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