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Cronaca
04 Novembre 2025 - 09:51
												La madre del 15enne torturato nella notte di Halloween: “Ha subito l’impensabile, ma è il nostro leone”
Parole di dolore e di dignità. È con una lettera affidata ai giornalisti che la madre del ragazzo di 15 anni, vittima di una presunta tortura e sequestro di persona nella notte di Halloween a Torino, ha deciso di parlare pubblicamente per la prima volta. Lo fa per difendere il figlio, ma anche per lanciare un appello contro il bullismo e la violenza giovanile. “Desidero premettere che questa situazione è estremamente difficile, sia per mio figlio che per la nostra famiglia. Siamo consapevoli che ci vorrà tempo per un ritorno alla normalità, poiché le cicatrici che porta sono profonde e resteranno per la vita. Ma mio figlio è il nostro leone: ha subito l’impensabile, ma con tutto il nostro amore e la nostra pazienza, lo aiuteremo ad affrontare questo percorso”.
Le sue parole arrivano pochi giorni dopo che la Procura per i minorenni di Torino ha aperto un’inchiesta per sequestro di persona e violenza privata nei confronti di tre adolescenti — due ragazzi e una ragazza di 14, 15 e 16 anni — accusati di aver chiuso il giovane in una stanza, maltrattandolo e costringendolo a subire umiliazioni fisiche e psicologiche, tra cui essere immerso nel fiume Dora e bruciato con una sigaretta. Il caso ha scosso profondamente la città, sollevando un’ondata di indignazione e interrogativi sulla deriva di certi comportamenti giovanili.
La madre, con tono fermo ma composto, respinge con decisione ogni tentativo di ridurre quanto accaduto a un gesto di leggerezza. “Ciò che hanno fatto a mio figlio non può essere minimizzato o definito una 'bravata', come si legge in alcuni commenti. Sapevano bene che mio figlio è un bel ragazzo, e il loro gesto è stato un atto deliberato per fargli un torto, per ridurlo in questo stato. Ma mio figlio per noi, resta un gran figo, oggi più che mai”.
Il ragazzo, secondo quanto emerso, avrebbe un disagio cognitivo, circostanza che rende ancor più grave l’accaduto. La madre sottolinea la necessità di un cambiamento culturale profondo: “Tengo a fare una precisazione fondamentale: chiunque abbia disturbi cognitivi o una disabilità grave, di qualunque grado, non deve mai sentirsi diverso o messo da parte. Al contrario, dobbiamo impegnarci per la loro integrazione, per farli sentire importanti. Siamo tutti uguali”.

Il racconto di quanto accaduto nella notte di Halloween resta ancora parziale, ma gli inquirenti hanno già raccolto testimonianze, immagini e referti medici. L’episodio sarebbe avvenuto in un contesto di gruppo, con atti di violenza fisica e psicologica, culminati nella rasatura forzata delle sopracciglia e dei capelli, e nella costrizione a entrare nelle acque del fiume. A denunciare i fatti era stata proprio la madre, che ora, pur devastata, sceglie la strada della fiducia nelle istituzioni: “Vogliamo avere fiducia nella legge e siamo certi che i responsabili pagheranno con la giustizia, portando per sempre il peso e il rimorso di ciò che hanno commesso”.
Ma le sue parole non sono solo una richiesta di giustizia. Sono anche un messaggio rivolto ai giovani, soprattutto a quelli che in queste ore hanno espresso solidarietà alla famiglia e rabbia per l’accaduto. “Ora, voglio rivolgere un appello a tutti i ragazzi che ci stanno mostrando la loro vicinanza in questo momento di dolore, facendoci sentire quanto bene circonda mio figlio: vi chiedo di mantenere la calma e di non farvi giustizia da soli. L’odio e la violenza non portano a nulla; al contrario, la violenza chiama solo altra violenza. Lui è vivo, e ringraziamo Dio per questo”.
Proprio la sera successiva ai fatti, un gruppo di ragazzi si era radunato sotto casa del quindicenne dopo un tam tam sui social. Sul posto erano intervenuti carabinieri e polizia per evitare incidenti o reazioni incontrollate.
La donna chiude la sua lettera con un invito alla riflessione collettiva e al rifiuto di ogni forma di sopraffazione: “Diciamo no al bullismo e no alla violenza, in ogni sua forma”. Parole che arrivano come un grido civile in una vicenda che ha sconvolto non solo una famiglia, ma un’intera comunità.
L’indagine è in corso e la Procura per i minorenni sta valutando le posizioni dei tre adolescenti coinvolti. Intanto, la voce della madre del quindicenne si fa simbolo di un dolore che cerca riscatto nella giustizia e nella speranza. Un dolore che, come scrive lei stessa, non si cancellerà, ma che può diventare un punto di partenza per cambiare il modo in cui la società guarda ai più fragili.
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