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Cronaca

Boschi dello spaccio, doppio colpo in Piemonte: arresti nel Verbano e operazione “Khoya” a Biella

Un 39enne condannato per droga finisce in manette nei boschi di Premosello. A Biella smantellata una rete di fornitori e spacciatori legata all’hinterland milanese

Boschi dello spaccio, doppio colpo in Piemonte: arresti nel Verbano e operazione “Khoya” a Biella

Boschi dello spaccio, doppio colpo in Piemonte: arresti nel Verbano e operazione “Khoya” a Biella (immagine di repertorio)

Il Piemonte torna a fare i conti con il fenomeno dei boschi dello spaccio, quei luoghi isolati e difficilmente controllabili che da anni rappresentano una delle frontiere più complesse del traffico di stupefacenti. Nelle ultime ore, due operazioni condotte dai Carabinieri in due province diverse — Verbano-Cusio-Ossola e Biella — hanno riportato l’attenzione su un fenomeno che non conosce tregua.

Nel primo caso, i militari della sezione radiomobile di Verbania hanno arrestato un uomo di 39 anni, irregolare in Italia e senza fissa dimora, su cui pendeva un ordine di carcerazione emesso dalla Procura di Grosseto. Il 39enne, che deve scontare una pena di tre anni e un mese per reati di spaccio di droga, è stato fermato nel bosco di Premosello Chiovenda, area già nota alle forze dell’ordine come punto di incontro tra spacciatori e clienti.

Durante il controllo, l’uomo è stato trovato in possesso di una dose di cocaina, confermando i sospetti che fosse tornato a frequentare ambienti legati allo smercio di stupefacenti nonostante la condanna definitiva. Dopo l’arresto, è stato trasferito nel carcere di Verbania, dove sconterà la pena residua.

Quasi in contemporanea, a Biella, si è conclusa l’operazione “Khoya”, coordinata dalla Procura e condotta dai Carabinieri del Comando provinciale con l’obiettivo di colpire in modo mirato il traffico di droga nelle aree boschive e periferiche del territorio. Un’indagine nata dal monitoraggio di acquirenti e pusher che ha permesso di risalire a una rete più ampia di fornitori, con base logistica nell’hinterland milanese.

Gli inquirenti hanno identificato cinque persone tra fornitori, autisti e spacciatori al dettaglio, ricostruendo un sistema organizzato in cui ogni ruolo era definito: dai trasportatori incaricati di portare la merce ai punti di spaccio, fino a chi curava la consegna diretta nei boschi. I cinque indagati sono stati colpiti da un divieto di rientro nel territorio biellese, misura cautelare firmata dal GIP.

Nel corso delle perquisizioni sono stati sequestrati cellulari, computer, agende e taccuini contenenti contatti, cifre e appuntamenti, oltre a strumenti per il confezionamento e la pesatura della droga. Un materiale considerato prezioso per gli investigatori, che servirà a ricostruire la rete dei rapporti e le eventuali ramificazioni dell’organizzazione anche fuori provincia.

Le due operazioni — diverse per contesto ma simili per modalità — confermano la persistenza del fenomeno dei boschi dello spaccio, un modello criminale che sfrutta zone periferiche e difficili da controllare per condurre attività illecite lontano da occhi indiscreti.

Nel caso del Verbano, i boschi di Premosello erano già stati segnalati da residenti e associazioni come aree a rischio per la presenza di bivacchi e traffici notturni. A Biella, invece, l’indagine “Khoya” ha mostrato come la rete locale fosse collegata a canali di approvvigionamento interregionali, confermando che lo spaccio di droga nei boschi non è un fenomeno isolato, ma parte di un sistema più esteso e radicato.

Mentre gli inquirenti proseguono le indagini per individuare ulteriori complici, le due operazioni rappresentano un segnale di presenza e reattività da parte dello Stato in territori dove spesso il controllo è più complesso. E ricordano che, dietro ogni arresto, si nasconde un problema sociale più ampio: quello della disperazione e del degrado che alimentano il mercato della droga, anche nelle zone più verdi e tranquille del Piemonte.

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